Il ritorno della difesa a 3 e non solo, l’allenatore cerca una nuova svolta in attesa di rinforzi. E di un segnale dagli investimenti estivi
Trentadue punti in diciotto partite, in attesa di recuperare la partita contro l’Inter la Fiorentina chiude così il girone di andata. Una media importante da 1,78 punti in partita, la proiezione a fine campionato sarebbe di 67/68. Una quota da Europa League, forse qualcosa in più. Del resto, la posizione attuale dei viola è quella, a giocarsi dal 4° all’8° posto, se consideriamo la Lazio 4° a 35 punti (con una partita in più) e il Milan 8° a 27 (con una gara in meno dei gigliati). Un bilancio, parziale, che come dice Palladino si può leggere in maniera positiva, analizzando il percorso e considerando la rivoluzione estiva, ma anche con più di un pizzico di rammarico, considerando dove la Fiorentina era fino a metà dicembre e quel magnifico filotto di vittorie.
UN PUNTO IN QUATTRO PARTITE. Nel calcio, si sa, ci sono però sempre nuove difficoltà, e lo stesso Palladino aveva messo in guardia anche quando tutto andava bene. Guai a buttare tutto, insomma, fare catastrofismi o dare di ‘brocchi’ a chi fino ad un mese fa era eretto ad ‘eroe’. Ma che non sia la stessa Fiorentina di un mese fa è evidente, al di là dei risultati. Ci sono momenti, meccanismi, situazioni che spostano l’ago della bilancia (e delle partite) da una parte o da un’altra. Anche la fortuna, se vogliamo, se altre volte aveva sorriso alla Fiorentina, in questo periodo sta voltando un po’ le spalle, perché su quel tocco quasi impercettibile con la mano di Kean poteva cambiare la partita contro il Napoli, oppure su quella respinta sulla linea di Rrahmani su Beltran. E mettiamoci anche errori clamorosi dei singoli, da Ranieri contro l’Udinese a Moreno e Comuzzo (che erano stati i migliori) contro il Napoli, e vien fuori il solo punto (comunque più che buono, nel finale con la Juve) nelle ultime quattro.
LA DIFESA A 3. Gare comunque, a parte lo stop inatteso contro i friulani, dall’alto coefficiente di difficoltà. Anche la sconfitta contro Conte è stata larga nel punteggio, senz’altro esagerato per quanto visto sul campo. Palladino ha provato a cambiare le carte in tavola, ha rispolverato la difesa a 3 per aiutare il centrocampo e la mossa inizialmente ha funzionato. Poi il Napoli ha trovato le contromisure, ma soprattutto la Fiorentina ha avuto poca reattività e poca lucidità nel ripartire, nel giocarsi le seconde palle. Tutto ciò che aveva permesso di sgasare tra ottobre e inizio dicembre. Al di là del modulo, insomma, sta mancando forse (e soprattutto) altro. Palladino e i giocatori sottolineano come non si tratti di condizione, Pradè dopo l’Udinese parlava di umiltà, senz’altro c’è da ritrovare un po’ di sorrisi, entusiasmo, brillantezza.
SENZA BOVE. Ma va sottolineato anche un altro aspetto: questa Fiorentina senza Bove è un’altra cosa. L’ex Roma ha dato sempre tanto equilibrio, ma anche gamba, energia, fisicià, dinamismo in un assetto molto tecnico ma che a volte poteva pagare avversari più strutturati fisicamente. Palladino nel frattempo ha valorizzato Sottil a sinistra, ma non c’entra: ad ora non c’è un altro che possa garantire il lavoro di Bove. La Fiorentina sta per prendere Folorunsho che ha caratteristiche diverse ma che sa fare bene sia la fase di interdizione che di appoggio all’azione, ha tiro da fuori, forza fisica, centimetri. Un innesto che darà una mano senza dubbio.
NUOVE STRADE. L’allenatore intanto sta cercando nuove strade per ritrovare certezze. Il 3-4-2-1 visto con il Napoli, ad esempio, un’altra idea porta invece al 3-5-2. O al 4-3-2-1. Queste sono settimane ‘piene’ al Viola Park, senza impegni infrasettimanali, e infatti alla prima occasione Palladino ha testato ciò che ha potuto provare con più calma al centro sportivo. Ad inizio stagione il cambio tattico ha dato una spinta decisiva al decollo della squadra, la speranza è che il tecnico trovi presto la chiave giusta ridare sicurezze e giusti automatismi ai suoi giocatori migliori.
GUD SENZA LUCE. Sulla carta tra questi dovrebbero esserci anche Gudmundsson e Pongracic. Per motivi diversi. Ma entrambi ad ora sono dei punti interrogativi, tra acciacchi fisici e intrighi tattici. L’islandese è arrivato in estate con un fastidioso problema al polpaccio, è rientrato giusto per essere decisivo tra Lazio e Milan. Quindi un nuovo infortunio al bicipite femorale, il rientro alla grande nella goleada al LASK in Conference e poi tanta fatica ad emergere negli spezzoni successivi. Anche tatticamente. Ora un nuovo stop, come affermato da Palladino, alla caviglia. Gud doveva e dovrebbe essere il valore aggiunto di questa squadra, il giocatore capace di dare la luce sulla trequarti, di ispirare Kean davanti. Da capire ora l’entità dell’ultimo problema, ma giocare quattro mesi praticamente senza uno dei tuoi giocatori migliori non è il massimo.
MISTERO DA 15 MILIONI. E poi Pongracic. Oggetto misterioso. Strappato a suon di milioni (15) al Rennes in estate, difensore centrale più pagato della storia viola con un ricco contratto. Eppure, dopo gli svarioni nelle prime partite, non ha più rivisto il campo se non i 90′ con il Pafos e il finale con il Como. Un infortunio ai flessori ha messo il croato fuori dai giochi a metà settembre, una botta alla coscia lo ha frenato a metà dicembre. Ma da quando è tornato a disposizione non ha più rimesso piede in campo, neanche in Conference o in Coppa Italia. Neanche quando Palladino è tornato alla difesa a 3 contro il Napoli, preferendogli Moreno: “Pongracic era uno degli indiziati a giocare, in settimana abbiamo provato lui e Moreno”, ha detto il tecnico. Ma ha fatto giocare l’argentino invece dell’ex Lecce, che dunque resta un caso. Ora che è partito Quarta, e con l’arrivo di Valentini (a cui però va dato tempo) la Fiorentina sta puntando su Pablo Marì che ben conosce Palladino. Per Pongracic, insomma, si prospettano ancora tempi difficili. Può ancora esserci spazio per riscrivere la sua storia in viola? Vedremo, attese risposte già nelle prossime partite. Ma non è escluso che da qui a fine gennaio possano aprirsi situazioni diverse.
Di
Marco Pecorini