Dal possesso palla esasperato alle ripartenze veloci, dalle formazioni tutte diverse ad un’ossatura base per trovare certezze. E il segreto è anche nella voglia di rivincita dei singoli
Si può fare calcio in tanti modi. Si possono vincere le partite seguendo diverse strade. E ciò che sta proponendo Raffaele Palladino sta facendo volare la Fiorentina. Ormai è chiaro, riprova dopo riprova: la Viola ha trovato la sua strada. Una strada fatta di tanti gol, solidità difensiva, più equilibrio. E finalmente voglia di divertirsi e divertire. Un percorso che parla di cinque vittorie di fila tra campionato e Conference, sei nelle ultime sette. Da inizio ottobre 19 gol fatti in 5 gare, con 4 reti al passivo.
TANTE ARMI. E una classifica di campionato che ora è sempre più bella da guardare. Quarto posto a braccetto con Atalanta, Lazio e Udinese, nel gruppone di chi lotta per l’Europa e anche di più. E soprattutto la sensazione che questa Fiorentina abbia trovato tante armi per poter far male agli avversari. Autostima, consapevolezza che aumenta partita dopo partita, automatismi sempre più fluidi. E quella voglia di riscatto che coinvolge tanti singoli e di conseguenza una squadra che vuole dimostrare di essere, davvero, ambiziosa. Così come era stato ripetuto in estate, quando invece regnava lo scetticismo (anche giustificato da prestazioni e risultati).
VOGLIA DI RISCATTO. “Sono stato troppo sottovalutato: questa oggi è la mia forza”, ha sottolineato Kean dopo la doppietta alla Roma. È un segreto che sta alla base di tanti giocatori, fortemente voluti e valorizzati da Palladino in sintonia con la società (con Pradè che dopo critiche e sessioni complicate si sta prendendo piccole/grandi rivincite per tante scelte fin qui azzeccate). Il centravanti veniva da un’annata disastrosa alla Juve e altre stagioni difficili, ma il tecnico viola ha voluto fare all in su di lui. Fiducia fin qui ripagata alla grande. E poi Bove, scaricato malamente dalla Roma e proprio contro i giallorossi autore di una prova stratosferica: è presto diventato il jolly della svolta per Palladino. Che dire poi di Cataldi, equilibratore del centrocampo e altro punto fermo, dopo che alla Lazio non trovava più spazio. Separazioni dolorose dalla Capitale ma nuova vita a Firenze. Anche Adli avrebbe voluto far vedere le proprie qualità al Milan, ma è con Palladino che ha ritrovato spazio, autostima, capacità di incidere. Altra scommessa vinta. Infine De Gea, che cercava proprio una piazza come Firenze per tornare a far vedere di essere ancora tra i migliori d’Europa dopo l’addio doloroso allo United e l’anno di stop.
L’UMILTA’ DI CAMBIARE. Singoli che Palladino ha saputo mettere insieme in un collettivo che ha ritrovato il piacere di giocare di squadra. Aiutare il compagno, lottare fianco a fianco. Un percorso passato anche dai passaggi a vuoto delle prime partite, dalle rimonte in Europa così come in campionato. Da quelle partite in cui la Fiorentina subiva le imbucate di praticamente ogni avversaria e non riusciva a segnare se non da calcio da fermo. Ma la Viola è sempre rimasta aggrappata alle partite, cementificando nel frattempo lo spirito di squadra. Una sola sconfitta in stagione, quella di Bergamo, che tra l’altro ha dato la convinzione al tecnico di dover cambiare. Non solo assetto tattico, ma filosofia di gioco. Da un calcio uomo su uomo, come aveva immaginato in estate, ad un’impostazione più attendista, posizionale. Ma senza rinnegare la volontà di andare il prima possibile in verticale. Certezze restituite ai giocatori, risultati immediati. Fin dall’intervallo contro la Lazio.
