Corriere dello Sport, Basile scrive: Commisso, l'anti juventino che fa il duro. Ma gli scontri dialettici non impediscono gli affari
Massimo Basile, sulle pagine del Corriere dello Sport, racconta un Rocco Commisso che, nonostante gli alterchi pubblici, è costretto a fare affari con la Juventus
La gente era rimasta incantata. Ma durante quella serata perfetta c’era stato un episodio che aveva macchiato la serenità dell’imprenditore italoamericano: quattro ragazzi, fuori dal ristorante, lo avevano invitato a scattarsi una foto dietro quella che era sembrata una innocua sciarpa viola.
A caratteri cubitali c’era scritto: “Juve M…”.
In questa storia il tifo non c’entra. In Usa i vecchi italoamericani non vedono le squadre italiane come avversari da odiare, ma come rappresentanti del Paese d’origine. A New York negli anni ’70 si diventava juventini per spirito di rivincita.
Durante le partite con gli ispanici bastava dire di essere per Juve, Inter e Milan, per far capire chi comandava in campo. L’odio non è contemplato. L’episodio di Tribeca è stato il paradigma di ciò che Commisso si è poi ritrovato a vivere in questi quasi tre anni: la Juve e l’anti-juventinità di Firenze lo hanno accerchiato.
Nel 2014 Diego disse: «Gli Agnelli avevano poca voglia di lavorare». Sei anni dopo, parlando a una tv locale, Rtv38, Commisso aveva ironizzato sulla cessione di Federico Chiesa, ricordando come un «povero immigrato» fosse dovuto «venire in Italia per finanziare gli Agnelli, vendendo un giocatore in più anni».
Per i tifosi viola queste frasi sono miele, e i presidenti lo sanno.
Un anno dopo aver attaccato gli Agnelli, e promesso che non avrebbe fatto di Chiesa “il Roby Baggio della sua vita”, Commisso l’ha ceduto alla Juve. E pochi giorni dopo aver dato di “motherfuckers” agli Agnelli - in un’intervista concessa a novembre ma uscita solo a gennaio, alla vigilia del precipitare degli eventi - si parla, di nuovo, di cessione lampo del più forte della squadra.
In tutti e tre i casi, la piazza ha condannato il “tradimento” del giocatore e l’avidità dei procuratori, a cui proprietà così platealmente «anti-juventine» non potevano opporsi. Ariedo Braida, dirigente del grande Milan, ha commentato di recente: «Vendi il tuo miglior giocatore se hai bisogno di soldi, altrimenti lo tieni fino alla fine e provi ad andare in Champions, ripagandotelo».
Ma l’accordo era stato ormai sancito e Baggio divenne bianconero. A Torino, però, non andarono mai Manuel Rui Costa, Francesco Toldo e Gabriel Batistuta.
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