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Editoriali

Sei giocatori da vendere (almeno), altrettanti da comprare. Il tempo stringe per dimostrare la professata ‘Ambizione’

Dopo la cessione di Gonzalez alla Juve che ha scatenato i tifosi, insieme a prove mediocri sul campo, ultimi giorni di mercato con tanto da fare

Tre pareggi in tre partite contro due neopromosse (di cui una, però, decisamente già in condizione ottimale, va detto) e contro una formazione (la PuskasAkademia) equiparabile ad un medio livello di Serie B. Mezza squadra ancora da definire, prestazioni mediocri e l’ennesimo giocatore importante che è approdato alla Torino bianconera. Insomma, di carne al fuoco ce n’è tanta alla base dei fischi e dello striscione che hanno accompagnato lo 0-0 contro il Venezia di domenica (e ancor prima l’acceso faccia a faccia tra tifosi e squadra). In un clima in cui il tifo organizzato si era già espresso a suo tempo sulla volontà di giudicare, alla riprova dei fatti, la tanto professata ‘Ambizione’ con cui la società vuole inaugurare il nuovo ciclo dopo tre finali perse con Italiano.

IN USCITA. Mancano quattro giorni alla fine del mercato e c’è tanto da fare. A conti fatti, almeno sei giocatori da vendere (possibilmente ‘bene’). Christensen non fa più parte del progetto, Martinelli è giusto che vada a giocare (anche se in questo momento è difficile trovare una squadra di B che gli possa dare fiducia, se fosse partito prima magari…), stessa cosa per Infantino che non ha spazio. C’è poi l’esubero Sabiri, Brekalo che dopo un pre-campionato da titolare dovrebbe andare a giocare altrove, Ikoné che tratta una soluzione d’uscita in direzione Premier League. Oltre a questi c’è anche da capire se Amrabat alla fine resterà (se lo augura Palladino), così come da chiarire la questione Parisi visto che il tecnico ha chiesto un altro esterno di centrocampo. E più un giovane come Krastev da mandare a giocare.

IN ENTRATA. Altrettanto c’è da fare (ovviamente) in entrata. L’allenatore è stato chiaro: almeno un difensore (meglio due), almeno un centrocampista (due se parte Amrabat), un esterno, qualcosa anche davanti se alla fine sarà ceduto anche Ikoné. Almeno due-tre potenziali titolari per una Fiorentina che ha iniziato la stagione con tanti punti interrogativi. In difesa sempre più caldo il nome di Andrea Carboni, che Palladino conosce molto bene, anche se sulla carta alzerebbe di poco il livello (ma sarebbe molto utile numericamente). A sinistra la Fiorentina pare aver mollato Kostic (e il giocatore forse poco convinto dei viola), ma l’allenatore vorrebbe comunque un uomo di fascia. In mezzo Palladino ha chiesto un giocatore di gamba, di corsa, di fisico: c’è l’idea Adli che però non corrisponde proprio all’identikit del tecnico, così come Arthur. Meglio forse Folorunsho o Medina, con il Boca che però sta chiudendo la porta ai viola. Ma l’impressione è che con i soldi di Gonzalez e magari di altri esuberi in partenza serva là in mezzo qualcosa di importante: le prime uscite hanno dimostrato tante difficoltà a centrocampo, anche se Richardson (a cui va dato inevitabilmente tempo per inserirsi) ha subito ben impressionato a livello individuale. Davanti Beltran e Kouame si divideranno il ruolo di vice-Kean (la sensazione è che l’argentino debba sgomitare tanto anche per imporsi in questo tipo di gioco, un peccato visto l’alto investimento sul suo conto l’estate scorsa), mentre uno come Berardi alzerebbe senz’altro il livello in un’ipotetica alternanza con Colpani.

IN RITARDO. Quattro giorni di fuoco per Daniele Pradè e la squadra mercato, incalzati anche dalla piazza che stavolta sembra disposta a perdonare poco in caso di risultati non giudicati soddisfacenti. Del resto si sapeva di dover cambiare tanto, anche il tipo di gioco da Italiano a Palladino sta richiedendo tanto tempo, specie con una squadra (si torna sempre lì) parecchio incompleta. Alcuni acquisti sulla carta sono già apprezzabili (il tanto inseguito Gudmundsson, che Palladino aspetta a gloria, Kean che sta dando subito risposte, di Richardson si è detto, Colpani quando entrerà in forma sarà molto utile), ma il ritardo generale è evidente e solo gli ultimi giorni consentiranno di dare un giudizio complessivo sulla nuova Fiorentina. Ad oggi, dura poter giudicare, se non appunto su una costruzione in ritardo della rosa.

SENZA IDENTITA’. Anche perché, appunto, il campo ha raccontato di una Fiorentina in grossa difficoltà. Già le amichevoli pre-campionato avevano lanciato qualche preoccupazione (tanti gol presi, prove così e così anche contro avversari di serie inferiori), le prime gare ufficiali hanno confermato che questa Fiorentina è ancora lontana da avere un’identità. Un’idea chiara di gioco. Lo ha ripetuto anche l’allenatore, consapevole del (grande) lavoro che c’è da fare. Senz’altro è responsabilità anche sua non aver trasmesso a dovere a chi c’era movimenti e concetti del suo calcio (in un mese e mezzo si poteva fare comunque di più), ma è evidente che la società non gli abbia dato una grossa mano nel frattempo. Anzi. Anche perché, appunto, posizioni in campo (non solo nel modulo, ma anche nell’interpretazione dei ruoli) e gestione dei momenti sono parecchio diversi rispetto a chi c’era prima.

DENTRO O FUORI. Palladino, rispetto alle gare con Parma e Puskas Akademia, contro il Venezia ha richiamato i suoi ad essere più prudenti dietro. Una mossa saggia da cui ripartono molti allenatori quando sono in difficoltà. Da questo punto di vista, la situazione è migliorata (anche per la pochezza dell’avversario), in attesa di tempi migliori. Già giovedì nel ritorno europeo sarà una gara da non sbagliare. La Fiorentina, al di là di tutto, ha piene capacità per imporsi in Ungheria e approdare ai gironi di Conference, ma serve fare qualche passo avanti rispetto alle prime uscite. Firenze aspetta qualche segnale, in campo e fuori.

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