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Editoriali

Perché c’è così tanta differenza tra Firenze e il resto d’Italia nel giudizio sulla Fiorentina?

Palladino - Fiorentina

Tra chi vive quotidianamente di Fiorentina e gli osservatori esterni sembra esserci un cortocircuito sulle valutazioni del campionato dei viola. Chi ha ragione?

Nonostante la matematica conceda ancora uno spiraglio alla Fiorentina per agguantare la Conference League all’ultima giornata, in caso di vittoria a Udine e contemporanea sconfitta della Lazio col Lecce, sono già partiti i bilanci dell’attuale stagione. La maggioranza dei tifosi viola (e anche degli addetti ai lavori vicini alla Fiorentina) considerano il campionato della squadra di Palladino come un totale fallimento. Esemplare è la contestazione della Fiesole avvenuta la scorsa domenica, quando il tifo organizzato viola ha chiesto senza mezzi termini la ‘testa’ di Palladino e Pradè. Chi invece guarda a Firenze con occhio più distaccato, da latitudini più distanti, si chiede che cosa possa volere di più il popolo viola da questa squadra, che ha fatto un’altra semifinale di Conference League, che fino a poche settimane fa lottava per la Champions e che a Udine può fare il record di punti degli ultimi 10 anni.

Perché c’è tutta questa differenza nel giudizio della stagione della Fiorentina? Cercando di essere il più possibile obiettivi, la verità sta nel mezzo. Presa singolarmente, il 2024-25 della Fiorentina – ipotizzando che non andrà in Conference League – non è stato né un disastro ma neppure un trionfo.

CAMPIONATO. La squadra di Palladino in campionato ha 62 punti, con i quali solitamente si va in Europa tranquillamente: in questo è sicuramente sfortunata. I viola sono stati in lotta per la Champions – anche se sempre costretti a inseguire – fino a un paio di settimane fa, quando è arrivata la sconfitta con la Roma. L’andamento da montagne russe che la Fiorentina ha avuto per tutto il campionato non ha aiutato nel giudizio: Ranieri e compagni sono stati capaci di vincere contro quasi tutte le grandi del nostro calcio (tranne il Napoli) e di subire sconfitte umilianti contro le peggiori della Serie A. Su tutte, è stata proprio la sconfitta col Venezia a far esplodere il malcontento a Firenze, così come a gennaio fu il ko di Monza a far imbestialire il popolo viola, società compresa.

CONFERENCE. Nelle coppe, i più positivi affermano che la semifinale di Conference League è un vanto. A essere onesti, guardando al livello (molto basso) della competizione la semifinale è probabilmente l’obiettivo minimo che una società come la Fiorentina deve prefiggersi approcciandosi a questa competizione. Il tutto senza considerare che la squadra veniva da due finali consecutive, quindi chiaramente l’uscita col Real Betis è stata inevitabilmente vista come un peggioramento rispetto alle ultime stagioni. Tuttavia, a Palladino è toccata la semifinalista più forte tra quelle affrontate in questo triennio (Basilea e Club Brugge le altre).

COPPA ITALIA. Nella coppa nazionale la Fiorentina è uscita subito e contro l’Empoli. C’è poco da dire: un risultato molto deludente. La Coppa Italia resta un’occasione enorme per tornare a vincere, lo ha appena dimostrato il Bologna. E sappiamo quanto questa assenza di trofei stia avvelenando un ambiente che è arcistufo di rimanere a bocca asciutta. Ma ci torneremo. Sta di fatto che la Fiorentina è uscita ai rigori contro una squadra decisamente più debole, ma lo ha fatto pochi giorni dopo la vicenda di Bove, giocando una prima parte di gara palesemente condizionata da ciò che era successo pochi giorni prima.

IL GIOCO NON CONVINCE. In generale, i risultati sono modesti ma non disastrosi. A questo però vanno aggiunte altre considerazioni. L’idea di gioco di Palladino non ha mai convinto a pieno: sicuramente il tecnico ha in mano lo spogliatoio, perché a questa squadra non si può certo imputare la mancanza di impegno, tuttavia, a parte una buona fase difensiva per larghi tratti della stagione, il gioco della Fiorentina troppo spesso si è ridotto alla ricerca spasmodica di Kean per uscire dalle situazioni di difficoltà che ogni partita di calcio ti mette di fronte (e l’attaccante italiano è stato fenomenale nell’interpretare questo ruolo). In molti, da Firenze, imputano a Palladino che non sia riuscito a dare una vera e propria identità alla squadra.

