Intervista all’ex allenatore delle giovanili della Fiorentina che racconta la sua esperienza con il nuovo portiere viola
Se n’era andato da adolescente, da promessa del calcio italiano, per trasferirsi in uno dei club più importanti al mondo. Come Pepito e Macheda. Adesso torna a Firenze da uomo, maturo ed esperto, ma con la personalità che lo ha sempre contraddistinto. “Credo che possa dare del brio allo spogliatoio. Lo reputo un portiere molto forte. Terracciano è stato affidabilissimo nella passata stagione, ma Gollini è di un altro livello. Penso che potrà diventare il portiere della Nazionale, ne sono convinto. Non vedo tanti più forti di lui. Mi chiedo cosa sia successo all’Atalanta per essere stato ceduto dopo stagioni eccellenti”. Pensieri e parole di Leonardo Gabbanini, ex allenatore delle giovanili viola che ha avuto Gollini nella sua unica stagione in riva all’Arno. Finora.
Il frinire delle cicale accompagna la voce dell’ex allenatore viola ai microfoni di LaViola.it, tra ricordi e aneddoti. “Allenavo i ‘94, lui era del ‘95 ma fece la stagione con noi. Avevamo anche Lezzerini con cui si alternava, ma sin da subito fece capire il carattere che aveva. In quanto a talento puro era evidente che Gollini avesse qualcosa in più, senza nulla togliere al mio amico Lezze”. Sorride l’ex allenatore di Pistoiese, Civitanovese e Oradea, che con Gollini aveva instaurato un rapporto speciale. “Siamo due persone fuori dagli schemi, quindi mi sono trovato molto bene: aveva una personalità incredibile sin da ragazzino. E’ un vero portiere, matto, pieno di talento e ambizione. Di Pierluigi ho un ricordo davvero eccezionale. Rispetto alla personalità lineare dei suoi compagni, lui certe volte se ne usciva con domande che ti mettevano in difficoltà, ma sempre in maniera positiva. Per esempio, quando facevamo la staffetta col suo compagno di reparto, magari veniva a sincerarsi chiedendomi: “Ma lo sai che sono più forte, vero?”. Ma a quell’età era giusto dare spazio a entrambi”.

Un rapporto nato in campo e proseguito fuori, quello tra l’allenatore e il giovane portiere nato a Bologna. “Non ho social network, vivo di ricordi e fotografie che mi rimangono in testa. Non dimentico che al Torneo Arco di Trento giocò tutte le partite facendo molto bene. Arrivammo in semifinale e molto merito era delle sue parate. Negli anni ogni tanto mi ha scritto, piccoli messaggi e battute che dimostrano come sia rimasto il solito ragazzo, mentre altri si sono totalmente trasformati”.
Dopo essere tornato alla Fiorentina nel 2016 per allenare i 2001, Gabbanini ha chiuso la sua esperienza in panchina. “C’è stato un cambio generazionale. La mia forza da allenatore era quella di entrare nella testa dei ragazzi, era quello che mi appassionava di più, ma con gli anni ho visto che il mondo andava in una direzione molto più formale: ai giovani dico di essere un pochino più veri e montarsi meno la testa”. Il 42enne però non ha lasciato il mondo del calcio. Come Gollini ha lavorato in Inghilterra e negli ultimi 3 ha ricoperto il ruolo di capo scout al Watford. “Ho avuto la fortuna di entrare a lavorare con quello che è la miglior presidenza per quanto riguarda l’attenzione allo scouting: la famiglia Pozzo. Questo rapporto è finito ieri l’altro: ho dato le dimissioni perché sentivo il bisogno di una nuova sfida che prossimamente sarà ufficiale”.
Come detto, l’Inghilterra è un Paese che li accomuna. Dopo la stagione a Firenze, Gollini si trasferì al Manchester United. Una notizia che fece molto rumore in casa viola, visto che i Red Devils lo tesserarono a parametro zero. “Credo sia stata una decisione pura: quando un bambino che gioca a calcio viene chiamato dal Manchester United di Giggs, Ronaldo e Ferguson, si innamora della situazione, non vedo dietrologie in nessun caso. Ho anche sentito storie che lui si presentò lì e disse che era stato chiamato per la Prima Squadra: se fossero confermate, sarebbe una cosa meravigliosa perché ha dimostrato personalità e follia, ma non voleva essere presuntuoso, ve lo posso garantire. È un ragazzo pieno di personalità vera, non come quella di Balotelli, che per anni è stata presa da esempio, quando invece è sciocchezza”.
Da giovane talento a rapper con i guanti. Oltre dieci anni di crescita continua e un percorso non sempre lineare. “E’ migliorato in tutto. Pensate che alla SPAL giocava da difensore centrale, poi andò a un Milan Camp e diventò portiere. Dopo una o due stagioni tra i pali lo prese la Fiorentina. Tecnicamente non era così preparato, ma la sua potenzialità grezza era da Nazionale. Nessuno però si può prendere il merito di dire che Gollini è diventato così grazie a qualcuno, perché è nato così. Grazie ai suoi genitori. Quando era in campo mi sentivo sicuro, nonostante fosse un matto nelle uscite”. La stessa sicurezza che adesso si augura di trovare Vincenzo Italiano. Dopo una prima stagione caratterizzata dall’alternanza tra Terracciano e Dragowski, nelle prossime ore la Fiorentina ha un nuovo numero uno.

Di
Mattia Zupo