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Riganò torna a fare il muratore: “Ho guadagnato bene, ma bisogna tornare a lavorare”

Riganò

L’intervista all’ex bomber della Fiorentina che è tornato a fare il muratore a Firenze: “Non aveno avuto chiamate per allenare sono tornato a fare il mio lavoro”

«Due cose so fare nella vita: i gol e il muratore. Così, dopo aver smesso di giocare, sono tornato a fare il mio mestiere: mi piace e ne vado orgoglioso». Il bomber lo incontra il Corriere della Sera in un cantiere di Firenze, a due passi dal Ponte Vecchio. Il caldo è soffocante. Da una parte c’è un ragazzone che sta togliendo l’intonaco, a colpi di mazzuolo e scalpello. Incrociamo il suo sguardo, come a dirgli che il suo è un volto conosciuto. Lui sorride: «Sì, sono io: Christian Riganò».

Riganò ha segnato oltre 300 gol in 520 partite, ovunque: dalla seconda categoria alla serie A. Ha fatto tutta la gavetta, fino a sfiorare la Nazionale. Ma è rimasto sempre lo stesso ragazzo, che, a Lipari, faceva il manovale tutto il giorno e la sera andava ad allenarsi. Fino a quando, un giorno, il suo sogno di arrivare nel calcio dei grandi si avverò all’improvviso: «Ero al Taranto. Mi chiamò Giovanni Galli, chiedendomi di andare alla Fiorentina, che era finita in C2 dopo il fallimento di Cecchi Gori — racconta Riganò —. Alla prima telefonata riattaccai, pensavo fosse uno scherzo».

«E ora lo so, lei mi chiederà che ci faccio qui… Giusto?». Giusto. «Diciamo che avevo lasciato questo mestiere a tre quarti, nemmeno a metà — racconta il bomber —. Io sono questo: amo costruire e riparare le cose. Così, non avendo avuto chiamate per allenare sono tornato a fare il mio lavoro. Ho preso due patentini per allenare… Amo il calcio, ma si vede che non sono adatto per quello di oggi, fatto principalmente di sponsor, non accetto compromessi. Certo, se poi arrivasse la chiamata giusta sarei pronto a tornare in panchina».

Due matrimoni e quattro figli, dopo aver attaccato gli scarpini al chiodo si è presentato il più inevitabile degli interrogativi per un calciatore: «E ora?». «Prevedo anche la sua prossima domanda — sorride Riganò —. Sì, ho guadagnato bene e ne sono felice. Nella mia intera carriera, però, ho incassato quanto molti giocatori di media fascia oggi guadagnano in due tre mesi. Così, poi, bisogna tornare a lavorare».

Su un muro a Firenze c’è ancora scritto: «Dio perdona, Riga-no!». Il bomber ci pensa e sorride orgoglioso. Oggi vive al Campo di Marte, a due passi dalla Curva Fiesole, e lui è un personaggio del quartiere, amatissimo: «Lo spogliatoio è la cosa che mi manca di più: lì si litiga e si scherza, è il cuore del calcio. Ho avuto l’onore di giocare contro Del Piero, Batistuta, Er Pupone… Però io sono di vecchio stampo, come al lavoro: datemi una terra e, con due colleghi, siamo in grado di tirare su una casa».

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