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Editoriali

Le alte ‘ambizioni’ e la triste realtà del campo. Le responsabilità di Palladino, ma non soltanto: Lecce crocevia della stagione

Palladino e Pradè

Calendario che torna a farsi frenetico, il silenzio della società e le ‘tensioni’ denunciate dal tecnico: venerdì è (quasi) dentro o fuori

C’era chi dopo il doppio confronto contro l’Inter si aspettava 9 punti tra Como, Verona e Lecce, prima di tuffarsi nel tour de force di marzo tra sfide alle big e ottavi di Conference. Invece la Fiorentina è tornata dal Bentegodi senza punti e con la consapevolezza di essere ripiombata nella crisi con tutti e due i piedi. Se contro la squadra di Fabregas potevano esserci delle attenuanti, tra l’assenza di Kean e i pochi giorni per preparare la partita con i nuovi, contro il Verona, che non vinceva in casa da inizio novembre, peggior difesa (di gran lunga) del campionato e con un solo gol all’attivo nelle ultime 6 gare interne, la formazione di Palladino ha messo in campo il peggio di sè. A livello tattico, tecnico, di personalità, di idee di gioco, di mentalità.

NIENTE DA SALVARE. Contro il Como si era parlato di peggior prova della stagione, ma a Verona si è andati possibilmente oltre. La Fiorentina è durata ancora una volta pochi minuti, per poi appiattirsi inesorabilmente. Con Zanetti e i suoi che a mano a mano hanno capito di poter pensare anche di vincere la partita, visto che la Fiorentina non sapeva da che parte rifarsi per avvicinarsi a Montipò. Impresa ardua, ma riuscita. Niente da salvare, insomma, e poco tempo per capire come risollevarsi da questa situazione. Cataldi ha parlato di mancanza di umiltà, di unione, di cattiveria, di atteggiamento sbagliato. Aspetti difficili da far scattare da una partita all’altra.

RAPPORTI. Palladino si è preso ancora una volta le responsabilità. Prima di Verona aveva allontanato presunte frizioni con Pradè e la società, in merito alle parole dirette del ds. Poi però ha confermato come la squadra stia sentendo certe tensioni e certe pressioni derivanti dal mercato. La società ha scelto la strada del silenzio, stavolta, dopo la disfatta del Bentegodi. L’allenatore del resto era stato confermato poche settimane fa anche dal presidente Commisso in persona, che si era anche irritato per certe voci che avrebbero voluto spingerlo a pensare ad un esonero. Se in estate era stato scelto con convinzione l’ex Monza rispetto ad altre candidature come Sarri (o Tudor, che stava liberando dalla Lazio in quei giorni di giugno), e se soprattutto si è scelto di avviare un progetto pluriennale seguendo il suo stile di calcio e condividendo ogni operazione di mercato sull’allestimento della rosa, adesso anche la dirigenza deve riuscire ad appoggiare con più determinazione e maggiori risultati un allenatore giovane che per la prima volta si approccia ad una piazza come Firenze. Se si crede ancora nel tecnico, s’intende.

GESTIONE. Palladino ha le sue responsabilità. Evidenti. Da un’identità di squadra che si è vista a tratti e ora sembra decisamente smarrita, legata (fino a qualche settimana fa) al difendersi compatti per poi ripartire, salvo poi squagliarsi ai primi errori, ai primi episodi negativi, alle prime pressioni degli avversari. Da un’idea di gioco che non si intravede, per come i giocatori dimostrano sul campo di non saper cosa fare una volta in possesso palla. L’allenatore ha dimostrato duttilità tattica, capacità di saper cambiare da una partita all’altra e all’interno di una stessa gara. Ma più volte lo ha fatto in modo non corretto. Come la volontà di proseguire con la difesa a quattro, soprattutto con un centrocampo a due che non regge più, con gli esterni alti adattati da tempo dopo aver venduto gli unici di ruolo a gennaio. Per non parlare della gestione di alcuni singoli, da Gudmundsson (che fin qui, al di là dei problemi fisici, non è riuscito a valorizzare) a Kayode, fino all’‘epurazione’ di tanti senatori.

SCELTE DELLA SOCIETA’. Che stia insomma all’allenatore trovare la via d’uscita è evidente. Ma non va lasciato da solo. Va supportato, aiutato, saputo consigliare. Bisogna allentare le tensioni, se serve. Perché comunque quest’anno lo stesso Palladino ha dimostrato di saper proporre anche cose buone, cogliendo risultati insperati, regalando una classifica che fino a dicembre ma anche fino a due settimane fa era oltre le aspettative estive. Ora anche questo ‘alibi’, se così si può chiamare, sta però cadendo, perché la classifica si è fatta corta, il 4° posto si è allontanato e la forbice tra 6° e 9° posizione si è assottigliata parecchio. Insomma, il rischio di rimanere con il cerino in mano è grande, visto il trend che parla di 11 punti nelle ultime 12 partite di campionato. Ma anche la società ha la sua fetta di responsabilità. Se come hanno raccontato i diretti interessati tutto è stato condiviso, dalla scelta di privarsi degli esterni a gennaio e non prenderne di nuovi, ad esempio, oppure sull’azzardo (grande) di non far arrivare un vice-Kean di ruolo, o ancora sulla decisione di dare in prestito Valentini per prendere Pablo Marì. Vuol dire che si è creduto tanto nell’allenatore, ma poi va sostenuto nella gestione quotidiana, accompagnato, difeso. Se ci si crede ancora.

POCO TEMPO, TANTI IMPEGNI. Perché così si sta passando dalle sbandierate ‘ambizioni’ estive, rilanciate in pompa magna in inverno supportati dalla classifica, alla triste realtà di un campo che racconta di una squadra capace di fare solo 10 punti su 27 contro Monza, Venezia, Empoli, Parma, Verona e Como. Venerdì arriva il Lecce, con ogni probabilità non ci sarà Kean e ci sarà bisogno di adattare nuovamente qualcuno (Zaniolo? Beltran?) là davanti. Se non è uno spartiacque, una gara da dentro o fuori, poco ci manca. Con un Franchi che sicuramente spingerà per 90 minuti, come ha sempre fatto, ma senz’altro perdonerà poco in caso di altro passo falso. Poco tempo per chiarirsi le idee e trovare soluzioni, perché poi ci saranno a ruota Napoli (fuori) e Juve (in casa) in mezzo all’andata/ritorno con il Panathinaikos. Gare, queste, in cui paradossalmente la Fiorentina (come dimostrato altre volte) potrebbe trovare maggiori spunti tattici e psicologici per uscire dalle sabbie mobili.

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