Dopo la separazione dal ds e l’imminente addio dell’allenatore, i viola hanno la possibilità di trasformare una crisi profonda in un nuovo inizio. Ma serviranno coraggio, visione e identità
Certe volte le crisi arrivano per mettere in ordine ciò che da troppo tempo si trascina. È il caso della Fiorentina, impantanata in una stagione che ha perso senso e direzione. La separazione ormai sempre più probabile e necessaria con Stefano Pioli, unita all’addio ufficiale del direttore sportivo Daniele Pradè, segna la fine di un ciclo. Ma può anche diventare il punto di partenza per una rinascita vera, se la società saprà leggere questo momento come un’occasione e non solo come una sconfitta.
UN’ESTATE DI ILLUSIONI. Bisogna però essere onesti: in estate quasi tutti, anche noi giornalisti, avevamo valutato positivamente il mercato viola, con giudizi che oscillavano tra il 7 e l’8.
L’arrivo di giocatori come Piccoli, Dzeko o Nicolussi, unita alla permanenza di tutte le colonne portanti di questa squadra, sembrava garantire un salto di qualità, almeno nelle ambizioni. È giusto, quindi, che ogni critica di oggi tenga conto anche di quella fiducia iniziale. Ma il calcio vive di equilibrio sottile: ciò che in agosto appariva come un gentil promessa, a novembre è diventato un fallimento tecnico e psicologico.
CRISI D’IDENTITA’. Il progetto tecnico si è logorato lentamente, quasi senza accorgersene, e l’equilibrio tra fiducia e aspettative che Pioli aveva portato nei primi mesi si è trasformato in prevedibilità e mancanza di idee.
La squadra è diventata piatta, incapace di reagire, mentre la piazza si è allontanata giorno dopo giorno. Non è solo una questione di risultati o di modulo: è una crisi d’identità. E quando una squadra smarrisce se stessa, l’unica soluzione è il cambiamento.
VOLTARE PAGINA. In questo contesto, la separazione col ds ed il mister rappresenta una necessità più che un fallimento. Ogni ciclo, anche il più breve e dignitoso, ha un tempo di vita naturale, e quello di Pioli sembra essere arrivato alla fine. Lo stesso vale per Pradè, che in anni difficili ha garantito stabilità ma non è riuscito a costruire una prospettiva nuova di lungo corso. Continuare così avrebbe significato soltanto trascinarsi, senza futuro né convinzione.
SERVE UNA GUIDA PRESENTE. Ma non basterà cambiare allenatore per rinascere. Alla Fiorentina serve una presenza maggiore del presidente Rocco Commisso, o di una figura che ne rappresenti la voce e l’autorità.
In una piazza calda e passionale come Firenze, la figura presidenziale è fondamentale anche per gestire il rapporto squadra-allenatore-città. Dopo la scomparsa del compianto Joe Barone, la società ha perso un punto di riferimento costante. E quel vuoto, anche comunicativo, si sente. In città serve una figura forte, capace di parlare al cuore nascosto dei tifosi e tenere unito l’ambiente. Il silenzio, in certi momenti, pesa quanto una sconfitta.
LA SQUADRA DEVE REAGIRE. Serve una scossa, e serve subito. Perché contro il Lecce è mancato tutto: carattere, iniziativa personale, aggressività, lucidità, qualità, ma soprattutto idee, quelle che in un gioco semplice come quello del pallone non possono mai mancare, perché è l’estro a fare la differenza. Diviene quindi fondamentale capire che a questo punto sarà soprattutto compito dei giocatori dimostrare di avere orgoglio e appartenenza. Non si può chiedere solo alla società di cambiare: chi indossa la maglia viola deve ricordare cosa rappresenta, anche nei momenti più difficili.
RIPARTIRE DAL VUOTO. Il vuoto che si apre oggi non va temuto, ma riempito con idee forti. Servono dirigenti capaci di dare una direzione chiara e un allenatore che rappresenti non solo una scelta tecnica, ma una filosofia: qualcuno in grado di restituire entusiasmo, di costruire una squadra viva, coerente e riconoscibile.
La Fiorentina deve tornare a essere un’identità, non solo una società di calcio in cerca di equilibrio. E questo può accadere solo con una visione chiara: un progetto che metta al centro il gioco, il talento e l’appartenenza. È tempo di tornare a parlare il linguaggio del campo e del cuore, quello che da sempre fa grande questa città.
Se da questa crisi nascerà un progetto vero allora sarà stato un passaggio necessario. Perché ogni rinascita, anche la più difficile, comincia sempre da una separazione. A volte bisogna smontare tutto per rimettere insieme le cose nel modo giusto. E forse è questo il momento della Fiorentina.
												
																					
																					
																					
																					
																					
																					
																					
																					
																					
																							
																							
																							
																							
									
																	
									
																	
									
																	
									
																	
														
														
Di
Francesco Massimo Ascione