Foco spiega le ragione dell’inversione di risultati e prestazioni della Fiorentina di Italiano nelle ultime settimane
La Fiorentina sbocciata alle porte di questa primavera nasce nella piena primavera dello scorso anno. Per l’esattezza il 10 aprile, allo stadio Maradona di Napoli. Per quella partita Italiano dovette fare i conti con l’assenza di Torreira, il fulcro di tutti i movimenti della sua Fiorentina, e fu costretto a ripensare il suo centrocampo. Lo fece agendo sui compiti delle due mezze ali, diversificandoli in maniera importante. Con Torreira punto di riferimento centrale, infatti, i movimenti dei due interni di centrocampo erano sostanzialmente simili e strettamente legati al lato di svolgimento dell’azione, propria o dell’avversario. La presenza di Lucas disegnava un centrocampo simmetrico tenuto insieme nelle distanze dal gran movimento del giocatore uruguaiano.
A Napoli, per la prima volta, Italiano chiese ad una delle mezze ali (Duncan) di cercare di tenere corta la distanza dal centrale (Amrabat), mentre all’altra (Castrovilli) diede il compito di tagliare in mezzo tra le due ali e subito dietro il centravanti. Ne uscì fuori una linea di centrocampo molto mobile e capace di creare al momento una coppia di mediani in grado di contenere bene come di portare un uomo in più davanti. Un sistema fluido in grado di rovesciare il triangolo di centrocampo a seconda delle necessità della partita. Lo stesso sistema che la Fiorentina sta usando attualmente e che probabilmente era già nelle intenzioni del tecnico dal momento della rinuncia al tesseramento definitivo di Torreira.
Nel corso di questa stagione, però, la squadra non ha usato sempre questo modo di spostarsi in campo. Le difficoltà dell’attacco e della difesa hanno portato l’allenatore e una ricerca di soluzioni a centrocampo che sono state spesso una coperta corta. Per aiutare il reparto arretrato nei primi mesi del campionato c’è stata una ricerca di aggressione alta e possesso esasperata in cui gran parte del lavoro è stata demandata alle mezze ali. L’intenzione era quella di comprimere lo spazio il più vicino all’area avversaria per impedire all’avversario una gestione comoda del pallone.
Allo stesso tempo, nelle intenzioni, una riconquista alta e una squadra massicciamente presente nella metà campo avversaria dovevano anche favorire gli attaccanti, ma le caratteristiche di questi ultimi non comprendevano quella creatività necessaria per poter sfruttare una gestione continuata a ridosso dell’area avversaria. Prima del Mondiale si è cercato di fare delle modifiche per andare incontro alle difficoltà manifestate dalle punte, portando un uomo in maniera stabile a ridosso dell’attacco, e c’è stata una certa ripresa che però è stata portata via dalla sosta e, probabilmente, dalla cattiva forma generale della rosa alla ripresa del campionato.
La fine di febbraio ha visto una serie di cose andare per la prima volta in stagione al loro posto. La rosa è tornata piano piano al completo, cosa che ha portato a uno stato di forma generale buono e a regalare all’allenatore una profondità di soluzioni fino ad allora rimasta solo sulla carta. La possibilità di allenarsi con costanza ha anche permesso ai nuovi di conoscere al meglio le intenzioni tattiche dell’allenatore e giocatori come Dodo e Mandragora si sono potuti calare al meglio nella squadra, cambiando sia il loro rendimento, sia quello della squadra.
Mandragora in particolare è diventato la chiave tattica di un centrocampo che rappresenta l’evoluzione ideale di quell’idea iniziata al Maradona quasi un anno fa. Adesso Italiano ha una squadra in forma, calata interamente nel progetto tattico (e quindi ricettiva anche alle piccole modifiche necessarie al momento) e dotata di una varietà di caratteristiche in grado di cambiare in campo le sfumature tecniche a seconda delle scelte dell’allenatore.
Il filotto di vittorie ha aumentato di certo l’autostima di tutti e quest’ultima parte di stagione vede la Fiorentina essere l’unica squadra, insieme a un Napoli fuori dal normale, a viaggiare sull’onda della fiducia. All’allenatore va dato atto di aver saputo credere, anche nei momenti peggiori, nella bontà delle sue intenzioni di gioco: parecchi a quel punto avrebbero virato verso un ripiego tattico meno ambizioso che avrebbe cozzato, però, con le caratteristiche dei giocatori.
Adesso questo momento di auto consapevolezza di tecnico e squadra può esser un’arma decisiva per una rimonta in campionato e/o per un trofeo insperato solo qualche settimana fa. I problemi di crescita sono passati, adesso è il tempo della maturità piena.
Di
Foco