A San Siro il tecnico gigliato ha deciso di premiare i giocatori avevano fatto l’impresa. Coi lariani vedremo una Fiorentina più vicina a quella ‘definitiva’
Non parleremo dell’enorme errore arbitrale che ha penalizzato la Fiorentina a San Siro, perché è una discussione che non serve ad analizzare la prestazione della squadra. Stavolta, qualcosa non ha funzionato. Non che perdere in casa dell’Inter sia un problema, perché stiamo parlando della squadra più forte del campionato da un lustro a questa parte. Figuriamoci poi se questa sconfitta arriva con un solo gol di scarto. Tuttavia, anche se ci rendiamo conto che col senno di poi è molto più facile, si può analizzare come è arrivato questo 2-1.
Palladino ha fatto suo uno degli assunti più antichi dello sport: squadra che vince non si cambia. E così è stato, se non per il cambio forzato Moreno-Comuzzo. E tutti i nuovi del mercato? In panchina. Tuttavia, quella che giovedì era stata la formazione della disperazione, quella piena zeppa di difensori che sorprese un Inter troppo sicura di vincere, stavolta ha fatto cilecca. Sia perché i nerazzurri sono entrati in campo con un atteggiamento diverso rispetto alla gara del Franchi, sia perché i viola non hanno affatto ripetuto la prestazione perfetta di pochi giorni fa. Pastrocchio arbitrale sul calcio d’angolo a parte, nella prima ora di gioco l’Inter ha creato tantissimo, con la Fiorentina che non riusciva mai a ripartire. Tanto che, in pratica, là davanti la squadra viola si è vista solo in occasione del rigore. Molto meglio nell’ultima parte di match, quando Palladino ha cambiato squadra, rendendola più offensiva – non ci voleva molto – e riuscendo perlomeno a farsi vedere in area di rigore avversaria, pur senza creare grandi occasioni da gol.
Col senno di poi, si diceva, sarebbe stato meglio presentare una Fiorentina diversa. Era difficile, quasi impossibile che i giocatori riuscissero a ripetere la partita perfetta. Era difficile, quasi impossibile che i nerazzurri sottovalutassero nuovamente i viola. E allora perché riproporre la stessa formazione di pochi giorni prima? Lo ha spiegato lo stesso Palladino: “Rifarei esattamente le stesse scelte, considerando la grande prestazione di giovedì e il valore che attribuisco alla meritocrazia”.
Le scelte discutibili del tecnico gigliato sono un altro attestato di stima che l’allenatore consegna al proprio gruppo, il quale – non va dimenticato – sta disputando una grande annata in termini di risultati complessivi. Come un direttore d’orchestra, visto che siamo in pieno clima Sanremo, Palladino coccola i suoi musicisti più fedeli e gli dà merito per ciò che hanno fatto. E la squadra è con lui. Un gruppo che solo pochi giorni prima si era esaltato nella difficoltà totale. E non è la prima volta: la squadra ha viaggiato unita e compatta anche nelle vittore sofferte contro Lazio e Genoa, spazzando via qualsiasi dubbio sulla credibilità del tecnico nello spogliatoio viola.
Ovviamente, però, questa gratificazione non può continuare. Dalla prossima partita col Como ci aspettiamo di vedere una Fiorentina diversa da quella osservata per gran parte dei 180’ ravvicinati con l’Inter. Una Fiorentina più simile a quella degli ultimi 20’ a San Siro. Senza terzini schierati come esterni di centrocampo. Con Fagioli pronto a prendersi la regia della squadra. Con Folorunsho che tornerà ad essere un titolare inamovibile. Con Zaniolo potrebbe avere una chance dall’inizio, visto che Kean sarà squalificato. E con Gudmundsson, forse. Diciamo forse, perché l’islandese continua a non rubare l’occhio, in primis al proprio allenatore che gli preferisce un soldato applicato come Beltran.
Comunque sia, una squadra più offensiva. Perché il tipo di partita lo richiede e perché c’è da costruire la Fiorentina della seconda metà di stagione, visto che il mercato di gennaio ha cambiato tante delle carte nel mazzo. Quel mercato del quale il tecnico gigliato si è detto entusiasta. A partire dal Como, squalifica di Kean a parte, inizieremo davvero a vedere quale Fiorentina ha in mente Palladino.
Di
Marco Zanini