Le parole dell’ex portiere e oggi procuratore, protagonista dell’episodio con Giancarlo 44 anni fa
Sulla Gazzetta dello Sport intervista a Silvano Martina, ex portiere e oggi agente, che ha parlato di Dzeko e dell’episodio con Antognoni nel 1981: «Sono stato tra i primi extra-comunitari in Italia: mio papà friulano, mia mamma bosniaca. Nel ’65 non ce la passavamo bene a Sarajevo e mio padre scherzando disse a mia madre: “Andiamo in Italia, tanto peggio di così…”. Erano tempi di miseria assoluta: andavo a scuola in mutande, a petto nudo con solo la cartella sulle spalle. Mi arrangiavo consegnando pane e spalando neve per 200 lire. Per fortuna Toni Bacchetti mi notò e mi portò all’Inter».
In Bosnia era amico del padre di Dzeko. «Abitavamo a 150 metri e giocavamo a pallone insieme. Anni dopo il Milan trattò Edin e pensai che fosse suo figlio: chiamai Mito e riprendemmo l’amicizia. Nel 2015, Sabatini mi dice che ha bisogno di un attaccante forte se no a Roma l’avrebbero massacrato. Propongo Dzeko, si accende una sigaretta, aspira e mi dice: “Chiamalo, lo compro”. Edin era a Spalato, io e Walter partimmo in auto da Milano per chiudere».
Le spiace che il suo nome venga associato sempre all’incidente con Antognoni? «Non mi disturba né mi sorprende. Antognoni si comportò da gran signore. Mai avrei potuto fargli del male apposta: la palla picchia sulla riga dell’area, lui punta a scavalcarmi, scivola e arriva l’impatto tra la mia gamba e la sua testa. Fu l’unico caso al mondo in cui un atleta andò a processo e c’era un pubblico ministero che era più tifoso viola che pm. Io ero solo dispiaciuto, e tantissimo, per un mio collega».
Si rese subito conto della gravità? «Lì per lì no, l’arbitro nemmeno fischiò fallo. Non ero abituato a tutto quel clamore, la settimana dopo in allenamento ero inguardabile, tanto che dissi a Gigi Simoni di lasciarmi fuori. Lui rispose mandandomi in campo».
Antognoni tornò in campo 4 mesi dopo, in Genoa-Fiorentina. «C’era grande attesa, 100 fotografi pronti. Sembravamo Trump e Putin! La partita finì 0-0. In realtà, quando ero andato a trovare Giancarlo in ospedale gli avevo detto: “La prima volta che mi incontrerai mi farai gol”. Successe alla seconda, un bel 3-0 viola con gol suo. Avrebbe potuto dirmi di tutto e l’avrei capito, invece è sempre stato un signore».
Di
Redazione LaViola.it