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Il Blog dei Tifosi – Pochi ma buoni

Stefano Pioli, Ndour e Kean - Fiorentina

Il tecnico chiedeva due uomini per ruolo, ma si ritrova con una rosa extra-large: tra esuberi invendibili e reparti sbilanciati, la sfida è interna

Io non voglio tanti giocatori. L’ho proprio chiesto espressamente alla società, vorrei una rosa non troppo piena. Non fa bene avere trenta giocatori se poi ne devi tenere fuori una decina nelle partitelle undici contro undici. Quando hai ambizione e motivazione, non ti puoi permettere che parte della rosa venga al Viola Park scontenta. L’ideale sarebbe due per ruolo. Preferisco avere qualche difficoltà in un paio di partite, ma voglio giocatori sul pezzo e concentrati“. Così si presentò alla stampa Stefano Pioli il 16 luglio scorso, e ha ribadito a più riprese questo concetto durante la preparazione.

Se escludiamo i giocatori aggregati dalla Primavera come Kospo, Kouadio e Braschi, l’unico rimasto fra i fuori rosa fin dal primo giorno (Infantino) e il convalescente di lungo corso Kouame, al termine della sessione di mercato la Fiorentina ha 25 giocatori in rosa con cui fare le liste per campionato e coppe. Pioli parlava di non avere trenta giocatori. Ne auspicava ventidue per fare 11 contro 11 nelle partitelle, ma se ne ritrova 25+3+2=30. Immagino la sua gioia: indicazione espressamente data alla società ed espressamente disattesa per la manifesta invendibilità di tutti gli esuberi presenti.

Ci sono vari mercati ancora aperti, per cui è possibile che qualcuno possa ancora essere ceduto, e il primo pensiero va a Infantino, mentre Richardson e Sabiri, rifiutando offerte l’ultimo giorno utile per Italia ed Europa, sembrano essere piuttosto choosy, e quindi più propensi a rimanere. Beltran alla fine ha avuto ragione, accasandosi in Spagna dopo aver rifiutato campionati di secondo e terzo piano, per il disappunto dei dirigenti che hanno perso l’occasione di incassare.

Analizziamo la rosa alle 20 del 1 settembre da diversi punti di vista. Partiamo dall’età. L’età media dei 25 giocatori presi in considerazione è 25,84. Ben 18 giocatori sono compresi fra i 22 e i 28 anni e solo 5 sono over 30, Lezzerini compreso. Dovessimo aggiungere anche gli altri 5 fra Primavera (Kouadio, Kospo, Braschi) e fuori rosa (Infantino, Kouame), si abbasserebbe a 25,03. Non so l’età media delle altre rose di Serie A, ma la nostra mi sembra abbastanza bassa, e dovrebbe almeno in teoria avere ricadute positive sulla tenuta fisica e atletica della squadra durante la stagione.

Proseguiamo con la nazionalità. Dei 25, cinque giocatori sono cresciuti nel settore giovanile, a cui si aggiungono altri 9 italiani, per un totale di 14, mentre gli stranieri sono 11. Abbiamo la maggioranza di giocatori italiani e un numero di elementi del settore giovanile che, comprendendo Lezzerini, va oltre le necessità delle liste, senza contare che Kouadio e Kospo potrebbero trovare spazio durante la stagione vista la decisione di non sovraffollare il reparto difensivo. Non so se sia un record in Serie A, ma senz’altro vengono rispettate le indicazioni che il presidente diede al suo arrivo a Firenze riguardo la centralità dei giocatori italiani, mentre il ruolo strategico del settore giovanile è solo apparente, visto che fra i cinque due sono portieri di riserva, Fortini rimane non si sa a quale titolo, e gli unici titolari sono Ranieri e Comuzzo.

Veniamo adesso all’analisi reparto per reparto. I tre portieri hanno una certezza, De Gea, un terzo portiere di ruolo, Lezzerini, e un giovane che non è voluto andare a giocare in prestito per continuare a fare l’allievo, cioè Martinelli. Scelta opinabile, sulla quale la dirigenza non ha evidentemente insistito più di tanto.

In difesa ce ne sono cinque più un aggregato dalla Primavera fra Kouadio e Kospo. A mio parere si ripropongono le perplessità della scorsa stagione riguardo la complementarietà dei componenti del reparto. Come Palladino dodici mesi fa, Pioli prova a proporre Pongracic come perno. Il croato quest’anno parte più convinto, interpretando comunque il ruolo alla sua maniera: poca visione di gioco, pochi lanci illuminanti da dietro, responsabilità di gestire la linea e chiamare movimenti e posizioni. Quando sostituirà Comuzzo come centro-destra potrà magari sfoggiare le sue doti in conduzione, mentre il suo ricambio al centro rimane Pablo Marí, che ha le qualità del centrale classico ma una lentezza e uno stato di concentrazione disarmante.

