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Cosa possiamo chiedere a Lucas Beltran?

Lucas Beltran - Fiorentina

La Fiorentina lo ha acquistato come centravanti da gol, ma dopo più di un anno che cosa è diventato l’ex River Plate?

Nel filotto di otto vittorie consecutive della Fiorentina ha avuto grande merito anche l’impatto di Lucas Beltran. L’attaccante argentino, che nella prima parte di stagione aveva trovato poco spazio e senza mai convincere, è riuscito a sfruttare al meglio l’occasione che si è venuta a creare a partire dalla sfida col Lecce, quella dell’infortunio di Gudmundsson. Schierato nella posizione dell’islandese, il classe 2001 si è mostrato subito a proprio agio nel ruolo di giocatore di raccordo tra centrocampo e attacco, con caratteristiche da rifinitore. Eppure, quando venne acquistato dal River Plate nell’estate 2023, per Beltran si immaginava tutt’altro tipo di carriera.

Costato circa 25 milioni (bonus compresi), El Vikingo è stato il fiore all’occhiello di quella campagna acquisti. Il ruolo? Centravanti. Da alternare con Nzola, che avrebbe dovuto interpretare il ruolo di attaccante da ‘usato sicuro’, subito pronto per la Serie A, in attesa che l’argentino familiarizzasse col calcio italiano e si prendesse definitivamente la maglia da titolare. Sappiamo tutti che le cose non sono andate così, né per l’uno né per l’altro. Ma oggi vogliamo concentrarci su Beltran.

LE DIFFICOLTÀ DEL PRIMO ANNO. Dopo poche uscite, si è capito che Lucas non era adatto a giocare nel ruolo di prima punta: troppo ‘leggero’ per resistere alla fisicità dei difensori che giocano in Italia e in Europa. Beltran finiva spesso per essere anticipato, oppure letteralmente sovrastato quando provava a difendere palla spalle alla porta. Si intravedeva qualche buona giocata, si faceva apprezzare per l’inesauribile impegno e soprattutto grazie a quest’ultima caratteristica riusciva anche a realizzare qualche gol, ma le difficoltà nell’interpretare il ruolo erano palesi. Tanto che Italiano, dopo l’arrivo di Belotti, ha deciso di arretrargli la posizione, di spostarlo dietro la prima punta. Si è subito visto un miglioramento dal punto di vista delle prestazioni, ma in quella zona di campo gravitava anche Bonaventura e la convivenza di entrambi non era semplice per gli equilibri della squadra. Al termine della sua prima stagione in Italia il tabellino del Vikingo dice 10 gol (di cui 6 in Serie A) e 3 assist. Numeri discreti, niente più. Un po’ poco per uno pagato 25 milioni, ma c’era la grande attenuante dell’adattamento al calcio italiano per un giocatore che arriva dal Sudamerica.

LA SVOLTA SOTTOPUNTA. All’inizio del campionato 2024-25 Palladino era fermamente intenzionato a sfruttare Beltran come alternativa a Kean, quindi ha riprovato a schierarlo da centravanti. Esperimento nuovamente fallito. L’argentino stava finendo in fondo alle gerarchie con l’etichetta di giocatore senza ruolo.

E qui torniamo alla partita col Lecce. Beltran scende in campo da trequartista (o sottopunta, come va di moda dire oggi) e convince fin dal primo pallone toccato. Lontano dalle asfissianti marcature dei difensori centrali, El Vikingo riesce a legare il gioco tra i reparti, dimostrandosi molto più affidabile del previsto in fase di non possesso grazie al suo grande spirito di sacrificio. Gioca il suo miglior mese da quando è alla Fiorentina, mettendo in fila una serie di buone prestazioni e servendo 5 assist ai compagni, superando già a dicembre quanto fatto nel campionato precedente in maglia viola.

I PROBLEMI IN ZONA GOL. A partire dal suo spostamento nel nuovo ruolo, tuttavia, sono stati messi in evidenza tutti i suoi limiti sotto porta. Perché potrà anche aver arretrato il suo raggio d’azione, ma Beltran era stato acquistato come realizzatore. Che giochi 10 metri più avanti o indietro. Invece, stiamo scoprendo che non è quel tipo di giocatore. Lo abbiamo visto continuamente cercare il passaggio filtrante per il compagno invece di tentare il tiro. Tante volte, spalle alla porta, ha preferito fare una sponda piuttosto che girarsi e cercare lo specchio. Forse perché l’argentino non è dotato di un tiro straordinario, forse perché segnare è un’abitudine che si perde col tempo se non viene allenata, ma il Beltran che si è adattato al calcio italiano è un giocatore di squadra, bravo a dialogare coi compagni, ma molto lontano dall’essere un killer in zona gol. Lo dicono anche i numeri, ottimi nella casella assist ma miseri in quella dei gol. Due sole reti realizzate in stagione, di cui uno nella goleada di Lecce e l’altro su rigore contro la Roma. Era il 27 ottobre, ed è l’ultima rete segnata dal Vikingo.

Col rientro in gruppo di Gudumundsson e l’emergenza sugli esterni, poi, è iniziata la terza vita di Beltran alla Fiorentina. Palladino lo ha provato nel ruolo di esterno sinistro, insistendoci per tre partite (secondo tempo col Cagliari, Bologna e Guimaraes). Tuttavia, è sembrato chiaro fin da subito che in quella posizione fa davvero fatica, forse anche di più che da centravanti. Nella sconfitta con l’Udinese, non a caso, Palladino è tornato a schierarlo da trequartista. Dunque, senza un cambio modulo e con la crescita di condizione dell’islandese, Il classe 2001 è destinato a diventare l’alternativa di Gudmundsson.

RIFINITORE. Quindi che giocatore è diventato Beltran? E cosa dobbiamo aspettarci da lui? Sembra ormai chiaro che l’unica posizione in cui può giocare in Italia sia dietro la prima punta. E lo ha capito anche lui. “Se posso scegliere preferisco giocare come sottopunta, ma sono a disposizione della squadra e mi adatto alle decisioni del mister”, ha dichiarato il Vikingo dopo il ko con l’Udinese. Il percorso che pare aver intrapreso è quello del rifinitore con pochi gol nelle gambe, che preferisce servire un compagno piuttosto che cercare la conclusione personale. Non proprio l’identikit del giocatore acquistato un anno e mezzo fa, quando era il capocannoniere del River Plate. Tuttavia, Beltran può comunque essere un giocatore molto utile a questa Fiorentina, perché le sue caratteristiche aiutano tutta la squadra. Occorre però ridimensionare le aspettative sul Vikingo.

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