I PROBLEMI DELL’ORGANICO. C’è poi la questione valore della rosa. Questa Fiorentina è la più forte della gestione Commisso, è dato per scontato da tutti. E negli undici titolari è una verità indiscutibile. Dove però la squadra mostra tutte le sue lacune è nella profondità: il mercato di gennaio ha riempito alcune caselle, ma ne ha svuotate tremendamente altre: la Fiorentina ha ceduto Kouame a gennaio ed è dunque rimasta con una sola punta in rosa. Inaccettabile anche per una squadra di medio-basso livello, figuriamoci per una che gioca ogni tre giorni. Allo stesso modo, ha lasciato andare Kayode in Inghilterra senza acquistare un vice Dodo, trovandosi in enorme difficoltà quando il brasiliano ha alzato bandiera bianca per l’appendicite. Infine, a centrocampo ha preso tanti giocatori, ma nessuno che davvero potesse sostituire Cataldi per caratteristiche in cabina di regia. Insomma, Palladino non ha tutte le colpe, perché si è trovato ad avere in mano una rosa difettosa dopo il mercato di riparazione. Mercato che però lui stesso aveva promosso a pieni voti a febbraio.

Un campionato con tanti alti e bassi, ma sempre a lottare per le posizioni europee e per un trofeo solo sfiorato nei due anni precedenti, con la squadra che però si è sciolta sul più bello. La Fiorentina ci ha provato, ma non è riuscita a fare quel miglioramento che la società come obiettivo a inizio stagione. In campionato, almeno in termini di piazzamento, e nelle coppe. Ma i viola sono stati lì, fino all’ultimo, con le più forti. Con tutto in ballo fino a maggio. Ma allora ha ragione chi ritiene che il popolo viola sia troppo severo? Chi pensa che i fiorentini siano troppo pretenziosi?

IL CONTESTO. Non c’è una risposta completamente esatta, ma c’è una cosa che gli osservatori esterni non riescono a comprendere: il contesto in cui si trovava la Fiorentina in questo 2025. Fuori Firenze, probabilmente, non si riesce a intercettare la gigantesca sofferenza che le tre finali perse hanno inflitto a un popolo che brama di tornare ad alzare un trofeo da quando è risalita in Serie A dopo il fallimento. Un trofeo che manca da 24 anni, ovvero la striscia più lunga della storia della Fiorentina. Chi osserva da fuori non capisce quanto possa essere logorante l’assenza di una qualificazione in Champions League da più di 15 anni. Non ricorda nemmeno che quando la Fiorentina arrivava quarta con regolarità (tre stagioni di fila dal 2013 al 2015) di italiane nella massima coppa ne andavano tre. Altra beffa del destino.

La Fiorentina non può puntare a vincere ogni anno? Vero, ma negli ultimi 10 anni TUTTE le dirette concorrenti per le posizioni europee hanno portato a casa almeno un trofeo – a questa statistica si è appunto aggiunto il Bologna sette giorni fa -. La Fiorentina non può qualificarsi per la Champions League ogni stagione? Altrettanto vero, ma negli ultimi 10 anni TUTTE le dirette concorrenti ci sono riuscite almeno per una volta. La squadra viola è l’unica rimasta a bocca asciutta.

L’osservatore che pensa di essere neutrale non prende in considerazione che, nel paragone con le altre, la Fiorentina è rimasta indietro. Soprattutto, non comprende quanto questa sofferenza possa bruciare dentro un popolo orgoglioso e ferito allo stesso tempo. E una tifoseria con queste ferite reagisce con rabbia. A volte può sembrare esagerato, ma deriva dal troppo amore. Dalla passione infinita che viene costantemente messa a dura prova, negli anni bui con stagioni anonime o terribili, nell’ultimo quadriennio con la costante sensazione dell’avvicinarsi al sole per poi bruciarsi.

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