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L’analisi di Foco – Dopo la Conference

Foco analizza la situazione della Fiorentina dopo la sconfitta contro l’Inter e la vittoria in Conference contro il Basaksehir

Fino a qualche anno fa il concetto di crisi come opportunità di cambiamento rappresentava una parte importante nei corsi di aggiornamento aziendale o nei libri di auto-aiuto. Il merito di questa interpretazione virtuosa dei momenti peggiori cambiava padrone a seconda del relatore del corso o dell’autore del libro e poteva essere assegnato con una certa sicurezza ai cinesi come ai giapponesi. In qualche caso anche ad Einstein. In questo momento a sperare che dalla crisi possa nascere un’opportunità positiva di cambiamento sono di sicuro i tifosi della Fiorentina, alle prese con uno degli inizi di stagione più istericamente movimentati della storia viola.

La partita con l’Inter è stata l’ultima epica rappresentazione di quello che significa tifare Fiorentina. Un’altalena crudele di emozioni opposte con un finale scritto coi vetri rotti sui sogni di tranquillità. Niente di nuovo, dunque. La partita con l’Istambul Başakşehir (l’ho copiaincollato, lo confesso), in questa situazione, assume i contorni dell’ennesima occasione di risposta alla crisi richiesta ad allenatore e squadra.

Contro l’Inter Italiano aveva puntato inizialmente sulla continuità tattica. Il suo 4-3-3, però, davanti a Lautaro Martinez – un attaccante attualmente in grado di manipolare gli spazi e i tempi d’intervento avversari – e alla capacità di pressare le linee di passaggio di Barella e Mkhitaryan era andato in grosse difficoltà, obbligando il tecnico a modifiche profonde con qualche sentore di disperazione. Modifiche che avevano risvegliato la vena dei suoi attaccanti ma al prezzo dell’annullamento, di fatto, della linea dì centrocampo. Soluzioni dettate dall’andamento del match che ovviamente non possono diventare strutturali. Ma la facilità di disinnesco del 4-3-3 da parte dei nerazzurri deve aver convinto del tutto Italiano che la squadra non poteva più aspettare per avere in dotazione soluzioni diverse e più forti dal punto di vista tattico.

Fin dalle prime battute della partita questi tentativi di cambiamento risultano subito evidenti. La Fiorentina si posiziona in campo cercando di tenere vicini Amrabat e Mandragora davanti alla difesa con l’avanzamento di Barak a vertice alto di un triangolo a centrocampo. Potrebbe sembrare a prima vista un tentativo di 4-2-3-1 ma in realtà le posizioni non sono rigide come il modulo vorrebbe. In fase di non possesso Kouame e Jovic vanno a pressare i centrali difensivi turchi mentre Barak prende a uomo Biglia. La posizione di Saponara assume grande importanza perché è lui che cambia la composizione del centrocampo con il suo movimento. Ricky, infatti, spesso stringe in mezzo, ridefinendosi nel ruolo come un vero e proprio interno e andando a formare un rombo a centrocampo in fase di prima costruzione. A Kouame, invece, viene chiesto di essere una presenza costante al fianco di Jovic, con il compito di allargarsi solo quando il Başakşehir riesce a superare il primo livello di pressione. Italiano, quindi, pensa ad un modulo molto fluido, in grado sia di poter ovviare al possesso reiterato, sia di non far mancare mai assistenza al suo centravanti. Ma questa fluidità tattica presuppone rotazioni e riposizionamenti molto rapidi e letture anticipate delle intenzioni avversarie. Cose che non accadono nell’occasione del vantaggio dei turchi. I quali sono abili con Aleksic a capire che i viola stanno sbagliando la copertura degli spazi e a trovare un’autostrada che passa proprio tra i centrali di centrocampo e di difesa. Quando il centrocampista turco parte senza palla è ormai troppo tardi per porre rimedio, Milenkovic ed Igor stanno accorciando verso il centrocampo e per loro diventa impossibile recuperare, mentre Mandragora non ha la velocità per compensare quel secondo e mezzo di ritardo nel capire le intenzioni dell’avversario. Il rilancio di Sengezer è semplice da effettuare nella prateria davanti a Gollini e lo stesso estremo viola sbaglia tempi e postura nell’uscita. La rete dell’Istanbul pare gettare nel cesso tutti gli sforzi di cambiamento della Fiorentina ma la squadra di Italiano ha tra le sue file un generatore di energia con le treccine. È Kouame ad impedire che la Fiorentina crolli, psicologicamente e tatticamente. Il suo movimento e la sua applicazione agli ordini tattici, infatti, riescono a tenere in partita i suoi compagni e il disegno del mister. L’ivoriano beneficia di un momento psicologico opposto rispetto ai compagni (lui non vive il contraccolpo del paragone con la stagione scorsa, anzi si sta godendo un momento di riscatto personale) che lo rende libero nelle intenzioni e nel pensiero. E nell’occasione del pareggio questa libertà mentale gli permette di crossare non sull’uomo, come abbiamo fatto per circa 200 volte in campionato, ma sullo spazio che il compagno può aggredire. Secondo cross dietro la difesa dalla stagione e secondo gol.

La Fiorentina si risolleva e prende in mano la partita. Il 4-3-3 speculativo di Emre comincia a concedere spazi e la squadra di Italiano interpreta finalmente coi giusti tempi l’idea di modulo fluido del tecnico. La costruzione bassa non indugia col palleggio tra centrali ma cerca subito lo scarico sull’esterno. Barak offre appoggio davanti ai due compagni di centrocampo e l’energia di Kouame regala quel movimento continuo nei pressi dell’area di cui l’attacco ha bisogno. Da un suo taglio con conclusione al volo sul cross di Saponara, nasce la rete del definitivo vantaggio, con Jovic che può sfruttare la respinta per un appoggio facile di testa che gli regala la doppietta.

La Fiorentina non concede niente, anzi va vicina al terzo gol più di una volta, e si porta a casa una vittoria importante.

Importante non tanto per la classifica di Conference – abbastanza decisa dal pareggio col Riga più che dal tracollo di Istanbul – ma perché fa seguito ad un tentativo di cambiamento abbastanza profondo a livello tattico. A prescindere dal gol preso – avvenuto in maniera troppo goffa per essere ripetuta – le modifiche volute dal tecnico hanno avuto una buona risposta sotto il piano dell’efficacia. Lo sviluppo del possesso è risultato abbastanza scorrevole e la palla è arrivata con una buona continuità e con un ritmo discreto davanti. La pressione in non possesso “mista”, ossia portata avanti sulle linee di passaggio dagli attaccanti e a uomo a centrocampo ha limitato la squadra turca e tenuto gli uomini di Italiano ad altezze giuste per i ruoli, permettendo transizioni meno rugginose.

Il cambiamento non è mai una cosa immediata e per avvenire deve avere motivazioni che spesso rasentano la disperazione. Italiano sta dimostrando di voler portare un cambiamento, anche a costo di andare a toccare quelle convinzioni che sono alla base dei successi che lo hanno portato fino a questa annata. E questa è una cosa positiva, forse la più positiva di tutte per questa Fiorentina ammaccata e in crisi di identità. Con la speranza che tra qualche tempo ai corsi o sui libri  si spieghi, con la solita sicurezza, che a parlare di cirisi come opportunità furono i fiorentini.

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