Le considerazioni di Paolotto sull’esperienza fino ad oggi di Vincenzo Italiano sulla panchina della Fiorentina. Cosa dovrebbe fare la società viola?
Parliamo un po’ di Vincenzo Italiano, ora che ha già fatto un campionato intero e si è addentrato nel secondo. Quando arrivò lo conoscevo molto vagamente, perché avevo visto poche partite dello Spezia. Alcune ben giocate, altre male. Mi piacque subito poco il modo col quale si era fatto cercare dalla Fiorentina, lasciando di punto in bianco la società con la quale aveva rinnovato il contratto solo pochi giorni prima. Un rinnovo al quale erano seguite dichiarazioni d’amore per lo Spezia e per i suoi tifosi, culminate in un biblico “Il Picco è il nostro tempio”. Ma i templi, si sa, sono fatti per essere distrutti, e poi qualcun altro in tre giorni li ricostruisce. A ricostruire il tempio sul Golfo dei Poeti ci pensò Thiago Motta, senza perdersi in discorsi. Quest’anno ci sta pensando Gotti, un punto meno di noi dopo otto giornate, con ben altra rosa.
Ma sappiamo che quelli d’oggi sono tempi smagati, dove si firma con la riserva scritta di poterci ripensare. Come per gli acquisti di pentole per corrispondenza. Un altro motivo delle mie perplessità nasceva dalla riflessione che gli esponenti di vertice della società, inesperti del calcio italiano, avessero bisogno di una vecchia volpe in panchina che fosse anche un consigliere, più che di un esuberante allenatore in cerca delle prime glorie.
Ma poi, sul campo, Vincenzo Italiano l’anno scorso aveva fatto un ottimo lavoro. Aveva beneficiato di alcune immissioni di peso, da Odriozola, a Torreira, a Nico Gonzalez e con esse aveva ridato l’anima a una squadra spenta, aveva proposto un gioco aggressivo e intenso, molto coraggioso, che aveva riportato un po’ d’entusiasmo in una tifoseria rassegnata al grigiore e alla noia. Aveva poi saputo tenere più o meno lo stesso livello di risultati anche dopo la partenza di Vlahovic.
Invece, quest’anno Italiano è partito maluccio. Un po’ per gli esiti non felici del mercato, un po’ per i troppi infortuni che hanno tolto di mezzo giocatori importanti. E qui potrebbe aver influito un’esperienza ancora non del tutto matura dei numerosi membri del team tecnico. Ecco che in queste prime difficoltà vengono in luce anche gli aspetti negativi che l’anno scorso erano restati in ombra.
Non mi addentro in disquisizioni tattiche che conosco poco. Peraltro, credo che con tutti i moduli sia possibile fare bel calcio, se si hanno dei bravi giocatori e si sanno utilizzare in base alle loro qualità. Quello che vedo da profano, quest’anno, è una manovra lenta e povera d’idee. Una difficoltà a trovare varianti, non per mancanza di fantasia, ma per una rigidezza un po’ presuntuosa d’impostazione.
Ma noto anche un atteggiamento di critica verso i giocatori che è certo sacrosanta, ma che non dovrebbe manifestarsi in pubblico. Anche nelle dichiarazioni dopo la partita persa a Bergamo, e non è stata la prima volta, abbiamo dovuto leggere quel riferimento di Italiano alla “qualità” che manca, là davanti. È vero, ma ciò va detto alla società, altrimenti certe parole hanno lo spiacevole retrogusto di un voler mettere le mani avanti di fronte ai tifosi per incolpare solo i giocatori di un cattivo risultato.
Che fare? Tornano, inevitabilmente, le idee di esonero dell’allenatore. Partiamo col dire che la situazione potrà migliorare sul piano del gioco e dei risultati col rientro di Dodo, di Milenkovic (sebbene Quarta stia andando piuttosto bene), di Amrabat, di Sottil e, soprattutto, di Nico Gonzalez, nell’attesa più lunga per Castrovilli. In effetti a Bergamo mancava mezza squadra titolare.
Un po’ di esperienza di tifoso mi dice che cambiare allenatore in corso di stagione è cosa da farsi quando proprio si abbia l’acqua alla gola, perché la scelta è limitata. Ma la Fiorentina non ha l’acqua alla gola, anche se ha iniziato la stagione in modo molto deludente. Se qualcuno aveva cullato sogni di gloria sarà bene che li riponga, ma non vedo catastrofi all’orizzonte. Quindi, secondo me sarebbe bene lasciare a Italiano tutto il tempo necessario per il recupero degli assenti. Vorrei vederlo più responsabilizzato e convinto nell’inserimento di Cabral e di Jovic nel corpo della squadra.
Poi lo vorrei più umile nel prendere atto delle scelte che non sono andate bene, e disponibile a rivederle. Meno ansioso di “figurare” sul palcoscenico a favore di telecamere, più attento nella gestione del gruppo, che difficilmente può gradire gli apprezzamenti negativi espressi coram populo. Quello che fa deve essere per la Fiorentina, non per la sua carriera futura. Tanto, che come allenatore è nato con la camicia se ne sarà già accorto.
Sia chiaro: non dico cosa Italiano debba fare, ma quello che mi piacerebbe facesse. C’è un altro anno e mezzo di contratto, dopo il recente prolungamento. Sarebbe stato meglio lasciare la vecchia scadenza, ma ormai è fatta. A giugno 2023 la società tirerà le somme. Sarà quello il momento per decidere se andare avanti o per cambiare, coi costi conseguenti.
di Paolotto
Di
Redazione LaViola.it