A destra il titolare è Comuzzo, grande marcatore di centravanti ma ancora molto acerbo tecnicamente e tatticamente per ricoprire un ruolo che richiede controllo palla, precisione nei passaggi e tempismo negli inserimenti. Essendo un giocatore intelligente, se la dirigenza allentasse la pressione sulla sua auspicata partenza (voluta dalla società), potrebbe progredire. A sinistra la coppia potrebbe offrire qualche certezza in più: Ranieri è una sicurezza nell’interpretazione del terzo di difesa, Viti offre meno spinta ma più prestanza del capitano.

Sulle fasce abbiamo due certezze, Dodo e Gosens, e tre incognite: Fortini, Lamptey e Parisi. Nonostante l’offerta golosa della Roma, Fortini è stato confermato, ma è quel Fortini di cui in una recente dichiarazione Pioli ha detto laconicamente che sarebbe rimasto “per crescere”. Dovrà farlo rubando minuti a Lamptey, giocatore incredibilmente più piccolo di Dodô, che arriva dopo aver saltato venti partite l’anno negli ultimi tre anni, e a Parisi, rinnovato per motivi poco chiari da un procuratore che a dicembre scorso dichiarava che lo avrebbe portato via da Firenze insieme a Biraghi. Chi dei tre starà a guardare nelle partitelle al Viola Park?

Il nostro centrocampo si presenta con l’affollamento e il disordine di un bazar. Sette-otto giocatori (a seconda di come vogliamo collocare Fazzini, ed escludendo Infantino), per 2-3 posti. Si va dal regista classico (Nicolussi Caviglia) alla mezzala adattata a regista (Fagioli), dai tuttofare più propensi agli inserimenti (Mandragora e Sohm), al tuttofare ancora in cerca di una specializzazione (Ndour), fino al trequartista (Fazzini), per concludere con i soliti esuberi: Richardson, Sabiri e Infantino. Qui è più facile intuire chi guarderà gli altri giocare, a meno che gli ultimi tre non decidano di collocarsi nelle periferie del calcio nei prossimi giorni.

Se Pioli non ripiegherà su una costruzione del gioco più tradizionale, qui è davvero difficile capire chi potrà fare cosa, perché le coppie Mandragora-Sohm e Fagioli-Nicolussi Caviglia, con Ndour come quinto uomo, sono molto teoriche: i due della mediana si scambiano posizioni e movimenti con frequenza, pur cercando di interpretare il ruolo ognuno con le proprie attitudini.

Anche in attacco la situazione rimane fluida. Fazzini, come Ndour, si propone come giocatore di congiunzione fra centrocampo e prima linea, una prima linea destinata a essere mutevole negli interpreti e nelle posizioni. Gud rimane in cerca di mansioni che lo rendano più efficace, Kean sembra soffrire del cambiamento di status e di gioco della squadra, Džeko dell’età, mentre Piccoli arriva come classico centravantone. A tutti, Pioli in partita raccomanda di stare alti, correre in avanti, non occupare quel vuoto in mezzo al campo che vuole creare per mettere i suoi attaccanti nelle condizioni di sfidare le difese avversarie fronte alla porta.

Si tratta di una rosa che, per le stesse dichiarazioni del mister, non rispecchia appieno le sue richieste. Una rosa in cui la complementarietà dei componenti è risultata un optional, e che per avere competitività dovrà far leva, oltre che sul lavoro dell’allenatore, sull’autorevolezza dei giocatori di maggiore personalità: De Gea, Gosens, Ranieri, Mandragora, Džeko.

È una squadra frutto di un mercato complesso e difficile. Se nel mercato le cessioni sono importanti quanto gli acquisti, si è trattato di una sessione fallimentare, in cui si sono piazzati ad ogni costo giocatori pur di toglierli dal Viola Park e sgravare anche di poco il monte ingaggi e il numero di ospiti della foresteria, mentre le cessioni programmate e invocate (Comuzzo) non hanno fortunatamente avuto seguito.

Per decisione del nuovo allenatore, si è scelto di azzerare il lavoro dell’anno scorso per costruire una squadra più moderna e dinamica, un compito che la sera del 1 settembre sembra essere stato troppo gravoso per la dirigenza, che continua anno dopo anno ad affastellare giocatori con poco costrutto, in un Viola Park dalle porte girevoli, in cui la media di permanenza dei tesserati è prossima ai dodici mesi.

di Pierre Bayle

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