Investimenti, talenti e ambizioni: come la Fiorentina sta costruendo una base solida per competere ai massimi livelli
Non sarà certo la prima sconfitta nel lungo girone unico di Conference League a cancellare quanto di positivo visto negli ultimi due mesi. Perché dal ko di Bergamo, fino a ieri sera l’unico stagionale, la Fiorentina aveva imboccato la strada giusta. Dal punto di vista tattico, di idee, di mentalità e anche di approccio. Nella gestione delle energie e nella valorizzazione di un concetto quasi mai utilizzato nel mondo del calcio (e non solo): l’equilibrio.
Semmai la notte di Nicosia può aiutare a riflettere su quanta distanza ci sia, in questo momento, tra chi ha interpretato nelle ultime settimane l’undici iniziale ideale e chi scalpita per trovare spazio e riscatto. Da quando Palladino ha optato per il 4-2-3-1 alcuni posti fissi sono stati distribuiti: Dodo e Gosens intoccabili, Comuzzo e Ranieri collaudati e in crescita continua, Cataldi e Adli in mezzo al campo e quel tridente alle spalle di Kean formato (al netto degli infortuni) da Colpani, Gudmundsson e Bove. Con alcune variazioni, chiaro. Ma senza uscire troppo da quanto costruito con pazienza e strategia.
Questione di forma, fisica e mentale. Biraghi, tolta la fascia fisica dal suo braccio, non pare più coinvolto nel nuovo progetto tecnico. Tanti errori, poca lucidità, gamba non fluida come un tempo. Così come Quarta, al quale non si può certo chiedere di essere perfetto a intermittenza tra una panchina e l’altra (in campionato cinque di fila nelle ultime sei). Parisi è chiuso ovunque, sia dietro che davanti, mentre nei vari Sottil, Ikoné e Kouame viene riposta un’aspettativa che puntualmente non trova riscontri.
Arriverà il calciomercato invernale ma la sensazione (e tale rimane in assenza di conferme dirette) è che siano presenti due stati d’animo all’interno della Fiorentina. Chi ormai fa pienamente parte del gruppo, e il numero non si limita agli undici titolari sia chiaro, e chi invece sente di esserne ai margini con tutto il loro scontento da gestire anche in vista della prossima sessione di mercato. Non più protagonista, o coprotagonista, di una ripartenza basata sulla volontà di costruire qualcosa di intrigante e avvincente.
Gli arrivi di De Gea, Gudmundsson, Gosens, Kean e tutti gli altri lo dimostrano. Una nuova mentalità, attorno alla quale seminare presente e futuro del gruppo. Un processo che non si realizza in due mesi ma che ha già evidenziato come la base, la sua struttura, sia solida e florida.
E qui arriviamo alle scelte del club. Negli ultimi giorni si è discusso sulla clausola rescissoria inserita nel contratto di Moise Kean. Clausola confermata dal direttore generale viola, Alessandro Ferrari, via Sky Sport: “Ci è stata chiesta questa condizioni dall’altra parte. Ne abbiamo parlato direttamente col presidente e anche per lui valeva la pena portare avanti l’operazione, che quindi abbiamo mandato in porto. È un ragazzo che è arrivato a un determinato valore, che se vorrà partire dovrà anche lui dire che intende andare via. La clausola è stata messa perché era un momento in cui lui voleva questa garanzia, ma anche perché voleva dimostrassimo che lo cercavamo a tutti i costi“. Una clausola che vale sia in Italia che all’estero ma che non deve spaventare. Anzi.
