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Editoriali

Tutte le contraddizioni di una stagione da mangiarsi le mani. L’ambizione è rimandata, il futuro è un rebus

I tifosi attaccano direttore sportivo e allenatore: delusione al termine di un’annata paradossale. Il primato di punti dell’era Commisso e un’Europa ancora (teoricamente) possibile

Premessa: l’Europa è ancora possibile. La vittoria contro il Bologna di Italiano e il pareggio della Lazio contro l’Inter danno ancora una piccola possibilità alla Fiorentina di sperare nella qualificazione in Conference League. E se per diversi, a Firenze, pare comunque una prospettiva non certo esaltante (fare per un’altra volta l’ultima coppa europea, dove comunque l’anno prossimo ci saranno il Lione e probabilmente una tra Chelsea e Nottingham Forest), le percentuali di riuscita non risultano particolarmente alte: oltre a una vittoria viola a Udine servirebbe la sconfitta dei biancocelesti di Baroni contro un Lecce in lotta per la salvezza.

CONTESTAZIONE. Il dato di fatto però racconta di una Fiorentina che ha deluso (e non poco) le aspettative della piazza. Al di là del risultato che si avrà domenica in tarda serata, verrebbe da dire. La presa di posizione degli ultras contro il Bologna, apice di un malumore che si percepisce chiaramente in città, è stata evidente. Una contestazione che non ha risparmiato allenatore e direttore sportivo, entrambi invitati ad andarsene senza mezze parole. Finale di una stagione vissuta tra mille contraddizioni, continui alti e bassi, obiettivi svaniti. Ma non tutti, appunto, perché a 90 minuti dal termine l’Europa è ancora possibile.

UP & DOWN. Certo, considerato che fino ad un paio di settimane fa la Fiorentina vedeva da non troppo lontano anche la zona Champions, l’amarezza è comprensibile. Oltre al fatto di aver visto svanire la prospettiva di un’altra finale europea, mentre la Coppa Italia era stata abbandonata prematuramente a dicembre. A pochi giorni, però, dalla ‘botta’ ricevuta per il malore a Bove. Il più grande degli imprevisti di un’annata che ha visto la Fiorentina sull’ottovolante delle vittorie, per poi passare rapidamente dall’essere a un passo dal primato a un posto fuori dalla zona Europa.

PRIMATO DI PUNTI, MA… Contraddizioni, appunto. Come le vittorie contro Inter, Atalanta, Juve, Roma, Lazio, Milan, Bologna, controbilanciate dai 10 punti persi contro Venezia e Monza, oltre a quelli con Empoli, Parma e Verona. Da mangiarsi le mani, appunto, perché con pochi punti in più la Fiorentina avrebbe potuto togliersi grandi soddisfazioni. Invece no. Come spesso capita a queste latitudini. E allora giù fischi, striscioni, contestazione. Il paradosso, l’ennesimo, è che la squadra di Palladino ha già eguagliato i punti del primo anno di Italiano (62, con una gara da giocare) per il primato dell’era Commisso, miglior risultato (per ora appunto insieme al 2021/2022, quando però non c’era l’Europa) degli ultimi 10 anni. Dovesse vincere a Udine arriverebbe a 65 punti, quota mai toccata dal 2013/2014 con Montella. Potrebbe non bastare per la Conference, traguardo centrato per due anni anche con l’8° posto grazie alla squalifica della Juve prima e del posto europeo in più per l’Italia poi. Per questo dunque fare paragoni con gli anni scorsi regge fino a un certo punto.

