Foco analizza la grande vittoria della Fiorentina di Italiano sul Milan al Franchi
C’era un bisogno infinito di una partita come quella col Milan. Di una partita, cioè, che lasciasse dietro di sé, insieme alla gioia, una sensazione di compiuto. La vittoria di Verona, indiscutibile per risultato e atteggiamento, era troppo vicina a prestazioni meno buone e troppo condizionata dalla caratura dell’avversario per allontanare il timore di essere ancora sulle montagne russe.
La prestazione contro un Milan in grande ripresa sa fortemente di crescita. Quella stessa crescita che aveva manifestato dei problemi, anche grossi, ma che al tempo stesso aveva dei principi di logicità come semi. L’atteggiamento tattico e i principi di gioco, i punti cardinali di questa squadra e di questo allenatore hanno finalmente potuto beneficiare per la prima volta di due cose fondamentali: una rosa larga e uno stato di forma generale ottimale. E sui principi di gioco Italiano e la Fiorentina hanno impostato una partita feroce che ha visto Pioli uscire battuto proprio da quelle armi con cui avrebbe voluto vincere: intensità e pressione.
Il Milan era uscito da un periodo difficile modificando la sua disposizione in campo, passando da un classico 4-2-3-1 ad un gasperiniano 3-4-2-1 e proprio con questo nuovo modo di stare in campo il tecnico di Parma pensava di mettere in seria difficoltà la prima costruzione della Fiorentina, andando a pressare nello spazio tra difesa e centrocampo viola. Ma la Fiorentina quest’anno ha cambiato le modalità di uscita dalla difesa e non soffre più questo tipo di impostazione avversaria. Per me questo è il primo dei motivi per cui la Fiorentina ha potuto prendere in mano subito la partita. Innescando immediatamente le catene laterali, infatti, la squadra di Italiano è riuscita a creare due situazioni a suo favore: isolare le due mezze punte rossonere in una zona senza punti di riferimento e creare una superiorità numerica immediata sulle fasce, mettendo gli esterni del Milan in mezzo negli scambi tra terzino e ala. Cosa, quest’ultima, che obbligava anche i due mediani rossoneri ad andare in aiuto sull’esterno, allargando le distanze del loro centrocampo.
In fase di non possesso la Fiorentina alzava in pressione sulla difesa il suo attacco, marcando a uomo il centrocampo avversario come succede ormai da qualche tempo. Bennacer veniva preso da Mandragora, Tonali trovava Bonaventura e Amrabat mordeva le caviglie di De Ketelaere, il trequartista con il compito di andarsi a prendere la palla in mezzo. Una situazione perfetta per questa Fiorentina che si trovava sempre nelle condizioni per una riconquista veloce e una connessione pulita tra i reparti. La superiorità numerica fissa dei viola nei duelli sulle fasce obbligava i difensori centrali esterni del Milan a uscire sulle ali ma quando gli esterni rossoneri rimanevano lontani, questo uno contro uno rischiava di aprire le porte della difesa alla Fiorentina e così è stato nell’occasione del rigore su Ikoné. La catena di destra di Italiano ha martellato forte per tutta la partita beneficiando del fatto che Hernandez era stata resa l’unica vera possibilità offensiva dei rossoneri e ha saputo sfruttare l’empasse tra il bisogno della squadra di Pioli di innescare il francese e il timore di trovarsi aperti da quella parte.
Il movimento di un grande Cabral ha contribuito in maniera costante e pesante nell’impedire che la difesa del Milan si potesse alzare e ha cucito bene i reparti. Il tentativo di doppio centravanti cercato da Pioli nel secondo tempo è stato un segno di resa verso il tentativo di costruzione e quindi un’implicita manifestazione di consapevolezza della superiorità viola.
In questi mesi si è parlato molto del gioco di Italiano, della Fiorentina di Italiano, dei difetti di Italiano. Per me troppo e spesso a sproposito. Con il Milan la Fiorentina è stata sempre quella di un mese fa, sotto il profilo dei concetti, delle ambizioni e della tattica. Rispetto al passato ci sono delle differenze, di sicuro importantissime, ma per me riguardano due cose: la rosa, che ora permette maggiore scelta e rotazioni, e la forma. Adesso la squadra è più brillante e, finalmente, non c’è una situazione di disomogeneità nella condizione fisica. Disomogeneità figlia di molti fattori, dall’inattività di mesi di Dodo, Jovic e Castro, al mondiale per Amrabat e per certi versi di Nico, agli infortuni diffusi. E, soprattutto, a una preparazione che per la prima volta ha dovuto tener conto di un campionato in due parti e che quindi è stata sperimentale per forza di cose. La forma per un sistema di gioco che prevede pressione e gestione costanti, non è roba da poco. Per chi aspettava di vedere la Fiorentina di Italiano mi sento di dire che l’attesa è finita. La Fiorentina è questa. Scusate il ritardo.
Di
Foco