Intervista al centrocampista colombiano doppio ex della finale di Conference League tra Fiorentina e West Ham
Una voce calma e pacata risponde dall’altra parte dell’Oceano, che si emoziona ancora quando gli chiedi di Astori e di Firenze, anche se in maglia viola ha collezionato 52 presenze in una stagione e mezzo senza mai lasciare il segno. Capelli ricci afro o con le treccine, Carlos Sanchez, per tutti La Roca, oggi gioca nel San Lorenzo in Argentina ed è uno dei doppi ex della finale di Conference League tra Fiorentina e West Ham. Per avvicinarci alla partita contro gli Hammers, LaViola.it ha contattato in esclusiva il 37enne colombiano:
Come vede la finale di Conference tra 2 sue ex squadre?
“Da entrambe mi sono trovato bene e continuo a tifare per loro. Ho ancora tanti amici. Sono contento che siano in finale, ho il cuore diviso, quindi che vinca il migliore. Vedo una partita equilibrata tra 2 squadre con tanti alti e bassi”.
Quali sono i ricordi che la legano al West Ham?
“L’esperienza al West Ham è arrivata dopo il Mondiale in Russia, avevo iniziato bene e poi mi sono infortunato. In quel momento, il mio posto l’ha preso un giovane: Declan Rice, oggi uno dei migliori centrocampisti al mondo. Ho dovuto lottare il posto con lui, nonostante il poco spazio avuto, i ricordi sono belli anche perché è sempre bello giocare in Premier League”.
Il primo anno ha avuto Pellegrini, mentre il secondo Moyes che siederà in panchina degli Hammers anche mercoledì…
“È un allenatore con mentalità inglese, serio e rispettoso. Ho solo parole buone per lui: ha il suo stile, la sua etica e non tradisce le sue idee. Anche se ho giocato poco non posso rimproverare di niente anche perché sono sempre stato molto professionale”.
Fino a quest’anno, l’ultima partita della Fiorentina in Europa era quella con il Borussia: cosa successe quella sera?
“Una sconfitta incredibile. Ancora oggi provo rabbia se ci ripenso. Eravamo tranquilli, non riesco ancora a crederci. Quella squadra era equilibrata con giocatori giovani di talento e altri più esperti con tanta qualità. Se mi chiedi come abbiamo fatto a perdere non so darti una risposta. Se non ricordo male poi avremmo potuto affrontare una squadra più debole, quindi i rimpianti sono tanti”.
La sua esperienza in maglia viola però era iniziata con un gol alla prima al Franchi…
“Credo che fosse anche la notte dei 90 anni della Fiorentina e abbiamo vinto grazie a un mio gol di testa su calcio d’angolo contro il Chievo. Iniziare così è stato bellissimo e molto positivo per aumentare la fiducia”.
Che ricordo ha di Paulo Sousa?
“Un allenatore molto euforico, vive le partite con molta energia. Gli piace il gioco propositivo e studia molto bene gli avversari. È un lavoratore instancabile, parlavamo per ore di tattica. L’ho sempre seguito in carriera, è stato anche in Brasile al Flamengo e ora è alla Salernitana”.
Con lui ha iniziato a giocare anche da difensore…
“Un giorno mi disse che voleva provarmi in difesa e mi chiese se fossi interessato. Io gli risposi che ero a disposizione per aiutare la squadra e in quella posizione poi ho giocato qualche partita in nazionale e anche in Argentina. La capacità di adattarsi è qualcosa di importante sia nel calcio che nella vita”.
Ha un aneddoto con lui?
“Mi ricordo di una gara contro il Cagliari in trasferta, io ero in panchina e all’intervallo vincevamo 0-3. Nel secondo tempo entrai per difendere e mi disse di stare al limite dell’area sul calcio d’angolo, ma Tatarusanu poi mi disse di mettermi all’altezza del primo palo e su quell’angolo segnò Borriello il gol del 3-5. Nonostante avessimo vinto senza problemi, Paulo Sousa voleva uccidermi negli spogliatoi, era arrabbiato. Ma non è che volevo disobbedire a un suo ordine, ma era una situazione di gioco con il portiere e andava presa una decisione”.
