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Repubblica - Liti, polemiche e assenza di leader. Spogliatoio sempre più diviso

La sceneggiata sul rigore, le parole di Vanoli e Gudmundsson, giocatori che giocano per sé stessi

Galeotto fu quel rigore e chi lo calciò. Lo scorso anno, in Fiorentina-Lazio Kean e Gudmundsson battibeccarono per calciare un penalty. L’islandese non sentì ragione, respinse Moise e siglò una doppietta dagli undici metri che sbloccò la squadra di Palladino verso un filotto record di vittorie e verso le posizioni di alta classifica. I due poi si chiarirono, ci scherzarono su e quell’episodio rappresentò l’inizio di un qualcosa di bello e magico. Sabato pomeriggio invece a Reggio Emilia, stessa scena, ma attori diversi, scrive La Repubblica.

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EMBLEMA DELLO SPOGLIATOIO. Gudmundsson, rigorista designato, si allontana dal pallone, preso invece con forza da Mandragora. Kean, voglioso di sbloccarsi, chiede di battere, Ranieri e Fagioli mediano, il capitano litiga da lontano con Kean, Mandragora resta fermo sulla propria idea, tira e segna. Ma il rigore che poteva rappresentare la svolta per la Fiorentina di Vanoli finisce per essere invece l’oggetto della discordia. L’esatta amplificazione di uno spogliatoio disunito e di un gruppo che del concetto calcistico di squadra non ha più nulla, ognuno dietro il proprio “io” e nessuno in grado di ragionare con il “noi”.

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SOLO PER SE' STESSI. «La scenata sul rigore è una cosa che non mi piace. Non è neanche la prima volta che la facciamo, non mi piace doppiamente», aveva detto il ds Goretti, seguito poi da Vanoli che aveva tentato di chiarire la situazione. Ma Gudmundsson è poi intervenuto sui social smettendo il proprio tecnico. Una bordata in piena regola che testimonia il caos di uno spogliatoio mai così disgregato, senza leader con capitan Ranieri in difficoltà e sabato protagonista di un saluto freddo allo stesso Vanoli al momento della sostituzione. Un gruppo che lo scorso anno ogni disimpegno si caricava con incitamenti, abbracci, pacche sulle spalle e che riusciva sempre a uscire dalle varie crisi, dimostrando di essere vicino all’allenatore, Palladino. In questa stagione invece il feeling non è scattato con nessuno: né con Pioli, con l’emblematica prestazione contro il Lecce che ha generato l’esonero, né dopo l’addio di Pradé, che aveva chiesto ai giocatori un atto di responsabilità, né con il nuovo tecnico. Le rimonte subite, l’incapacità di vincere e di reagire sono la testimonianza di giocatori che giocano per sé stessi e mai per gli altri.

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