L’AMBIZIONE. In ogni caso, nel merito, è ad oggi forse eccessivo parlare di totale fallimento, rispetto agli ultimi anni. Delusione sì, senz’altro. Certo, se l’obiettivo era la Champions e andarsi a giocare la finale di Conference con il Chelsea, è un altro discorso. E qui si torna alla tanto decantata ambizione. Parola da tutto e niente, in fondo: da capire come verrà interpretata dalla società quando verranno fatte le famose ‘riflessioni’ annunciate da Pradè. Il problema semmai è come la Fiorentina è arrivata in fondo alla stagione. Senza una vera idea di calcio se non difendersi, compattarsi, creare un gruppo forte (questo sì, non si può negare), affidarsi ai colpi dei singoli (Kean e De Gea su tutti). Lì bisogna capire se si vuole proseguire questa strada o se la direzione deve essere un’altra. E soprattutto se va bene galleggiare sempre in zona 7° posto: un anno può andare un po’ meglio, anche in quanto a fortuna (vedi appunto la Conference con l’8° posto), un anno un po’ peggio e rimani fuori dall’Europa. Il presidente Commisso, che non è stato toccato direttamente da cori e striscioni, ha confermato un paio di settimane fa l’allenatore con decisione. Cambierà qualcosa senza l’Europa? Dopo la contestazione della piazza? Difficile. Vedremo. Mentre Palladino ha fatto capire che il malcontento della tifoseria non lo porterà a fare un passo indietro.

ROSA PIU’ FORTE? SI’, MA… Un’altra contraddizione? La costruzione della rosa. È una Fiorentina più forte del passato? Nei singoli senz’altro sì. Giudizio unanime da parte di società, allenatore, tifosi. Ma il paradosso è che la coperta è rimasta corta in troppi reparti. Colpa di un’evidente sfortuna, è vero, dal caso Bove ai problemi di Kean, dai lunghi infortuni di Gudmundsson a Cataldi e Adli, fino all’appendicite di Dodo. In una stagione lunghissima e decisa poi nei dettagli, in pochi punti in più o in meno, ha fatto la differenza. Ma da inizio anno questa rosa non ha un vero vice Kean, e a gennaio è stato venduto l’unico che più o meno provava a fare quel ruolo (Kouame): nessuna squadra che gioca ogni tre giorni ha un solo attaccante (neanche chi fa solo il campionato, in realtà), perché per quanto forte e indistruttibile i nodi possono venire al pettine alla fine. Una punta di riserva, da mettere magari anche insieme a Kean, avrebbe dato senz’altro una mano (nei famosi dettagli decisivi). A destra Palladino è rimasto con un solo esterno di ruolo per mesi, adattando via via Folorunsho, Parisi e Moreno. In mezzo tanta scelta, ma un solo regista vero (Cataldi). Si potrebbe andare avanti ancora, come su Zaniolo preso praticamente per fare il centravanti.

GIOCO E SINGOLI. Quindi nel ballo delle responsabilità, insomma, si può discutere. Come su un allenatore che sicuramente ha un’idea di calcio molto diversa del predecessore, che ha mandato in campo una Fiorentina raramente padrona del gioco, dominante e capace di sapere cosa fare palla al piede, ma che ha saputo anche trovare contromisure tattiche in una stagione complicata, e soprattutto saputo valorizzare diversi giocatori (Kean, Comuzzo e Mandragora su tutti). Siamo sicuri, ad esempio, che Moise avrebbe fatto 24 gol nei meccanismi di gioco di Italiano? Il dubbio resta.

LE SCELTE DI COMMISSO. Ci sarà tempo per capire come e da chi ripartire, e l’impressione è che senza Europa la società dovrà fare un grande sforzo di credibilità con tanti giocatori per trattenere i migliori. Ma per i tifosi i processi sono già iniziati. “Salta la panchina”, il coro per un allenatore che ha poi vinto la partita di domenica, critiche decise a Pradè che pure ha gestito un mercato giudicato ai tempi da quasi tutti come più che buono. Evidente la delusione per un salto di qualità ancora mancato. Eppure Commisso, che ha sempre chiesto tempo e pazienza ma in sei anni non ha mai guidato la Fiorentina oltre il 7° posto e la Conference, non è stato per ora chiamato in causa dalla Fiesole. Ancora una volta dalle scelte delle prossime settimane si capirà in che direzione vuole andare la sua Fiorentina.

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