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Editoriali

De Gea, la sua leadership, il futuro e l’investitura di Martinelli

Il Tap-In di Matteo Dovellini De Gea Fiorentina

Il portiere spagnolo si è raccontato a La Repubblica: dall’amore per la città e il progetto viola, alla leadership nello spogliatoio e l’investitura del giovane

Una leggenda che non ha ancora nessuna intenzione di pianificare il giorno del suo ritiro. Un campione che dopo un anno sabbatico, e dopo aver passato undici anni a Manchester sponda United, ha scelto di approdare nel campionato italiano e di farlo difendendo i pali della Fiorentina. Intervistare David De Gea per La Repubblica è stata una grande emozione. Per la carriera che ha alle spalle ma non solo: il suo carattere, la sua mentalità, l’essere un leader che antepone i fatti e l’esempio quotidiano alle tante (e a volte inutili) parole che inondano il mondo del calcio (ma non solo). Tanti i messaggi che ha mandato: il modo in cui adora Firenze, scelta sì per la sua bellezza e la sua cultura (“La città splendida, la gente meravigliosa”) ma anche perché qui risiede una società che ha una storia e nella quale David ha intravisto una prospettiva progettuale che vuol rimettere al centro l’ambizione. “Il club ha una storia unica, il Franchi mi emoziona, lo trovo bellissimo e molto caldo. Ho subito detto di sì. Mi piace tutto del progetto. Dal Viola Park, dove ho anche vissuto i primi due mesi, fino al legame con il presidente Commisso e il tecnico Palladino. Hanno ambizione e prospettiva”.

Un leader che può aiutare anche il club 

De Gea è un leader. Ha portato la sua mentalità all’interno dello spogliatoio, in carriera ha vinto tanto e non si è mai risparmiato. Obiettivi chiari e una determinazione nel raggiungerli che ne ha contrassegnato il suo percorso al top. Prima all’Atletico, poi a Manchester e adesso in viola. Già nove volte di porta inviolata, alcune autentiche prodezze, la serenità dispensata alla difesa e più in generale a tutta la squadra. Mi ha colpito il modo in cui mi ha parlato dei suoi ex compagni: Van Persie, Cristiano Ronaldo, Rooney, Ibrahimovic, Lukaku per fare alcuni esempi. Quando in partitella non mi segnavano, però, si disperavano anche loro”. Il fatto che abbia scelto Firenze deve inorgoglire. Meglio di chiunque altro, nella rosa della Fiorentina, sa come gestire alcuni momenti complicati e la sua esperienza è preziosa anche nel saper trovare le chiavi giuste nel rapporto coi compagni e negli obiettivi da raggiungere. Non solo. Sono convinto che possa aiutare anche a livello societario, nel poter compiere alcuni passi in avanti su tutti i fronti. 

Martinelli e l’investitura di De Gea 

Faccio un esempio, dal particolare al generale. De Gea ha speso parole splendide per un compagno di squadra: Tommaso Martinelli. “Un ragazzo meraviglioso, un portiere davvero forte. Mi piace quando un giovane è umile, ti rispetta, ti ascolta, cerca di imparare, ti chiede consigli. Ci parlo spesso, lo osservo e lui mi osserva. Se continua così sono sicuro sarà il portiere viola dei prossimi anni. E’ importante l’identità: conosce il club, lo sente più degli altri, comprende la storia”. Non è più il calcio delle bandiere e dei giocatori che rimangono in un club per tanti anni. Concetto, tra l’altro, affrontato anche da David nell’intervista. Le ambizioni personali, il denaro, gli altri mercati, gli interessi dei top club. Tutto cambiato, certo. Ma sull’identità lo spagnolo è stato chiaro. Ha indicato Martinelli, investendolo di questa eredità: un ragazzo cresciuto col viola addosso, che da bambino andava in Curva Fiesole, che fin da piccolo ha iniziato il suo percorso nel settore giovanile viola e che è approdato alla prima squadra per meriti del suo talento. È rimasto come terzo portiere nonostante le possibilità di poter giocare altrove e l’ha fatto anche perché era arrivato De Gea. Talento, identità e conoscenza di cosa voglia dire approdare dal settore giovanile alla prima squadra magari per diventarne assoluto protagonista. È la strada che la Fiorentina ha scelto di intraprendere con la nascita del Viola Park. E Comuzzo ne è un altro esempio. Così come in futuro, si augura il club, possano esserlo i vari Caprini, Harder, Rubino.

Il futuro dello spagnolo e la chiave Europa 

Infine, ma non ultimo per importanza sia chiaro, il futuro del portiere spagnolo. “Ho firmato per un anno e il club ha l’opzione per il rinnovo (a ingaggio raddoppiato, 2.4 milioni di euro, ndr). Sono contento a Firenze, sono felice di essere alla Fiorentina, prima però conta terminare al meglio la stagione”. Cerchiamo di fare chiarezza. La dirigenza viola ha la possibilità di poter prolungare un altro anno il contratto del giocatore, vero. Ma è chiaro che la volontà di De Gea sia fondamentale. A Firenze ha trovato un ambiente ideale. Una città che può vivere serenamente, un Paese del quale si è subito innamorato, la gente che lo adora contraccambiato e un progetto nel quale si è immerso totalmente. Dunque, verrebbe da pensare: perché non rinnovare ufficialmente già adesso? La risposta è insita nel suo essere leader e campione anche mentalmente: il finale di stagione è troppo importante e la Fiorentina è impegnata attivamente su due fronti. L’Europa sarà determinante nelle valutazioni finali e questo, oltre per De Gea, potrebbe incidere anche su altri giocatori in rosa. Vincere la Conference, oltre a riportare un trofeo a Firenze a distanza di 24 anni, vorrebbe dire anche centrare l’Europa League e dunque compiere quel salto che i viola si erano augurati a inizio stagione. Poi il campionato. Ci sono ancora tante sfide e la classifica è corta: tutta può accadere e gli scontri diretti saranno decisivi. L’Europa però farà la differenza e potrebbe essere una condizione indispensabile per il prolungamento del suo contratto. Magari, in questo caso, facendo avanzare Martinelli come secondo. 

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