Kean, pagato 13 milioni (più 5 di bonus) è arrivato a Firenze il 9 luglio, appena iniziato il calciomercato estivo. Una scelta mirata, quella dei viola, che però non aveva pienamente convinto tifosi e addetti ai lavori. Eppure Moise, dentro di sé, aveva (e ha) così tanta voglia di dimostrare il suo valore che ha voluto fissare un obiettivo al quale puntare e così rivendicare ai top club (come quello di provenienza, che l’ha scartato) che hanno commesso un grosso errore sul suo conto. Conto che ammonterà a 52 milioni, ovvero il quadruplo (bonus esclusi) di quanto ha speso la Fiorentina per consegnargli le chiavi dell’attacco. Gli otto gol in stagione, la maglia della nazionale ritrovata, la nuova vita di un bomber di manovra, sono la dimostrazione di quanto contino le motivazioni. E non c’è momento in cui Kean non lo rivendichi, social compresi. Detto questo, la decisione finale spetterà sempre a lui e questo sarebbe accaduto con o senza clausola fissata sul suo conto. Sarebbe da augurare, a Moise, di raggiungere quel valore. Vorrebbe dire che insieme alla Fiorentina viaggia a zone alte della classifica con continuità.
È il mercato, con tutti i suoi cavilli, a dettare le condizioni. E all’interno della Fiorentina ce ne sono alcune davvero interessanti. Detto di Kean, acquistato definitivamente, è il caso di De Gea. Ultimo rinnovo firmato col Manchester United fino al 2023: oltre 18 milioni a stagione. Preso a zero questa estate, pagato 1.2 milioni fino a giugno 2025 con l’opzione in mano alla dirigenza viola di poterlo prolungare fino al 2026 col raddoppio dell’ingaggio (2.4 più bonus). Oppure Gosens, prestito oneroso con diritto di riscatto che diventa obbligatorio per 7 milioni al raggiungimento del 60% delle presenze stagionali di almeno 45 minuti. Formula simile per Bove, oneroso a 1.5 milioni con diritto che diventa obbligo a 10.5 alle stesse condizioni di Gosens. Oppure meno impattanti come Cataldi, prestito gratuito con diritto di riscatto a 4 milioni. Situazioni differenti quelle di Adli, prestito oneroso di 1,5 milioni con diritto di riscatto fissato a 10 milioni più la percentuale del 10 per cento sulla futura rivendita, e Colpani pagato 4 milioni per il prestito col diritto di riscatto che si aggira sui 12 milioni. Capitolo a parte, ovviamente, Gudmundsson: prestito oneroso da 8 milioni con obbligo di riscatto a determinate condizioni a 17, oltre a 3.5 milioni di bonus per un totale di 28.5 milioni. Ma su questi termini, e visto il ricorso in appello da parte del Pubblico Ministero islandese sul suo caso, bisognerà attendere la prossima estate per avere un quadro definitivo con Fiorentina e Genoa che comunque si erano cautelate per eventualmente ridiscuterne insieme gli accordi e le cifre.
Quel che rimane è il percorso. Fin qui sorprendente e positivo, frutto di aggiustamenti tattici e di una crescita tecnica e di conoscenza che dovrebbe spingere a guardare quanto fatto con gli occhi di chi può intravedere margini di miglioramento. Tutto si può arricchire, tutto si può perfezionare. Ma la Fiorentina non è arrivata lassù per caso e molto deriva dalla nuova mentalità di chi è arrivato per trovare riscatto, realizzazione, consacrazione. Un sentimento che muove i viola e al quale è inutile, adesso, porre degli obiettivi.
*** Tap-In è il nome pensato per questa nuova rubrica su LaViola.it, per la quale ringrazio di cuore il direttore Niccolò Misul e tutta la sua redazione che ogni giorno assicura notizie, indiscrezioni, spunti di riflessione. Così come proverò a fare anche io, senza avere la presunzione di riuscirci. Tap-in è un’espressine che deriva dal basket: “La realizzazione che si ottiene ribattendo al volo la palla nel canestro avversario, dopo che è rimbalzata sul ferro”. Quando la palla rimane sospesa in attesa di un colpo. Come nel calcio, sotto porta: il portiere può respingerla, il difensore può spazzarla. Eppure, se ben appostato, sarà l’attaccante a spedirla in rete. E a guidare così il suo destino. Metafora di vita. O più semplicemente sottile confine tra gioia e disperazione. Ricordandosi che pur sempre si tratti di una palla. Anche se sospesa.
Di
Matteo Dovellini