Qual è stato il momento più difficile a Firenze?
“Non stavo giocando e c’era il Mondiale quell’anno. Pioli aveva deciso di far giocare Badelj e gli chiesi all’inizio della stagione se mi avrebbe tenuto in considerazione. Mi rispose di sì, giocai la prima partita con l’Inter e poi non giocai più dall’inizio. Dopo 10 partite, con Badelj squalificato tornai titolare e giocai bene, ma la partita dopo tornai in panchina. Gli chiesi spiegazioni, ma mi disse che aveva bisogno di altre caratteristiche così andai all’Espanyol in prestito. Magari se me lo avesse detto all’inizio della stagione…”.
Era in Spagna quando ha saputo della morte di Astori ed è crollato a terra in lacrime al termine della partita…
“Quella notizia è stata un fulmine. Terminata la partita contro il Levante mi si avvicinò un dirigente dell’Espanyol che mi disse cos’era accaduto e io crollai a terra in lacrime. Una notizia orribile, con Davide avevo un buon rapporto: è stato sempre disponibile ad aiutarmi e lo faceva col sorriso, un ragazzo che ti contagia. Era diventato il capitano e io cercavo di aiutarlo perché ero tra quelli con più esperienza nello spogliatoio. Parlavamo spesso in campo e fuori, non c’era motivo per non volergli bene. Ricordo che presi subito un aereo con la mia famiglia per dargli l’ultimo saluto a Firenze, a Coverciano e in Piazza Santa Croce. È stato il momento più triste della mia carriera. Ho visto che lo scorso anno gli hanno dedicato la qualificazione in Conference ed è stato un bel gesto dare il suo nome a uno dei campi del Viola Park”.
Este es el momento tras el @LevanteUD – @RCDEspanyol que cuenta @Jordi_gosalvez en el que le comunican a Carlos Sánchez el fallecimiento de Astori ex compañero suyo en la @acffiorentina pic.twitter.com/PtfKGVhBQt
— Radioestadio (@Radioestadio) March 4, 2018
Cosa pensa della Fiorentina attuale e se c’è un giocatore che le piace di più?
“Nico sta giocando molto bene, ma anche Biraghi è stato molto importante in questa stagione. Ho ottimi ricordi con Saponara, mi piace molto Castrovilli che è un giocatore interessante e Bonaventura ha molta esperienza. Dei miei compagni sono rimasti Milenkovic e i giovani Cerofolini, Sottil e Ranieri: questo parla bene del club perché protegge il suo patrimonio. Speriamo che possano vincere. In una finale conta molto come ci arrivi mentalmente e lo stato d’animo. Aver giocato contro l’Inter è un’esperienza importante che può servire in vista della gara contro il West Ham”.
Cosa le manca di Firenze?
“Viverci è stato meraviglioso. Mia moglie è una pittrice e ha avuto l’opportunità di studiare l’arte lì. Alla Fiorentina ho giocato molto di più che nel West Ham ed è stato un insegnamento enorme. Quello che mi manca di più di Firenze sono le cartoline: ovunque guardi c’è arte, fai una foto ed è meraviglioso, ogni stagione dell’anno è diversa e la città è divina. Abitavo vicino a Palazzo Rucellai e nelle sere libere amavo camminare e perdermi per il centro. Ero veramente tentato di restare a vivere a Firenze da quanto mi ero trovato bene e da come mi piaceva la città, poi avendo un’artista come compagna era qualcosa che mi tentava molto. Magari dopo che smetterò con il calcio torneremo”.
E com’è il suo presente in Argentina?
“Sono felice perché è un campionato dove ho sempre desiderato giocare: molti argentini in passato me ne avevano parlato bene, tra cui Gonzalo Rodriguez che mi aveva raccontato della passione della tifoseria di questo club storico e ora stiamo lottando per il primo posto con il River Plate. Mi trovo bene qui e ho ancora voglia di continuare in questo meraviglioso sport”.
Di
Mattia Zupo