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Gazzetta: la Fiorentina dei Della Valle e quei no detti con orgoglio. E su Vlahovic...

Il commento sulle pagine della Gazzetta dello Sport: dall'affare Dusan al passaggio dai marchigiani a Commisso, fino all'eredità tecnico-economica

È un film di successo, ma di quelli visti già mille volte. Il Grande Club, potente e un po’ prepotente.

Il calciatore, anzi il Campione, nel ruolo del traditore. E i suoi Dirigenti, delusi, affranti, costretti ad accettare il “the end”

. Parliamo naturalmente di Juve, Vlahovic e Fiorentina. Ma siamo sicuri che sia andata davvero così?
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Che solo in due - la Juve e il giocatore - abbiano spinto per il divorzio, tramando nell’ombra? Oppure si potrebbe pensare che non sia andata così? Che tutti, al netto di lacrime e arrabbiature anche un po’ sceniche, abbiano avuto il loro vantaggio?

Se tutto è precipitato - parliamoci ancora più chiaro - è stato anche per l’interesse dei viola di passare rapidamente alla cassa. Così scrive La Gazzetta dello Sport. I DELLA VALLE. Come sempre sarà il tempo a consegnarci la verità.

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Partendo da ricostruzioni un po’ meno affettate da quella passione che inquina i contorni, come successe al momento di chiudere la lunga gestione dei Della Valle. Sembrava che finalmente si dovessero aprire nuovi orizzonti, come se la Fiorentina dovesse uscire da un tunnel.

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Davvero la precedente gestione - al netto di qualche errore, ma anche alla luce di quello che sta succedendo - non meritava un finale migliore? Di comprensione - se non di gratitudine - per tutto ciò che è stato fatto fino al 2019, quando la società è stata venduta a Commisso per 130 milioni di euro?

Già, 130 milioni di euro. Quanto, più o meno, è stato incassato dalle cessioni di Chiesa e Vlahovic. L'EREDITA'. La Fiorentina si è ripagata con le cessioni di Vlahovic e Chiesa, ma nel conto bisognerebbe anche mettere tutte le altre partenze: da Lafont a Veretout, da Simeone a… un capitale che è ancora in pancia del club.

Dragowski, Castrovilli, Milenkovic: provate a pensare quanto vale - ed è ancora lì - l’eredità dei Della Valle e di Corvino. Ma lo sport, il calcio, fortunatamente non è solo business. Ma anche e soprattutto risultati sportivi: quattro qualificazioni alla Champions, due semifinali di Europa League, più una serie infinita di successi delle giovanili.

Insomma una Fiorentina che, prima delle dimissioni di Diego Della Valle da presidente onorario - in un clima di contestazione e richieste pressanti di cedere il passo - aveva portato risultati sul campo e non solo. C'E' CHI DISSE NO.

Successe anche a Toni di promettersi all’Inter. A Mutu di preparare le valigie per Roma. A Prandelli, in quel momento l’allenatore più ambito e richiesto, di desiderare proprio la Juve. Ma Toni fu invitato e convinto a rimanere a Firenze.

Mutu si fermò in viola altri tre anni. E Prandelli dovette “accontentarsi” di andare in Nazionale

. Perché a volte si può dire di no.

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