La stagione della Fiorentina finisce col sesto posto, ma la città chiede ambizione vera. Il peso delle critiche, l’amore incrollabile della Curva e una sfida: trasformare il rammarico in rinascita
È normale che una volta terminata la stagione si provi a tracciare un bilancio di quanto accaduto. Si riannoda il filo delle premesse, quelle che portano alle parole di un anno fa sull’ambizione e sul voler migliorare quanto fatto nell’ultima stagione con Vincenzo Italiano in panchina, e si confrontano coi numeri. Coi fatti, appunto. Un sesto posto, i 65 punti conquistati, la qualificazione alla Conference League per la quarta volta consecutiva. Il rammarico c’è e mi è parso evidente anche dalle parole della dirigenza nella conferenza stampa al Viola Park, dove era presente in collegamento dagli Stati Uniti anche il presidente Rocco Commisso. Rammarico per essere arrivati a pochi punti da qualcosa di più intrigante, ovvero l’Europa League. E chissà, a sentire il direttore sportivo, forse a un certo punto si era spalancata la porta anche della Champions. Tra il sogno e la realtà, però, c’è un cammino. Un percorso. Perché sarebbe troppo semplice e per certi versi riduttivo confrontare le ambizioni coi fatti e dunque tirare una linea e fare le somme. Nel calcio, così come nella vita, contano i fatti. Certo. Ma nel calcio, così come nella vita, la destinazione (il fine) deve essere inquadrata in un viaggio complessivo (il mezzo). Come si è svolto? Quali sono stati gli ostacoli che si sono presentati davanti a sé? Come si sono superati?
Ascoltare tutti, maggioranza e minoranza
“Un anno a Firenze sono 7 come in un’altra piazza”, ha detto il ds riferendosi a Palladino. C’era un ex allenatore del recentissimo passato viola che dopo appena sei mesi alla guida della squadra aveva confidato a un suo collaboratore come volesse già venire via. Non ne poteva più, era stravolto. Firenze non è una piazza come le altre. Riesce a darti tutto, a sostenerti fin nel profondo. Ti ama, ti adora, ti chiede sempre di più. Passione al massimo della sua potenza che però, in alcuni casi, può anche colpirti con fermezza senza guardare in faccia. Al presidente hanno fatto male alcune contestazioni degli ultras, quelle esternate soprattutto nella gara interna contro il Bologna. Malumore espresso nei confronti di Commisso, di Pradè, di Palladino e anche della squadra. Una reazione tra la rabbia e la delusione, quella della Curva, arrivata dopo l’eliminazione in Conference e la sconfitta di Venezia che sottintende però un sentimento d’amore inattaccabile e inscalfibile come il tungsteno. Si può non essere d’accordo con la Fiesole ed è anche vero quanto affermato in sala stampa dal numero uno, ovvero che non ci sono solo i tifosi della Curva e che tanti altri la pensano diversamente dal cuore caldo degli ultras. Ma sarebbe un grave errore non tenere conto di quanto affermato dalla Fiesole. C’è una parte, e potrebbe essere anche minoranza (ma non per questo meno rilevante), che mostra insofferenza. È vero, Firenze è molto particolare: si divide su tutto, è impossibile da accontentare, è abituata a guardare la Luna e non il dito, a vivere immersa nella bellezza al di sotto della quale, nell’ottica del fiorentino, niente è paragonabile. Per questo, a una parte della tifoseria, fa male vedere piazze come Napoli, Bergamo e Bologna riuscire a trionfare o comunque soltanto sorridere a discapito dei viola.
Migliorare quest’annata? Puntare almeno all’Europa League
E anche per questo nel comunicato dei tifosi di un anno fa, quel che si richiedeva alla società era di uscire dall’anonimato della classifica e di pensare meno al fair play finanziario. “È il momento di investire seriamente – si concludeva nella nota degli ultras – affidandosi a dirigenti competenti per dar vita ad un progetto sportivo serio e all’altezza di questa città. Firenze merita di più”. Si può essere più o meno d’accordo anche su quest’ultima parte, certo. Ma il messaggio della Fiesole era arrivato forte e chiaro. La Fiorentina ha risposto, sul campo, con un sesto posto (miglior piazzamento della gestione Commisso) e con la volontà ribadita dai dirigenti di voler migliorare quanto fatto quest’anno. Dunque, a logica, puntare almeno all’Europa League. Salire un altro gradino, con tutto quel che comporta: ovvero la conferma del blocco più solido, quella dei giocatori insostituibili con De Gea e Kean su tutti, una rosa che sia di qualità, l’aggiunta di elementi che possano arricchirla e in alcune caselle completarla. Al tecnico, immagino, sia stato richiesto di creare un’identità che sia più forte possibile così come un gioco che possa permettere alla squadra di riequilibrare il gap tra i punti conquistati con le big e quelli con le medio piccole.
Dove dovrà migliorare Raffaele Palladino
Alle parole, poi, dovranno seguire i fatti. Mi piacerebbe che si provasse ad andare oltre alle polemiche. Ci sono fasi in una stagione in cui si può criticare e mettere nero su bianco la propria amarezza. Se rintracciabile nel contorno delle maniere civili, può essere utile prenderne spunto per migliorarsi. Magari fare anche autocritica, il primo passo per crescere ancora. Vale per tutti, sia chiaro. Mi capita ogni giorno di riflettere sui miei errori, per cercare di non ripeterli. E mi piacerebbe che adesso si pensasse esclusivamente a come poter costruire una rosa ancora più forte. De Gea, la conferma in blocco della difesa, Gosens, Dodo, un regista di grande qualità, Gudmundsson, Kean, il suo vice. La Fiorentina monetizzerà da Kayode (quasi 18 milioni di euro) e forse dallo stesso Dodo sul quale spero venga fatto un altro tentativo per il rinnovo. È giusto ripartire da chi crede fermamente nel percorso intrapreso. Ma è giusto anche riflettere sul fatto che il primo anno di Palladino ha portato a uno stravolgimento della rosa forse un po’ troppo profondo. Indicare adesso 10-12 giocatori attorno ai quali costruire vuol dire escluderne altrettanti che sono rimasti ai margini. Penso che il tecnico dovrà migliorare nella gestione del gruppo e la Conference, coi tre appuntamenti settimanali, può certo aiutarlo. Dovrà migliorare anche sotto il profilo del gioco ma qui i risultati gli danno ragione. Martedì prossimo l’allenatore parlerà con la dirigenza e andrà nel dettaglio delle prossime mosse di mercato. Mi piacerebbe che si pensasse a questo, che si rispettassero gli umori della maggioranza e della minoranza, che si andasse oltre al concetto di “o con noi o contro di noi”. Il sesto posto può essere la migliore notizia in questo senso: arrivati lì sopra, vorrei che si guardasse davanti senza voltarsi mai. Alla ricerca della mossa migliore per scalare il prossimo gradino. E magari provare a camminare insieme: discutendo, a volte anche litigando. Ma comprendendo che l’ambizione di tutti sia quella di crescere, migliorare, progredire.
Di
Matteo Dovellini