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Editoriali

Silenzi e contatti, la settimana chiave per la panchina. Pioli, Baroni, Gilardino: il filo conduttore è il legame con Firenze

Profili esperti o giovani su cui puntare, gli incastri delle panchine e una scelta da non sbagliare. Commisso è a un bivio

E’ passata quasi una settimana dalle dimissioni di Raffaele Palladino. Da quella conferenza stampa di Commisso, Pradè e Ferrari seguita, il mattino dopo, dal passo indietro dell’allenatore napoletano. Sei giorni tra chiamate, incontri, contatti, comunicati duri dei tifosi. Quattro anni fa, quando Gennaro Gattuso e la Fiorentina si separarono improvvisamente ancor prima di iniziare, passarono 13 giorni prima dell’ufficialità di Vincenzo Italiano. Ma erano tempi diversi, la Fiorentina veniva da anni di lotte salvezza, poteva ricostruire attorno ad un tecnico giovane con idee innovative, a cui concedere anche tempo.

IDEE ED EQUILIBRIO. Adesso invece la decisione avrà un peso diverso. Raggiunto il 6° posto, ma non ‘scavallato’ il limite della Conference, la gestione Commisso è a un bivio importante. Riuscire a rilanciare, davvero, con un allenatore che possa realmente aprire un nuovo ciclo e fare uno step in più, oppure dar seguito alla preoccupazione di una parte importante della tifoseria che non vede grosse prospettive di crescita per questa società. L’obiettivo che ha davanti a sè la dirigenza è duplice: da una parte puntare sulle idee di calcio giuste dopo un’annata giudicata non deludente (dai diretti interessati) ma deficitaria dal punto di vista del gioco, dall’altra scegliere una persona, prima che un allenatore, che sappia dare più equilibrio e più unità ad una Firenze in fibrillazione e divisa.

LEGAME CON FIRENZE. Non è un caso che i tre candidati forti per la panchina viola abbiano un unico comun denominatore: il legame con Firenze. Il senso di appartenenza e il sentimento di riconoscenza alla piazza, pur con motivazioni e storie diverse. Stefano Pioli, Marco Baroni e Alberto Gilardino. Idee di calcio diverse, esperienze differenti. Ma persone con un passato legato alla Fiorentina e alla città.

DUE VOLTE. Stefano Pioli è stato a Firenze da giocatore tra il 1989 e il 1995, poi da allenatore tra il 2017 e l’aprile 2019. Nell’ultima fase della gestione Della Valle ha sfiorato l’Europa con la Fiorentina, ma soprattutto ha guidato lo spogliatoio e la città in una delle fasi più drammatiche della storia viola, nei mesi della tragedia per la scomparsa del Capitano, Davide Astori. Un legame profondissimo con Firenze e la Fiorentina, quel tatuaggio DA13 sul braccio, un modo di fare trasparente che non lascia spazio a dietrologie. Fermo restando la capacità di farsi sentire nelle stanze che contano. Il suo curriculum è stato poi impreziosito dall’avventura al Milan, dove ha dimostrato di sapersi aggiornare calcisticamente e soprattutto di saper far giocare bene la propria squadra. Una dimensione internazionale che lo ha portato in Arabia, al ricco contratto da 12 milioni a stagione all’Al-Nassr: qui sta il principale degli inghippi, prima ancora di pensare alla concorrenza di Atalanta o Juventus.

IL FIORENTINO. Poi Marco Baroni. Fiorentino di Tavarnuzze, cresciuto nel settore giovanile viola. Tanta gavetta, fino alla doppia salvezza miracolosa con Lecce e Verona e all’annata con la Lazio. Negli occhi gli ultimissimi mesi di stagione in biancoceleste, in cui con una rosa non così profonda ha pagato dazio dopo una prima parte di annata vissuta ad alti livelli tra campionato ed Europa. Il primo posto nella League Phase di Europa League, con le vittorie prestigiose contro Ajax, Porto e Real Sociedad, un campionato vissuto sempre tra 4° e 5° posto, fino al tracollo delle ultime giornate (per inciso ha perso pochissimi punti con le medio-piccole, e visto l’andazzo fiorentino…). Soprattutto un’idea di calcio che finché ha avuto uomini a disposizione ha toccato picchi di entusiasmo all’Olimpico. È venuto via dalla Lazio per sua scelta, senza comunque trovare grossa opposizione da Lotito che ha riaccolto Sarri. Baroni verrebbe di corsa a Firenze, potrebbe trovare la porta aperta.

IL BOMBER. Di Alberto Gilardino giocatore invece impossibile non ricordare le 4 stagioni e mezzo con 63 gol complessivi, la notte di Anfield, le serate europee. Compirà 43 anni tra un mese, da allenatore la gavetta (anche a Siena) e il salto al Genoa, dalla Primavera alla Prima Squadra. Punti di forza? Un calcio pragmatico (in certi casi non troppo distante da Palladino) e soprattutto la valorizzazione di Gudmundsson, che con l’ex bomber di Biella potrebbe diventare centrale nel nuovo progetto. Ma anche, tornando al discorso di partenza, un uomo, Gilardino, molto legato a Firenze.

OCCHIO AI GIOVANI. Nel caso dell’ex Genoa si tratterebbe però di un profilo giovane, fautore di un calcio che non andrebbe troppo in discontinuità con quello dell’ultima stagione. Tra pro e contro. Una settimana chiave per la panchina viola, condizionata inevitabilmente dalle decisioni che verranno prese anche a Bergamo (dove pensano seriamente a Pioli) e a Torino, sia sponda bianconera che granata (dove Cairo spinge per Baroni). Gli outsider? Profili sì giovani ma con idee di calcio precise. Il toscano (di Barga) Francesco Farioli, 36 anni con già esperienze europee tra Turchia, Nizza ed Ajax (con il finale di campionato incredibile – in negativo – ma anche con un’annata che ha riportato gli olandesi ad alti livelli pur con una rosa sulla carta non ai livelli del PSV e per certi versi del Feyenoord), e Daniele De Rossi, 42 anni legato in particolare a Pradè e già cercato in passato dalla Fiorentina. Nessuna pista si può escludere a priori, il giro di consultazioni è in corso ma la sensazione è che difficilmente si andrà (e si potrà andare) per le lunghe. Ma la decisione sarà importante come non mai.

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