L’attuale esplosione di Amrabat fa sorgere un rimpianto: non averlo mai visto in coppia con Torreira. E Catto spiega perché potrebbe non essere un dramma una sua eventuale cessione
In queste settimane abbiamo assistito all’esplosione del fenomeno Amrabat, che grazie al Mondiale pare ormai collocabile tra i primissimi interpreti in Europa nel ruolo di incontrista. Incontrista, infatti proprio da questo nasce uno dei più grandi paradossi, forse uno dei più grandi rimpianti della storia recente della Fiorentina: il fatto di non aver mai visto giocare assieme Amrabat e Torreira, cosa che avrebbe potuto costituire, assieme al Castrovilli, al Barak o anche al Bonaventura di turno, uno dei centrocampi più completi e funzionali mai visti negli ultimi anni a Firenze.
Vi confido che mi viene da sorridere, per non dire altro, quando penso alle reiterate invocazioni a Italiano a fare il 4-2-3-1 per ottimizzare la mediana, quando facendolo lo scorso anno potevamo avere uno dei reparti più performanti della Serie A. A tal proposito risulta non solo indigesta ma anche risibile la polemica su chi sia meglio tra il marocchino e l’uruguagio, perché è come scegliere se, con le dovute proporzioni, sia meglio Casemiro o Modric: nel Real Madrid e in qualsiasi squadra giocherebbero entrambi, sul perché da noi non sia stato possibile sarebbe interessante sentire l’opinione del nostro mister. Gestione che oltretutto avrebbe permesso di far notare la complementare importanza di entrambi e annullato una contrapposizione che ha finito con l’indebolire la nostra mediana. Gestione che avrebbe reso l’inserimento di Amrabat più semplice, che a fronte delle fanfare odierne, ci ricordiamo ancora quanto scarsamente fosse stimato il giocatore da ambiente e critica fino a pochi mesi fa, con pochi irriducibili quali il sottoscritto a difenderlo.
Avendo scelto il solo Amabrat come vertice basso, inoltre, siamo di fronte ad un altro paradosso: quello di vedere in una squadra come la nostra, che fa del baricentro alto e del dominio del gioco, un mediano di distruzione incaricato dell’impostazione della manovra, quando le sue qualità, come ben vediamo in Qatar, risaltano specialmente in una squadra impostata sul baricentro basso e le ripartenze. A fronte di questo stona pure il pensiero che uno degli interditori più forti, semifinalista di un Mondiale, giochi in una formazione attualmente decima in Serie A. Segno che la Fiorentina è una formazione che merita rinforzi difficilmente arrivabili per portare la squadra al livello di Sofyan, come fu al tempo per i Chiesa e per i Vlahovic.
Su tutto ciò si scatena nuovamente il balletto del rinnovo, tra le condivisioni social del fratello, le parole del procuratore, le paure del tifo su di un giocatore che, ventisettenne ad agosto, può coltivare legittime ambizioni e una squadra, dall’altra parte, che forse avrebbe bisogno di una mediana costruita meglio, nonché di una miglior capacità di reinvestimento dopo le cessioni, più che dell’impuntarsi su questa conferma.
Per tutto questo la vicenda Amrabat mi tange fino ad una certa. Dovesse essere ceduto, potrebbe essere l’occasione per uscire anzi da un paradosso tattico, a patto che la cifra venga reinvestita bene. E non vi nascondo che, per le caratteristiche del nostro gioco e per il nostro attuale momento, lungi dall’essere risoluto specialmente in mediana, una eventuale cessione di Amrabat mi seccherebbe molto meno del mancato riscatto di Torreira o della fu cessione di Vlahovic a gennaio.
Di
Alessandro Catto