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Cupini (mental coach) a VI.IT: “Ieri la Fiorentina ha perso a livello mentale. Manca la figura del Mental Coach”

Matteo Cupini, di professione mental coach: “Nella Fiorentina c’è qualcosa che non va dal punto di vista mentale e penso sia sotto gli occhi di tutti”

La sconfitta subita ieri dalla Fiorentina in finale di Conference League, sia per come è arrivata sia per il fatto che sia la seconda finale europea consecutiva persa, lascia spazio a diversi interrogativi sulla tenuta mentale di questa squadra. In virtù di questo, la redazione di LaViola.it ha contattato Matteo Cupini, di professione mental coach e tifoso viola, che ieri era allo stadio Franchi per assistere alla partita con l’Olympiacos sui maxischermi.

Ieri la Fiorentina è sembrata una squadra che aveva paura. C’è un problema di preparazione mentale della squadra?
“Sicuramente sì. A mio parere la partita è stata persa a livello mentale e all’interno di questo aspetto ci sono diversi sotto aspetti. Mi sono ascoltato bene le conferenze pre partita di Biraghi, Bonaventura e Italiano e anche le dichiarazioni del mister nel dopopartita: dalle parole dei protagonisti si poteva notare questo. Avevano più paura di ripetere gli errori dello scorso anno rispetto all’entusiasmo di giocarsi nuovamente una finale. Troppe volte ho ascoltato il paragone con la finale dello scorso anno e questo ha bloccato i giocatori. Si è insistito troppo sulla partita di Praga, che non c’entra ninete: avversario diverso, ambiente diverso. Mentalmente si sono preparati male perché erano più preoccupati di non “soffrire” per una sconfitta come lo scorso anno che entusiasti nel poter vincere la Coppa. Una sconfitta, peraltro, arrivata a causa dell’errore individuale di un singolo, Igor, che non scappa. Quando Italiano dice: ‘Dobbiamo giocare la finale come se ogni palla fosse l’ultima della partita’ mette tanta pressione sui giocatori. Alla fine, a livello mentale questa squadra non ha avuto una grandissima crescita“.

Gli strascichi della finale persa a Praga col West Ham nel 2023, oltre a quella di Coppa Italia persa con l’Inter, si sono fatti sentire durante questa stagione? Ci sono stati tanti episodi, come contro Roma e Lecce, in cui la Fiorentina sembrava aver paura di vincere.
“Non esiste la paura di vincere. Il nostro cervello non processa la paura di vincere ma processa la paura di perdere un vantaggio acquisito. Se noi avessimo paura di vincere neanche entreremmo in campo. Ad esempio, a Brugge la Fiorentina entra in campo guardinga, prende gol, ma poi la partita è finita: la Fiorentina li ha assediati. Questo perché il Brugge si è ritirato per paura di perdere il vantaggio acquisito. Nel tennis spesso un giocatore arriva a giocarsi il match point, sbaglia e poi perde l’incontro. Anche la Fiorentina ha più volte sofferto questa problematica, per la quale i giocatori vanno allenati mentalmente”.

Quindi è mancato un mental coach nello staff?
“La mancanza di un Mental Coach si è fatta sentire, sia nella preparazione della finale sia in tutto l’anno. Possiamo pensare che Belotti non sia adeguato che Bonaventura non sia adeguato che Kouame non sia adeguato. Sicuramente non sono giocatori da grandi squadre, ma comunque hanno la qualità per trasformare in gol le occasioni che hanno avuto. Ikoné ha fatto un grande gol contro l’Inter, vuol dire che ha le qualità per farlo. Bisogna convincere l’atleta che ha le capacità per farlo. C’è qualcosa che non va dal punto di vista mentale e penso sia sotto gli occhi di tutti, nonostante il lavoro straordinario che riconosco all’allenatore. Il mental coach supporta gli atleti nel raggiungimento degli obiettivi. In questa squadra, oltretutto con una proprità americana dove il coaching è all’ordine del giorno, questa figura manca. Inoltre, c’è un altro aspetto”.

Quale?
“Hanno lavorato molto sulla ‘motivazione estrinseca’: se vinciamo hai un guadagno, lo facciamo per il pubblico, per Barone. Però poi la nostra mente ragiona in maniera molto egoistica, che non è una cosa per forza negativa, è un dato di fatto, accade anche quando facciamo beneficenza. Si poteva lavorare di più sulla ‘motivazione intrinseca’, tra cui quella del raggiungimento: ‘Tutti conosceranno me e i risultati che ho ottenuto’. Infine, il fare sempre riferimento alla finale dello scorso anno ha illuso i giocatori e li ha portati a pensare che le possibilità di vittoria fossero più alte dato che si era perso l’anno scorso. Bias cognitivo”.

In estate cambierà l’allenatore e andranno via diversi calciatori di questo ciclo. Cambierà anche la mentalità di questa squadra? Oppure il ‘germe’ di queste sconfitte in finale continuerà ad insidiarsi nell’ambiente Fiorentina?
“Dipende da come lavorano. Se pensiamo che il cervello dimentichi facciamo l’errore più grande della nostra vita. Noi possiamo solo accettare. Biraghi ha dichiarato che vorrebbe trasformare la sensazione negativa dello scorso anno in sensazione positiva. Se dice che quella ferita è ancora fresca, vuol dire che ha sempre lavorato sul provare a dimenticare invece che accettare. La sconfitta va accettata, oltretutto in uno sport come il calcio nel quale hai il 33% di possibilità di vincere (il 50 e 50 in una finale come quella di ieri). Se si lavora solo sul dimenticare non si superano i drammi”.

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