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Editoriali

La ricerca (sempre altrove) dei colpevoli e la dura realtà dei fatti: gli altri migliorano, la Fiorentina no

Si avvia al termine questa stagione della Fiorentina. Non molto diversa dalle altre, con tanto da analizzare e da cui ripartire per migliorare

Il calo dei ricavi dovuti al botteghino, oggettivo, non è solamente colpa dei lavori dello stadio Franchi e della capacità ridotta dell’impianto di Firenze. Ad una piazza come questa, per la storia che ha la Fiorentina, può interessare andare a vedere il Lask Linz, il TNS, il Paphos? Qua, dove hanno giocato Batistuta, Antognoni, dove ogni tanto arrivava qualche trofeo (che manca da un quarto di secolo) e dove venne derisa (in maniera eccessiva, per carità) una squadra che perse in semifinale di Europa League? E non ci nasconda dietro la ‘scusa’ della pioggia o dello stadio scoperto (cosa inaccettabile, sia chiaro, nel 2025, per una città come questa). Se il Franchi fosse coperto e accogliente, con di conseguenza costi di biglietti e abbonamenti molto più alti (funziona così), a vedere Fiorentina-RFS Riga non ci andrebbero più di quelli che ci sono andati prendendosi freddo e pioggia.

La Conference qui sta stretta. Troppo stretta. Anche perché la ‘dimensione’ della Fiorentina è questa da quattro anni. Non c’è crescita, e se c’è stata è comunque lenta, troppo lenta. Altre realtà progrediscono, vincono. C’è chi ha impiegato anni, come il Napoli e l’Atalanta, chi ha intrapreso una via virtuosa come il Bologna (che comunque ha vinto), qui siamo sempre alle solite.

Il calo degli introiti da botteghino lo si risolve coi risultati e col gioco. Prima si investe, bene, poi si raccoglie. Nel calcio funziona più o meno così da sempre. Qui, invece, vige la mentalità opposta. Prima di fare ogni tipo di spesa si devono calcolare gli eventuali ricavi. Da qui la considerazione come ‘ottima’ della cessione di Vlahovic a gennaio a 80 milioni (cifra record, col senno di poi ottimo affare, visto il rendimento che il serbo ha avuto), senza pensare a dove sarebbe potuta arrivare quella Fiorentina che viaggiava in orbita Champions col suo centravanti che era capocannoniere della Serie A. Quanto ci avrebbe potuto rimettere la Fiorentina nel non vendere il serbo a gennaio, magari aspettando giugno, ma provando ad entrare in una Europa che non fosse la Conference? Come, ad esempio, fece Della Valle quando rinunciò a tanti soldi convincendo Toni a restare nell’anno del -15 per Calciopoli. Toni segnò a raffica evitando alla Fiorentina un’annata difficile senza di lui. Poi fu venduto a 10 milioni, anziché i 30 e più che avrebbe incassato l’estate prima. Ma coi suoi gol, con quella decisione, la Fiorentina ci guadagnò tantissimo nell’evitare una retrocessione che partendo con quella penalizzazione ci poteva anche stare, entrando comunque in Europa League. ‘E se Toni si fosse fatto male?’ E se Vlahovic, venduto alla cifra di un fatturato annuale della Fiorentina, fosse poi andato via a parametro zero due anni dopo (nel frattempo, però, quanti gol avrebbe potuto fare in un meccanismo come quello della Fiorentina in cui segnò 17 gol in metà stagione)? Ecco, appunto, mentalità imprenditoriale o sportiva? Senza considerare che quegli 80 milioni sono stati investiti per prendere i vari Cabral, Piatek, Jovic, Nzola, Beltran, Ikoné etc etc. Almeno con Kean il trend è cambiato. Ma…si torna al punto di partenza: il meccanismo che muove la Fiorentina è opposto a quello su cui si dovrebbe puntare nel calcio.

Nessuno chiede la Luna, soltanto che si prenda spunto da realtà che sono cresciute, che da anni sono davanti nelle gerarchie di un calcio in cui per un secolo sono state sempre dietro, che si faccia meglio e che non si cerchi sempre il colpevole altrove. L’autocritica fa bene, porta a migliorare. Non sono sempre gli altri a sbagliare (e comunque, il calo degli introiti da botteghino sono inferiori ai soldi spesi – forse buttati – per Moreno, quasi gli stessi spesi – forse buttati – per un semestre di prestito di Zaniolo, circa quelli che la Fiorentina dovrebbe spendere per esonerare Palladino dopo aver esercitato l’opzione di rinnovo – a meno che non trovi squadra prima del 2027). Le cause degli errori non stanno sempre altrove. L’obiettivo stagionale era star fuori da tutte le coppe o eventualmente rifare la Conference League? Uscire subito dalla Coppa Italia?

Certo, se la Fiorentina avesse vinto almeno una di quelle 3 finali perse….Ma non lo ha fatto. Per un motivo o per l’altro. ‘Chi vince esulta, chi perde spiega’. E se si rimane sempre lì, cambiando tutto senza cambiare mai niente, arrivando sempre a 30 senza fare mai 31, il rischio disamoramento (quindi che allo stadio ci vadano sempre in meno, o che arrivino contestazioni) c’è. Anche perchè, val bene ricordarlo, le premesse all’arrivo di Commisso erano altre. Auto-indotte, ma anche alimentate dalla stessa proprietà.

Comunque, si avvicina la sfida con l’Udinese, ultimo atto di un’altra stagione in cui altri esulteranno o lo hanno già fatto e altri dovranno spiegare. Ma soprattutto, agire per correggere e migliorare.

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