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Bove: “Dopo il malore ho capito la mia vulnerabilità, non mi sento più invincibile”

Edoardo Bove al BSMT - Fiorentina

“All’inizio mi infastidiva lo sguardo della gente, poi ho capito la loro gioia sincera. So di essere stato fortunato”, racconta il centrocampista

Il calciatore della Fiorentina, Edoardo Bove, è stato ospite del podcast di Gianluca GazzoliPassa dal BSMT’, dove si è aperto e ha raccontato le sue emozioni dopo il malore subìto in Fiorentina-Inter dello scorso dicembre: “Ho la grande fortuna di aver giocato e vissuto in città splendide come Roma e Firenze. Firenze, in particolare, è un luogo straordinario, dove mi sono sentito a mio agio fin dal primo momento. È una città molto tranquilla, e le persone mi hanno sempre trattato con grande affetto“.

LO SGUARDO DELLA GENTE.Quando sono uscito dall’ospedale, ho subito notato un cambiamento nello sguardo delle persone nei miei confronti. All’inizio mi infastidiva: erano felici di vedermi, ma al tempo stesso provavano un po’ di compassione per me. Con il tempo ho capito che la loro gioia era sincera, e solo allora ho realizzato davvero la gravità di ciò che mi era accaduto.

VULNERABILE.Una parte di me fatica ancora a credere a quello che è successo quel giorno. Mi sono sempre sentito invincibile, quasi un supereroe, mentre ora mi sento molto più vulnerabile“.

IL MALORE.La prima cosa che ho fatto al risveglio è stata guardare quelle immagini. Volevo capire cosa fosse accaduto, perché mi ero svegliato in ospedale senza ricordare nulla. All’inizio non mi davano fastidio, ma col tempo rivederle mi fa tornare indietro. L’altro giorno le ho guardate e mi hanno colpito di più. All’inizio la mia reazione è stata razionale: ‘Ok, è successo, ora devo reagire’. Ma ora, riguardando tutto, mi rendo conto di quanto sto recuperando, anche mentalmente. Allo stesso tempo, però, rivedere quelle immagini mi fa fare qualche passo indietro. Mi vengono in mente domande quasi infantili, del tipo: ‘Perché gli altri possono giocare e io no?’. Poi, riflettendo, capisco di essere fortunato. Questo l’ho compreso subito vedendo lo spavento dei miei familiari. Il loro volto mi ha fatto realizzare tutto. E allora un po’ di senso di colpa viene fuori quando mi pongo certe domande. So di essere stato fortunato, ma certi pensieri nascono comunque. Inoltre, sono diventato molto più emotivo. All’inizio ho persino pensato: ‘Che figuraccia!’. Non mi ero mai mostrato così vulnerabile di fronte alle mie debolezze.”.

DEFIBRILLATORE.Mi hanno detto che la batteria va sostituita ogni otto anni, il che significa essere dipendente dal dispositivo e dover affrontare un intervento. Ora devo solo lavorare sui dorsali a destra per riequilibrare… È un tema su cui sto ancora informandomi, cercando di capire meglio. Il defibrillatore non impedisce di ottenere un certificato per alcuni sport, soprattutto quelli senza contatto, ma dipende anche dalla patologia. In Italia, al momento, non è consentito giocare con il defibrillatore, quindi se lo mantenessi non potrei competere nel paese. Tuttavia, si tratta più di una questione normativa che medica. All’estero, invece, puoi firmare una liberatoria e assumerti la responsabilità. Tenerlo o no? Ho visite importanti in programma che mi chiariranno se esiste la possibilità di rimuoverlo e quali sarebbero le conseguenze. Non escludo nulla. Alla fine, però, posso fare tutti i controlli che voglio, ma la cosa essenziale è la mia salute e la mia tranquillità mentale. Se non mi sentissi sicuro senza il defibrillatore, potremmo discuterne per ore, ma la scelta sarebbe ovvia. Ognuno ha le proprie considerazioni e il proprio modo di intendere la vita. Alla fine, giocare al campetto con gli amici o in competizione farebbe davvero la differenza?“.

L’IMPORTANZA DELLO SPORT.Lo sport è la prima esperienza che insegna ai bambini il senso di responsabilità. Chi non può praticarlo sente davvero una mancanza. Per me lo sport ha significato valori, rispetto. Non poter giocare, stare fermo, mi fa dubitare di me stesso. Sono Edoardo che pratica sport, ma questa versione di me senza sport può andare bene?“.

FIORENTINA-INTER.Della ricordo anche le azioni prima dell’accaduto. Ricordo il gol di Lautaro, in quel momento ho iniziato a sentire un leggero giramento di testa. Il cuore? Nulla. Pensavo fosse un calo dovuto all’alimentazione, perché non sentivo dolore al petto né altro. Mi sono accasciato come se dovessi allacciarmi le scarpe, perché non mi sentivo bene. Ma forse ho peggiorato la situazione: rialzandomi, sono crollato. Non ho percepito nulla. So che ogni persona vive situazioni diverse, ma io non ho avuto alcun segnale dal mio cuore. Mi sono risvegliato senza ricordare il viaggio in ambulanza, solo qualche flash. Quando ho aperto gli occhi, mi toccavo la testa e le gambe, pensando di aver avuto un incidente. Anche in ambulanza ho fatto un bel caos. Dopo la rianimazione, sono shock che restano dentro. Cercavo di mordere, ero fuori controllo. Non ricordo nemmeno le prime persone che ho visto. So che erano l’allenatore, il direttore sportivo e il direttore generale, ma non ho memoria di quei momenti. Quello che mi colpisce di più è come il cervello, senza che tu glielo chieda, crei un meccanismo isolato, facendo dimenticare certi dettagli“.

IL SUPPORTO DI ERIKSEN.Due giorni dopo il malore ho avuto modo di parlare con Christian Eriksen. Non lo conoscevo personalmente, ma è stato davvero gentile. Mi ha mostrato grande vicinanza e abbiamo parlato subito. Alla fine, c’è una sorta di legame naturale tra chi ha vissuto esperienze simili. Mi ha anche dato un consiglio prezioso: prima di tutto restare tranquillo, prendermi del tempo per riposare con la mia famiglia e poi affrontare tutte le visite necessarie, perché è quello che conta davvero“.

Qui la puntata completa del podcast:

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