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Editoriali

Come una tachipirina. Ma l’influenza non è ancora passata

La Fiorentina batte soffrendo il Lecce, ma non è ancora guarita dopo le recenti difficoltà. Adesso arriva un filotto di gare da dentro o fuori

Quando arriva l’influenza c’è poco da fare se non prendere la tachipirina, stare a letto e aspettare che passi. La vittoria della Fiorentina contro il Lecce sa tanto di quella classica sudata post paracetamolo, quando la febbre per qualche ora si abbassa, salvo poi tornare dopo tot ore. Il doppio incrocio col Panathinaikos e le sfide d’alta classifica con Napoli,  Juventus, Atalanta e Milan che attendono i viola, in tal senso, saranno il termometro del malessere o della ripresa della Fiorentina.

Ha ragione Palladino quando evidenzia che per punti e risultati la stagione dei viola è migliore di quelle precedenti, che così in alto la Fiorentina non ci stava da anni (argomento sul quale si potrebbe disquisire a lungo se si considerasse la storia della Fiorentina e che, finali di Conference League e di Coppa Italia a parte, nell’era Commisso la squadra viola non è mai andata oltre il settimo posto, traguardi considerati spesso fallimentari in ere precedenti), ma al tempo stesso non si può ignorare che anche nel successo scaccia-crisi arrivato col Lecce siano state sudate le proverbiali sette camicie. Poche idee e confuse, col pallino del gioco lasciato per gran parte della partita agli avversari, tanta sofferenza e la sensazione che, appunto, la febbre sia ancora lì. Anche perché, val bene ricordarlo e col massimo rispetto, la Fiorentina ha giocato col Lecce, una squadra che costa meno di 20 milioni all’anno di monte ingaggi lordo, che ha il peggior attacco del campionato e che all’andata era stato battuto 0-6 in casa. Quella Fiorentina godeva di ottima salute, questa è malata (per tornare alla metafora iniziale).

Certo, fossero entrati il palo e/o la traversa di Beltran, magari la Fiorentina avrebbe vinto 2-0 / 3-0, arrivederci e grazie. Invece, l’apnea per la paura di un altro finale beffa come a Verona c’è stata, forte, palpabile. Sia quando De Gea ci ha messo il braccio su Karlsson, sia quando Veiga ha sparato fuori un gol che pareva già fatto.

Una grossa mano alla causa viola potrebbero portarla il rientro di Kean, quello di Gudmundsson e i miglioramenti di Adli e Folorunsho. Giovedì in Grecia la Fiorentina non può sbagliare. Ok che si giocherà sui 180’, ma la fragilità di questa squadra abbassa notevolmente il margine d’errore della sfida d’andata. D’altronde solo i singoli o qualche giocata possono permettere a questa Fiorentina di andare avanti in Europa e stare in lotta per le zone europee via Serie A. Perché per idee di gioco, tenuta fisica, mentale, sicurezza e trasformazione dei valori tecnici da teorici a pratici…non ci siamo. E difficilmente con questo allenatore la Fiorentina ci sarà mai. Poi la Fiorentina potrà anche arrivare in Champions e/o vincere la Conference, per carità, ma se soffri così con Verona, Lecce e altre partite giocate male, anche se vinte, la domanda sorge spontanea: quanto potrà durare?

Progressi se ne sono visti pochi, anzi pochissimi. Magari il successo col Lecce potrà contribuire a dare all’influenza una ‘botta’ definitiva. Questo è l’augurio.

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