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Editoriali

L’ora della rivincita: Fiorentina a caccia della gloria. Per regalare gioia immensa a una tifoseria troppe volte ferita

Vincere ad Atene vorrebbe dire regalare ai tifosi della Fiorentina un lieto fine che manca da troppo tempo

L’attesa sta per terminare. Stasera, ore 21, all’AEK Arena Fiorentina e Olympiacos scenderanno in campo per la finale di Conference League.

L’appuntamento sembra giungere al momento perfetto per chiudere un ciclo: quello di Italiano sulla panchina viola. Dopo tre anni, dopo la doppia delusione dell’anno scorso (arrivata però al culmine di una grande cavalcata nelle coppe), dopo la scomparsa di Joe Barone lo scorso marzo, non potrebbe esserci momento migliore per alzare una coppa. Oltretutto, va sempre ripetuto, avrebbe un significato straordinario per questa proprietà e per la storia del club, visto che la bacheca è vuota dal lontano 2001. Insomma, vincere un trofeo con queste circostanze sarebbe il degno finale di una di quelle storie sportive a lieto fine.

Il problema è che la Fiorentina non è per niente avvezza agli happy ending. Anzi, il dolore provato dal popolo viola l’anno scorso al gol di Bowen è ancora lì, come una vecchia ferita che ogni tanto si fa sentire. E che da giorni ha ripreso a pulsare. L’idea malsana di finire nella storia dalla parte sbagliata accarezza più o meno frequentemente i pensieri del tipico pessimista fiorentino. Ecco perché la tensione è a mille tra i tifosi viola.

A ciò si aggiungono le preoccupazioni ambientali, in un’Atene caldissima, con tre tifoserie casalinghe rivali (AEK Atene, Panahtinaikos e appunto Olympiacos) sul piede di guerra, oltre ovviamente all’arrivo dei tifosi della Fiorentina. Almeno 6mila agenti di polizia saranno presenti per blindare la città, le regole per accedere allo stadio saranno molto rigide. Ciò che non vogliamo vedere sono situazioni anche solo simili a quello che la Fiorentina dovette subire a Roma nel 2014, sempre in una finale, stavolta di Coppa Italia, nella quale perse la vita il tifoso del Napoli Ciro Esposito per mano degli ultras romani. Scenari simili a questo non li vuole immaginare neanche il più pessimista dei tifosi viola.

Ordine pubblico a parte, cabala e destini avversi restano nell’irrazionalità del tifoso e non devono riguardare Italiano e i suoi ragazzi, determinati ‘soltanto’ a prendersi una rivincita dopo la cocente delusione di Praga. Le tante dichiarazioni di questi giorni di allenatore e calciatori della Fiorentina vanno tutte in questa direzione. La squadra, per quanto possibile, sembra vivere l’avvicinamento alla finale in maniera più tranquilla di un anno fa. In questo l’esperienza dell’anno scorso potrà offrire un vantaggio ai viola rispetto a una squadra l’Olympiacos, che non è abituata a disputare finali europee – anche se il tecnico Mendilibar di esperienza nelle finali europee ne ha eccome, visto che un anno fa ha vinto l’Europa League col Siviglia ai danni della Roma –. Tuttavia, questo è solo uno degli innumerevoli fattori che indirizzeranno la finale.

Identità e furore. Queste le due parole chiave individuate da Italiano per portare l’inerzia della partita dalla propria parte. Sulla seconda, c’è poco da dire: senza intensità si vince davvero poco nel calcio in generale, ma per il gioco di Italiano è una condizione imprescindibile per fare risultato. Dividerà per l’ultima volta, infine, il discorso sull’identità. Non a caso la prima parola citata dal tecnico. Le sue idee hanno polarizzato l’opinione pubblica dei tifosi viola, tra chi le trova troppo estremiste e rischiose e chi ritiene che grazie a questo modo di giocare la Fiorentina ha elevato il proprio livello. A prescindere da come la si pensi, la Fiorentina è arrivata fin qui senza mai rinnegare il proprio credo ed è ingiusto (e impensabile) pretendere che lo faccia proprio in finale.

Le partite però vivono di episodi e quello che ha deciso la finale di Conference League del 2023 ancora brucia a Italiano e i suoi. Lo si evince ascoltando le parole del tecnico: L’organizzazione e il credo calcistico sono quelli che ti hanno permesso di arrivare a giocare una finale. Però, a livello individuale, bisognerà fare aggiustamenti a quella che è una finale“. Insomma, la Fiorentina disputerà la partita secondo i consueti principi calcistici, ma dovrà mostrare i giusti accorgimenti nei momenti chiave della partita. Quelli che possono costare caro in difesa. Quella “percezione del pericolo” citata poco dopo da Italiano, concetto carissimo al tecnico siciliano.

Rispetto alla finale di Praga col West Ham, stavolta sulla carta è la Fiorentina la squadra favorita. Tuttavia, l’Olympiacos è arrivato in finale spazzando via la favorita della competizione, l’Aston Villa, e mostrando di possedere caratteristiche molto insidiose. I greci, infatti, sono una squadra molto pericolosa, perché capace sia di chiudersi dietro e aspettare l’avversario sia di aggredirlo con una pressione furibonda in diversi momenti della partita. Inoltre, anche l’Olympiacos sente il profumo dell’impresa storica e avrà motivazioni gigantesche per alzare la coppa, oltre al vantaggio di giocare nella propria città.

Se è vero che le motivazioni fanno la differenza in una finale, allora entrambe potrebbero dire la propria. Tuttavia, come detto all’inizio di questo articolo, la Fiorentina arriva ad Atene al culmine di un percorso durato tre anni, che l’ha riportata a disputare una competizione europea, seppur la minore delle tre. Dopo l’esperienza deludente dell’anno scorso, dalla quale vuole prendersi una grande rivincita. Con la spinta ulteriore data dal voler dedicare quel trofeo a chi è scomparso troppo presto.

E allora a Italiano, Biraghi, Gonzalez, Bonaventura, Milenkovic, Terracciano e tutti gli altri chiediamo di regalarci un sogno. Di infrangere quella maledizione, di prendersi una grande rivincita spazzando via il pessimismo cosmico del tifoso viola. Di lasciarsi alle spalle il dolore di quella ferita. Di andare a caccia della gloria, per regalare immensa gioia a un popolo intero e rimanere per sempre nella storia della Fiorentina.

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