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Tra la (nuova) difficoltà di programmare e la forte ambizione. Nessuno chiede la luna, ma che si investa meglio

La Fiorentina si appresta a vivere un’estate di rifondazione. Alle spalle tanti errori, adesso c’è da migliorare, per forza

La Fiorentina ripartirà con ‘forte ambizione’. Lo farà con Palladino in panchina e Goretti nello staff della squadra mercato. L’estate che sta per iniziare sarà anche quella della rifondazione. L’obiettivo è quella di migliorarsi. Fin qui il presente, o meglio la programmazione del futuro.

PROGRAMMAZIONE. Ecco, la parola chiave è sempre la stessa: programmare. C’è chi riesce a farlo meglio, chi peggio. Difficile da credere che il Bologna avesse programmato di creare qualcosa che l’avrebbe portata in Champions quest’anno, mentre nel caso dell’Atalanta è ormai anni che il circolo virtuoso creato dai bergamaschi continua ad alimentarsi producendo risultati ogni stagione (più o meno, solo nel primo anno di Italiano sono finiti dietro in classifica alla Fiorentina). Due club, tra l’altro, che stanno rifacendo lo stadio, tornato in ‘auge’ nelle vicende quotidiane della vita ‘economica’ del club viola. Ovviamente in negativo, perché la non copertura dei fondi necessari per il completamento dell’opera di restyling del Franchi potrebbe provocare un danno economico alla Fiorentina, sì, ma stimabile in qualche milione di euro all’anno (ricavi da botteghino ridotti per circa un terzo rispetto ai circa 15 milioni all’anno che entrano nelle casse viola). Al netto di come la si pensi, se c’è davvero la voglia di crescere tutto ciò appare un ‘ostacolo’ di poco conto.

RAMMARICHI. Non aver approfittato dell’occasione che questa stagione stava mettendo in palio resta  un grosso rammarico. Ok le ‘scuse’, l’ammissione degli errori commessi e aver fatto più o meno gli stessi risultati dell’anno scorso, ma non aver provato ad entrare nel circuito dove l’anno prossimo saranno Bologna e Atalanta aumenta l’amarezza. I bilanci di rossoblu e nerazzurri vedranno dalla sola partecipazione ai gironi della nuova Champions quanto la Fiorentina ha incassato dall’aver fatto due edizioni complete della Conference. E per un club come quello viola che ci tiene particolarmente al rispetto delle norme economiche, il rischio di veder aumentare la forbice dei possibili investimenti con altri due club del proprio livello è forte e concreto.

NO FOLLIE. Nessuno, tuttavia, ha mai chiesto la luna a chi ha ricoperto la carica di presidente della Fiorentina. La richiesta è sempre stata quella di lavorare al massimo, possibilmente facendo meglio di altri. Perché la Fiorentina ha una sua storia, che di per sé non conta nulla per i parametri (soprattutto economici) del calcio di oggi se non qualche punto nel ranking Uefa, ma vedere quasi sempre altri far meglio avendo meno non può far piacere. L’Atalanta insegna, e per quanto rappresenti un unicum a livello nazionale, in Europa ci sono altri modelli da cui poter trarre spunto (Dortmund e Leverkusen su tutti, tralasciando il Girona che ha alle spalle il City Group). Aver fatto due anni di fila la finale di Conference non può essere l’ambizione della Fiorentina. Può essere un punto di partenza, ma non di arrivo. In due anni di Conference, d’altronde, la squadra di Italiano non ha mai giocato contro formazioni dei top 5 campionati europei ( mai una spagnola, mai una tedesca, una sola inglese ovvero il West Ham, mai una francese), ma contro tutte avversarie di un livello intermedio, al massimo la quarta forza del campionato portoghese (a volte terza), la quarta/quinta forza dell’Eredivisie e una delle prime del calcio belga.  Non può essere l’ambizione della Fiorentina giocare contro avversari di questo livello. Servono miglioramenti, insomma.

INVESTIRE MEGLIO. Dicevamo dell’unicum che rappresenta l’Atalanta, ok. Ma se Lookman è costato come Ikoné, se Scamacca poco più di Beltran, se Ederson è stato pagato 3 milioni in più di Duncan, Koopmeiners 4 milioni in più dei soldi che avrebbe speso la Fiorentina per riscattare Lopez dal Sassuolo etc etc. Un unicum? Ok. Ma dal dopo Vlahovic la Fiorentina non ha azzeccato un centravanti che fosse uno. Sommando le cifre spese tra cartellini, prestiti e ingaggi, la dirigenza viola ha praticamente speso quasi tutti gli 80 milioni di euro a cui è stato ceduto Vlahovic in Cabral, Nzola, Piatek, Belotti, Beltran, Jovic, prima ancora Kokorin, Boateng, Cutrone e Kouame. E adesso, a due anni e mezzo di distanza, col centravanti è di nuovo punto e a capo. L’Atalanta coi soldi di Hojlund ci ha rifatto la squadra, oltretutto migliorandola. Ecco, il nodo sta tutto qui: sarà anche un unicum per cui tutto ciò (o quasi) che toccano si trasforma in oro, ma si può far meglio, si deve far meglio.

GRADINO. Adesso la Fiorentina dovrà provare a fare un altro scalino. Col lavoro, azzeccando le scelte e non sbagliando quasi niente. Senza fare follie, ma sapendo di avere di fronte a sé una missione ancor più difficile, anche in virtù degli errori commessi nel gennaio di quest’anno per quello che si diceva in precedenza. E non stiamo riferendoci ai 5-10 milioni in meno all’anno che entrerebbero per due anni dal botteghino, ma dai 30-40 milioni in meno che entreranno rispetto a chi ha ottenuto il pass per la prossima Champions, rimontando proprio su chi come la Fiorentina è stata lì per un girone (tra l’altro, Atalanta battuta 3 volte su 4 incontri, Bologna 2 volte su 3 incontri). In tutto ciò dovendo comunque affrontare un’altra lunga stagione di Conference, che però non potrà essere un’altra scusa (reale) per aver mancato i traguardi in campionato rispetto a chi non la disputa. Un esempio concreto? Il Napoli, che nel finale di stagione non ha mai vinto restando fuori dall’Europa, ma che ripartirà con Antonio Conte. Come a dire, ‘forte ambizione’, sì, nessuno lo mette in dubbio. Ma non sarà per nulla semplice.

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