SCELTE. “Da quelle difficoltà nasce la Fiorentina di oggi. Abbiamo cercato soluzioni, cambiato sistema di gioco e anche principi. Nelle difficoltà l’allenatore non deve essere integralista, deve solo mettere i propri calciatori nelle migliori condizioni”, ha detto l’allenatore dopo la Roma. Prima invece aveva ribadito: “Volevo fare una cosa che avevo in mente quest’anno, in cui credo. Ma bisogna essere intelligenti per capire i momenti della stagione, che giocatori hai, metterli nelle condizioni migliori per rendere al meglio“. Parole messe in pratica. Difesa a 4, continuità a Comuzzo-Ranieri che via via hanno rappresentato un muro per lo più invalicabile. Dodo a destra e Gosens a sinistra più arretrati in partenza, ma con grande capacità di arrivare fino in fondo, perché Cataldi, Adli ma anche Bove, vero todocampista, riescono col nuovo sistema a coprire gli spazi. Le famose preventive. Non solo, perché anche i due esterni alti, Colpani, lo stesso Bove e gli altri che hanno giocato in quelle posizioni, danno sempre grande mano a ripiegare. Non semplice ora per gli avversari creare superiorità, perchè la Fiorentina copre bene il campo, anche con il trequartista di turno (quanti palloni recuperati da Gudmundsson e Beltran).
DA ORIZZONTALE A VERTICALE. Insomma, la capacità e l’umiltà di cambiare per svoltare la stagione. Missione riuscita. Ci saranno altre riprove, altri test, a partire da giovedì a Marassi contro un Genoa colpito ma non affondato. Ma fin qui la reazione della Fiorentina ad un avvio complicato è stata straordinaria. Una crescita inimmaginabile fino a qualche settimana fa. Anche perché la squadra ha recepito subito nuove-vecchie idee di gioco. Con un cambiamento sostanziale rispetto al ciclo Italiano. Dal calcio orizzontale alla costante ricerca della verticale, dal possesso palla quasi ossessivo alle ripartenze fulminanti. Con un baricentro medio decisamente più basso rispetto al passato. Modi di intendere di calcio profondamente diversi. Dopo un triennio che aveva spremuto le energie psicofisiche di tutto l’ambiente era giusto cambiare anche da questo punto di vista.
POSSESSO AGLI ALTRI. Con Italiano soprattutto all’inizio e a fasi alterne anche nel secondo e nel terzo anno aveva funzionato un calcio fatto di dominio del gioco, possesso, pressione altissima. Salvo poi andare incontro anche a dolorose seratacce e a una filosofia che si è avvitata su sé stessa. In quel momento era giusto andare in quella direzione, anche se tante volte non sono state prese contromisure nei momenti chiave. Ma giova ricordare come quell’idea di calcio ha riportato stabilmente la Fiorentina in Europa dopo tanti anni e a giocarsi tre finali (seppur perse). Ora è un momento diverso, anche a livello italiano e internazionale. E Palladino non a caso è preso ad esempio come il nuovo che avanza veloce e si impone con forza. Un calcio più pratico, un bel gioco applicato agli ultimi 30 metri di campo, dove i viola sono chiamati ad andare il più velocemente possibile. Contro la Roma possesso palla al 39% (con la superiorità numerica nel finale che ha fatto alzare la percentuale), ma 21 tiri e 5 gol fatti. Contro il Milan 40% di possesso palla, gara più equilibrata a suon di tiri ma vittoria fondamentale. Contro la Lazio? Possesso al 46% e 2-1 finale. Negli scorsi anni la Fiorentina era costantemente tra le primissime per possesso palla, adesso è 8° con il 53,7% di media (dati Whoscored).
EFFICACE. Dal “difendere bene e attaccare benissimo” di Italiano si è passati dunque ad un calcio con più equilibrio ma paradossalmente più efficace in termini di gol. Ma non solo, perché tra le chiavi della ‘rivoluzione viola’ ci sono anche le scelte dei singoli. Dalle formazioni sempre diverse di Italiano si è passati ad un’ossatura base che Palladino, nelle gare di campionato, non sta praticamente mai cambiando. Scelte forti come quelle di mandare per ora in panchina, nelle partite di Serie A (che per ora sono più impegnative e contano di più), Biraghi e Quarta, con fiducia a Ranieri e Comuzzo da centrali e a un Gosens che a sinistra dà personalità, solidità e grande presenza offensiva. “Abbiamo corso tantissimo, sono arrivato sfinito”, ha confidato Bove dopo la super prova di domenica, con un sorriso grande così. È il Rinascimento Fiorentina.
Di
Marco Pecorini