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Il valore degli idoli. Perché la conferma dei big è la migliore notizia dell’estate viola

La Fiorentina riparte dalla conferma dei suoi top player: il modo migliore per provare a riconquistare la fiducia e l’entusiasmo della piazza

Riavvolgiamo il nastro allo scorso 25 maggio. La Fiorentina vince in rimonta a Udine e, grazie alla clamorosa sconfitta interna della Lazio contro il Lecce, guadagna un’insperata qualificazione europea, assicurandosi un posto nella prossima Conference League. Giocatori e staff si riversano festanti sotto i circa 500 tifosi al seguito in terra friulana, ma è una festa a cui la Fiesole in trasferta non ha alcuna voglia di partecipare. Il messaggio è chiaro: Firenze merita di più, non può e non deve accontentarsi della quarta qualificazione consecutiva alla terza coppa europea per blasone. Un malumore sicuramente figlio delle tante occasioni gettate al vento in una stagione in cui, classifica finale alla mano, l’obiettivo di assicurarsi un posto in una delle due competizioni maggiori era quantomeno alla portata.

UN’ATTESA TROPPO LUNGA. La Fiorentina non calca il palcoscenico dell’Europa League dal 2017, quando il Borussia Mönchengladbach sbancò il Franchi rimontando clamorosamente tre gol di svantaggio in poco più di un tempo. L’ inno della Champions League non risuona a Firenze da quella notte del marzo 2010 in cui il sinistro a giro di Arjen Robben spense i sogni di qualificazione ai quarti di finale della formazione di Prandelli. Per menzionare l’ultimo trofeo vinto bisogna addirittura tornare indietro nel tempo fino al lontano 2001. Nel frattempo, tutte le altre big italiane, dal 2010 in poi, hanno preso parte almeno una volta alla coppa dalle grandi orecchie e hanno messo in bacheca almeno un trofeo. Persino il Bologna, che fino a pochissimi anni fa sembrava a distanza siderale, è riuscito a centrare entrambi gli obiettivi, aggiungendo l’ulteriore beffa di sollevare la Coppa Italia sotto la guida di Vincenzo Italiano, che sulla panchina gigliata non era stato in grado di trionfare in neanche una delle tre finali disputate nell’arco di un anno solare. Come se per vincere avesse dovuto allontanarsi da un ambiente in cui la vittoria è ormai considerata alla stregua di una chimera.

MANCANO GLI IDOLI. Ma c’è forse qualcosa di più grande che cova nei cuori dei tifosi viola. “Da piccolo vedevo Batistuta giocare in maglia viola” ha detto il nuovo acquisto Edin Dzeko nella conferenza stampa di presentazione. E a ben vedere, se si vuole evitare di tirare in ballo mostri sacri del calibro del “Re Leone”, giocatori in grado di conquistarsi i gradi di idoli della piazza mancano almeno dai tempi del “Sindaco” Borja Valero e del “Fenomeno” Pepito Rossi. Sono passai ormai più di dieci anni.

FAGIOLI E GOSENS. La dolceamara vittoria di Udine ha però lasciato in dote una notizia positiva sotto ogni punto di vista: la qualificazione europea ha infatti reso obbligatorio il riscatto di Nicolò Fagioli, l’autore del gol che ha dato il via alla rimonta. Un obbligo che va a sommarsi a quello scattato poco più di un mese prima, al termine della trasferta di Roma, per il riscatto di Robin Gosens.

DE GEA E GUD. Il 30 maggio, nel bel mezzo delle turbolenze legate alle dimissioni di Palladino, è stato ufficializzato il rinnovo di David De Gea, autentico muro nella scorsa stagione e portiere di un livello che a Firenze mancava almeno dai tempi di Frey. Il 24 giugno la Fiorentina ha poi comunicato di aver riscattato dal Genoa Albert Gudmundsson. La scorsa estate, i sostenitori gigliati credevano di aver ritrovato nell’islandese un talento degno di onorare il glorioso numero dieci che un tempo fu di Antognoni, Baggio, Rui Costa e Mutu. Le aspettative, nonostante una stagione sottotono, restano altissime.

KEAN E DODO. Con il passare delle settimane è diventata sempre più certa la permanenza di altri due pezzi pregiati della rosa. La clausola da 52 milioni sul contratto di Moise Kean è scaduta lo scorso 15 luglio e il rinnovo sembra ormai solo una questione di tempo. Per Dodo, invece, non si sono fatte avanti serie pretendenti e, nonostante un braccio di ferro sul prolungamento contrattuale che va avanti da mesi, il brasiliano si è detto carico nel cominciare una nuova stagione in maglia viola.

RECUPERARE L’ENTUSIASMO. All’area tecnica gigliata va indubbiamente attribuito un grande merito: nell’ultimo anno è riuscita ad alzare il livello della rosa e a portare a Firenze diversi giocatori di un calibro nettamente superiore a quello apprezzato negli ultimi dieci anni. Ed è stata brava a confermarli in blocco per almeno un’altra stagione. Dai loro piedi e dalle loro mani passeranno le fortune sportive della Fiorentina che verrà, ma non solo. Passerà anche la capacità di recuperare o meno l’entusiasmo di una piazza che da sempre ha dimostrato di saper riservare al talento, quando riconosciuto, un amore che ha pochi eguali. E di evitare una spirale di disaffezione che rappresenterebbe un colpo mortale per le ambizioni viola.

TRATTENERE IL TALENTO. Se si guarda alle concorrenti, il Napoli ha costruito le fondamenta di un ciclo vincente (due scudetti!) su giocatori forti e affezionati come Hamsik, Callejon e Mertens (non capita tutti i giorni di sentire di un belga che chiama il proprio figlio Ciro). A Roma, sponda biancoceleste, il tifo laziale si è potuto godere per tante stagioni Immobile, Luis Alberto e Milinkovic-Savic, mentre sull’altra sponda del Tevere gioca da anni un fenomeno del calibro di Paulo Dybala. Persino a Bergamo si sono potuti permettere di trattenere giocatori del livello di Gomez, Ilicic e Zapata. Anche a Firenze, ora che le basi sono state poste, l’obiettivo deve essere quello di coltivare, valorizzare e trattenere il talento, se si vuole tornare a regalare quelle soddisfazioni che ormai mancano da troppo tempo.

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