Era dal 2015, con Paulo Sousa in panchina, che la squadra non raggiungeva questi risultati: primati e analogie col passato
Primo novembre 2015: una scintillante Fiorentina con Paulo Sousa in panchina liquida in mezz’ora la pratica Frosinone con i gol di Rebic, Gonzalo Rodriguez, Babacar e Mario Suarez. Un 4-1 finale che non ammette appello, per forza compattezza, qualità e bellezza nel gioco. Firenze sogna e guarda tutti dall’alto, prima in classifica insieme all’Inter con 24 punti in 11 giornate. Da quel momento in poi, la Fiorentina non era stata più così in alto in Serie A. Nove stagioni dopo Raffaele Palladino ha riscritto le gerarchie e con i 22 punti conquistati in 11 partite ha griffato il secondo miglior avvio della storia recente viola, piazzandosi a meno 3 dalla vetta e sognando dopo tanti anni la Champions. Certo, rispetto allora, anche per le scottature del passato, gli scongiuri sono all’ordine del giorno, eppure è come se un sentimento sopito tra i tifosi si fosse risvegliato, il gusto dell’alta classica, da assaporare dopo ogni partita. Scrive La Repubblica.
PALLADINO E SOUSA. Le analogie tra i due tecnici però esistono: Palladino come Paulo Sousa ha ereditato la lacerazione tipica della fine di un ciclo e, ripartendo con nuovi uomini, ha dato nuova linfa ampliando orizzonti. Sousa arrivava dopo le due semifinali perse da Montella con Juventus in Coppa Italia e Siviglia in Europa League e tre quarti posti, Palladino dopo l’amarezza della terza finale persa in due anni e due ottavi posti. I due hanno osservato, hanno cambiato e aiutati dalle campagne acquisti del minimo comun denominatore delle due stagioni, Daniele Pradé, direttore sportivo in prima linea ieri come oggi, hanno svoltato.
NUMERI. Scendendo ai numeri allora Paulo Sousa non aveva avuto in 11 partite mezze misure, con 8 vittorie e 3 sconfitte. Oggi Palladino ha perso solo una volta, con l’Atalanta, ha vinto di meno, 6 successi, e ha ottenuto 4 pareggi, di cui 3 nelle prime 3 giornate. Entrambe le Fiorentine hanno segnato gli stessi gol, 22, e hanno ottenuto una striscia di 5 vittorie consecutive: nel 2015-2016 con Genoa, Carpi, Bologna, Inter e Atalanta, nel 2024-2025 con Milan, Lecce, Roma, Genoa e Torino, subendo in questi cicli rispettivamente uno e due soli gol. E poi ci sono gli attaccanti: nel 2015 Kalinic impressionò tutti con 6 gol in 11 partite, arrivato da semi sconosciuto dal Dnipro. Con il gol al Torino invece Kean, che rispetto al collega aveva un palmares diverso e che necessitava di ritrovare la fiducia smarrita nella Juventus, ha raggiunto quota 5 gol in 11 giornate. Oggi come allora, inoltre, la classifica corta lascia spazio a tutti: se nel 2015 dietro a Fiorentina e Inter a 24 punti c’erano la Roma a 23 e il Napoli a 22, oggi dietro agli azzurri di Conte – primi a 25 – ci sono Inter a 24, Atalanta e Fiorentina a 22. Questo avvio rappresenta poi la migliore partenza della gestione Commisso: al di là dei primi due anni, quando la Fiorentina aveva dopo 11 giornate rispettivamente 16 e 9 punti più vicina alla medio bassa classifica che alla vetta, anche negli anni di Italiano così in alto i viola non erano mai arrivati. Nel 2021-2022 pur con gli 8 gol di Vlahovic la Fiorentina aveva fatto 18 punti, era al quinto posto a distanza di 13 punti dalla vetta. Due anni fa i punti dopo 11 partite erano stati 10, mentre lo scorso anno 17, con 11 lunghezze di ritardo dalla coppia Inter-Juventus. Adesso c’è il Verona, prima della sosta, domenica ore 15 al Franchi. A novembre Sousa mantenne la vetta prima della tornata per le Nazionali, Palladino sogna di salirci approfittando dello scontro diretto tra Inter e Napoli in attesa di poter ritrovare un’arma in più, Gudmundsson. Dopo la sosta l’islandese, fermo da metà ottobre, dovrebbe tornare a disposizione per la sfida contro l’Inter del primo dicembre.
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Redazione LaViola.it