Gli anni in viola, la bagarre con la Juve, il primo 3-5-2 con Antognoni. L’addio dell’ex difensore lascia sgomento il mondo gigliato
Scorrono le immagini di nove anni di Fiorentina, di oltre quaranta di Firenze in un susseguirsi di emozioni. L’addio di Celeste Pin, trovato morto poco prima delle tre di ieri pomeriggio nella sua casa di via dei Massoni (si sarebbe tolto la vita), sconvolge chi lo ha conosciuto e ora non riesce a trovare un motivo. Un motivo nascosto tra i suoi sorrisi e le sue battute, tra i suoi ricordi e i suoi tanti progetti, scrive il Corriere Fiorentino.
L’ARRIVO A FIRENZE. Celeste Pin arriva in città nel 1982 con l’impossibile compito di sostituire Vierchowod ed è subito «Celeste nostalgia», pensando al fuoriclasse di origine russa, ma lui non se la prende più di tanto. Ha la scorza dura, viene dalla profonda provincia veneta, incassa e pensa solo a migliorare tecnicamente. Del resto, ha già rumorosamente litigato con la Juventus e questo è già un buon lasciapassare per i tifosi. Un anno prima, quando era a Perugia, aveva infatti accusato Bettega di avergli chiesto di segnare con i bianconeri in svantaggio, «tanto a voi questa partita non interessa». Caos mediatico enorme e squalifica per l’attaccante juventino. A Firenze deve integrarsi con Passarella e non è facile, perché il Caudillo ha un’idea di calcio molto diversa da come si gioca in Italia e i primi mesi sono difficili per tutti. A ottobre segna il suo primo gol in maglia viola, non è una rete banale perché blocca una contestazione che stava montando sotto la tribuna d’onore e con destinatario il Conte Pontello per via di una partenza rallentata di Antognoni e compagni.
CHE SQUADRA. Celeste a Firenze si ambienta immediatamente: è estroverso, non si impermalisce mai per le battute, vive nel viale Petrarca e sposa una fiorentina, Elena, con cui avrà due figli maschi. Nella stagione successiva è uno dei protagonisti del primo 3-5-2 del calcio italiano. Lui, Contratto e, soprattutto, Passarella sono gli unici a proteggere Galli, mentre ai lati Massaro e Pasquale Iachini e in mezzo Oriali, Pecci e Antognoni inventano il calcio più bello visto da queste parti negli ultimi cinquant’anni. Pruzzo, la sua bestia nera, continua a segnargli una volta sì e una no, ma sono in pochissimi quelli che riescono a sfuggirgli. Seguono anni con alti e bassi, un grave infortunio e poi l’arrivo di Eriksson, che a 26 anni lo spedisce in panchina perché la sua coppia centrale difensiva è Hysen-Battistini. Potrebbe andarsene, ha richieste importanti, lo vogliono Roma e Napoli, ma lui ormai è legato indissolubilmente a Firenze e allora resiste. Gioca poco, ma non polemizza mai ed è sempre più apprezzato dalla dirigenza.
CON LA JUVE. Torna titolare con Giorgi e partecipa da protagonista nella cavalcata verso la finale Uefa del 1990, quella che si conclude con il gol irregolare di Casiraghi a Torino e con l’irrisione verso Pin del centravanti bianconero, che prima lo spinge platealmente prima di tirare e poi lo prende in giro: «Noi siamo la Juve, voi solo la Fiorentina». Nove anni dopo ancora la Juventus e ancora polemica, ma intanto stanno per arrivare le 200 presente in serie A e l’ultima stagione in viola, la prima di Mario Cecchi Gori. Celeste stavolta capisce che non è proprio il caso di continuare e quindi va a Verona, dove resterà per quattro campionati, sempre da titolare, e alla fine a Siena per l’ultima stagione in campo. A 35 anni comincia una seconda vita da agente immobiliare lasciando aperta la porta dei ricordi e delle opinioni. Sempre disponibile, sorridente, l’immagine della solidità anche per i suoi vecchi compagni, oggi sgomenti. Pin è stato compagno di squadra anche di Stefano Pioli, attuale allenatore della Fiorentina.
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Redazione LaViola.it