Inizia il mese decisivo per la Fiorentina. La squadra viola può riscrivere la propria storia. La querelle sul Franchi continua, è esplosa nel momento sbagliato e non se ne vede la parola fine
Inizia il mese che può permettere alla Fiorentina di riscrivere la propria recente storia. Nei prossimi trenta giorni la formazione viola si giocherà l’accesso in finale di Coppa Italia, nelle semifinali di Conference League e un pass per la prossima Europa anche attraverso il campionato. Una situazione tale non si verificava dai tempi di Montella, precisamente dal 2015, quando la Fiorentina arrivò in semifinale di Coppa Italia e di Europa League, poi uscendo da entrambe le coppe, ma raggiungendo comunque il quarto posto (allora valido per l’Europa League).
TUTTO. Difficile riuscire ad ottenere tutto, sia perché nei prossimi 30 giorni la Fiorentina dovrà disputare nove gare, sia perché Italiano non ha a disposizione una rosa composta da 25 ‘campioni’. Gestire le energie fisiche e mentali sarà fondamentale. Guai a commettere sciocchezze, che sia un giallo come quello rimediato da Biraghi col Sivasspor al Franchi con conseguente squalifica per la gara di ritorno o il voler proseguire nonostante un muscolo che già dava segni di dolore come fatto da Terzic a Verona, guai ad anteporre l’io al noi, perché adesso ancor più che in altri periodi c’è bisogno di tutti. Con Italiano l’occasione può arrivare da un momento all’altro, ma va conquistata col lavoro. Difficile, dicevamo, che la Fiorentina metta a referto da qui al termine della stagione solo vittorie tra Serie A e coppe, ma per quanto visto nel periodo pre-sosta sarebbe un errore rinunciare a qualcosa a priori. Servirà molto coraggio. Probabile, tuttavia, che la Fiorentina dia priorità alle gare con Cremonese e Lech Poznan, provando ad alzare al cielo un trofeo che da queste parti manca da oltre vent’anni. La gara con l’Inter a San Siro farà da apripista, sperando di poter ritrovare la stessa Fiorentina che avevamo lasciato prima delle nazionali.
STADIO. ‘Purtroppo’ l’avvicinamento alla gara coi nerazzurri di Inzaghi, ma soprattutto a quello che sarà il mese clou della Fiorentina a livello sportivo, è stato contraddistinto da una serie di intoppi sul fronte restyling del Franchi che ha monopolizzato le attenzioni di tutti, distraendo dal tema campo. Il purtroppo non è da intendersi come dispiacere per la piega presa dalla vicenda, ma piuttosto perché, piacesse o meno, almeno era stata trovata una soluzione. Chiaro che ci fossero già di per sé delle problematiche. Sia a monte, per mille motivi che dovrebbero ormai essere chiari, come il vincolo sul Franchi (è un monumento non per volontà di Nardella o del Comune di Firenze, ed è un monumento anche se non ci vengono i turisti a visitarlo), come la volontà da parte di Commisso di aver il ‘total control’ (motivo per cui naufragò la vicenda Mercafir e non fu certo amore a prima vista per i vincoli sull’impianto di Campo di Marte per cui, nelle sue idee, c’era l’abbattimento almeno delle curve) e come una serie infinita di ostacoli sulle varie possibili alternative (da Campi Bisenzio in giù, ipotesi solamente abbozzata tramite l’aver opzionato un terreno). Ma anche emerse via via, dal tema ricavi a quello spese, passando dalla convenzione che permette alla Fiorentina di pagare un tot per giocare al Franchi al doversi fare carico dei costi di giocare altrove. Tra l’altro, dove?
SENZA FINE. Da quando è emerso il piano Pnrr del Restyling del Franchi, da una parte Commisso ha sempre ribadito di non volerci mettere un euro, mentre dall’altra il Comune ha sempre parlato di aumenti di ricavi futuri per la società. Il tutto senza dimenticare che, volendo, Commisso avrebbe potuto far fare tutti i lavori del mondo al Franchi salvo poi decidere di far giocare comunque altrove la Fiorentina. A che pro? Solo per principio? Chissà. D’altronde il patron della Fiorentina avrebbe voluto costruire con soldi propri uno stadio di proprietà, che restasse sì a Firenze e alla Fiorentina, ma che potesse mettere a bilancio come patrimonio del club viola, in modo tale da poter alzare ricavi, fatturati e spese. Ciò non gli è stato permesso, o meglio non è stato possibile farlo (‘in America, se un privato vuole fare investimenti, viene aiutato non ostacolato’). Dall’altra parte si è perseguito un’altra strada, forse più politica, facendo altresì finta che quanto è stato progettato (ancora argomento del contendere) fosse in linea con quanto l’altra parte richiedeva. Insomma, tutto nato male. E ancora non si intravede la parola fine.
Di
Gianluca Bigiotti