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Narrazioni smentite, ‘prime donne’ e nessun leader: l’anarchia regna sovrana nella Fiorentina

Smentita la versione di Vanoli sul rigore. La Fiorentina continua ad andare avanti nell'anarchia. E a sprofondare

Contrordine, non è stato Albert Gudmundsson a ‘rifiutarsi’ di tirare il rigore col Sassuolo. La versione di Vanoli è stata smentita dall’islandese attraverso un post social. Poche ore dopo, dunque, il ‘calcistico’ tentativo di gettare acqua sul fuoco sull’episodio da parte del tecnico viola è stato demolito dal calciatore della Fiorentina. Cosa è successo, a questo punto, è abbastanza evidente: Mandragora ha preso il pallone, ha voluto calciare il rigore delegittimando gli ‘ordini’ dell’allenatore (“il rigorista è Albert”), facendo incupire Kean che si era frapposto tra Mandragora e il pallone ostacolando il compagno e causando una reazione emotiva a catena che ha ‘devastato’ ogni anche minima parvenza di compattezza di questo gruppo

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DISUNIONE. L’episodio racconta meglio di ogni altra cosa quello che sta succedendo in casa Fiorentina. Anche se quel rigore fosse valso triplo, probabilmente la squadra di Vanoli avrebbe perso la partita di Reggio Emilia. Sì, perché in quel teatrino che si stava consumando il tecnico ha visto i suoi calciatori fare quello che meglio credevano, impotente, solo. Non soltanto nei momenti in cui i suoi giocatori facevano cose tecniche e tattiche evidentemente contrarie alle sue richieste (dai passaggi indietro ai lanci lunghi senza senso che lo vedevano scattare quasi in campo sbraitando), ma anche andando contro ogni principio di compattezza e unità che dovrebbero accompagnare una squadra che è ultima, da sola, in classifica. Tanto che poi, da quell’episodio, la Fiorentina è scomparsa. Sono spariti i singoli, tutto. Da lì si arriva alla sostituzione polemica di Ranieri, il capitano, l’uomo che dovrebbe dare l’esempio. Lo stesso che in quello stadio, nel ritorno del playoff di Conference, esultò in maniera polemica facendo il gesto della C di capitano, manifestando il disagio per la panchina e per le parole di Pioli a Cagliari (“l’ho sostituito per scelta tecnica”). Nel dubbio, nel pregara di Reggio Emilia è stato Gosens a prendere la parola con la squadra. Attenzione: questo non è gettare benzina sul fuoco, come qualcuno potrebbe obiettare, ma è la fotografia di quanto successo. E, forse, è anche il motivo principale del drammatico momento che sta vivendo oggi questa Fiorentina. Si può anche far finta di nulla, per carità. Questo spogliatoio è disunito, non dà alcun segnale di compattezza e non ha minimamente capito cosa sta accadendo. Non risponde alle sollecitazioni della piazza e neanche a quelle del nuovo tecnico. A niente. Neanche sulla battuta di un rigore, sul rispetto di una gerarchia o di un’indicazione dell’allenatore. Neppure sulla richiesta di Vanoli di non parlare coi giornalisti o di fare dichiarazioni social. Ed eccoci qua, meno di 24 ore dopo, Gudmundsson che scrive pubblicamente che quanto detto da Vanoli non era la verità.

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ANARCHIA. Vogliamo dirla tutta? Sembra regni l’anarchia pura in Fiorentina. Le toppe che da mesi (anzi anni) vengono messe da club, dirigenza e protagonisti, sembrano fare peggio del buco. E il tunnel è sempre più lungo, il baratro più profondo e, soprattutto, non si intravede nessun motivo di speranza a cui aggrapparsi. Si può commettere errori tecnici, tattici, ok, ma se una squadra si ritrova ultima da sola in Serie A, con 70 milioni di monte ingaggi, dopo un mercato con oltre 90 milioni di euro spesi, senza aver vinto una partita dopo 14 giornate, con giocatori che ‘litigano’ per la battuta di un rigore e che poi scompaiono dal campo perché feriti nell’ego (tra l’altro dopo quanto accaduto nella settimana precedente tra ‘patti del megafono’, le parole del dg sull’essere vicini ad aver trovato la chiave per svoltare, o sul bel clima in spogliatoio di Kean), fanno pensare che ognuno continui ad andare per la sua strada, tra prime donne e nessun leader in grado di raddrizzare una rotta che, così facendo, sembra segnata. L’unico modo per uscirne è sperare che la testa di questo gruppo venga illuminata da qualche bagliore di consapevolezza. Oppure che la società, o quello che ne resta, prenda in mano in maniera forte la situazione. Come? Esattamente all’opposto di quanto fatto sin qui.

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