Voltare pagina, dopo la cessione di Vlahovic. Resta la maglia della Fiorentina, e un bisogno di sentirsi punto di approdo e non (solo) di passaggio
Vlahovic va, Cabral arriva, assieme a Piatek e Ikoné che erano già qui. In mezzo al tourbillon di polemiche e differenti visioni sull’accaduto, anche in seno alla stessa tifoseria, resta forte un sentimento di frustrazione, sia perché il serbo è finito all’acerrima nemica di sempre, sia perché lui, come Chiesa, hanno spinto con forza per finire lì, considerando la Fiorentina solamente un punto di passaggio per approdare, poi, in altri lidi.
MISSIONE. “Vogliamo far sì che la Fiorentina sia considerata un punto di arrivo, non di passaggio”…quante volte abbiamo sentito propinare questo messaggio? Se ai Della Valle, spesso e volentieri, veniva imputato il fatto di non fare mai granché per tenere a Firenze i calciatori migliori, a Commisso non può essere detto lo stesso. L’offerta di rinnovo che è stata presentata a Vlahovic, infatti, era fuori da ogni parametro storico per il club viola, oltre 5 milioni netti all’anno. Anche con Chiesa più volte è stato fatto un tentativo, ma niente da fare.
IERI – OGGI. A differenza della proprietà precedente, la gestione italo-americana ha provato ad andare oltre quei paletti che in passato avevano stroncato sul nascere ogni possibile interlocuzione. In principio, ad esempio, c’erano i 2,5 milioni di euro di soglia massima da non superare, come con Jovetic, Frey e Toni. Poi quel muro venne abbattuto con Rossi e Gomez, con seguenti decisi passi indietro che portarono, col ritorno di Corvino, ad una rivisitazione dei parametri salariali in ossequio di conti, bilanci e plusvalenze. In quegli anni lì, in pratica, era impossibile poter ambire a godersi a lungo un calciatore forte, con la Fiorentina che era diventata un vero e proprio punto di passaggio, una semplice tappa intermedia per un calciatore. Oggi, nonostante gli sforzi tentati da Commisso, non è cambiato granché. Per volontà dei giocatori? Per le manovre dei procuratori, che qualche altro club accontenta con commissioni? Perché altri club hanno più appeal?
DOMANI. Tra il dire ‘morto un Papa, se ne fa un altro’ e serbare rancori vari, resta da capire perché tale fenomeno continui a ripetersi. “La situazione di Chiesa è qualcosa di ereditato che ci portavamo dietro dalla precedente proprietà”, disse Pradè nei giorni in cui l’esterno approdò alla Juventus. Tra un detto, non detto e un lasciato intendere, c’è chi in questi giorni ha ritirato fuori il ‘mandato a vendere’ affidato a Ramadani dalla precedente gestione (cosa mai confermata né del tutto smentita) e chi ha lasciato intendere che Vlahovic avrebbe lasciato la Fiorentina a zero, perché voleva andare solo alla Juventus, ‘approvando’ dunque la sua cessione anche nel mezzo di una stagione che sta vedendo, dopo anni di sofferenze, la Fiorentina finalmente in lotta per l’Europa. Ma soprattutto c’è chi spera che, finalmente, la Fiorentina possa tornare un punto di arrivo, un lido dove poter scrivere la storia, senza utilizzarla né farsi utilizzare potendo, comunque, guadagnare bene (tra prendere 5 milioni netti e 7 non c’è la differenza che intercorre tra prenderne mille o tremila per un comune mortale), sposando i valori di una città, di una comunità e di una famiglia che mal si sposano con la parola mediocrità. Un domani in cui il ‘solo per la maglia’ non sia l’unico appiglio nel quale rifugiarsi nell’ora di sconforto, in cui torni l’ora di vittoria e, soprattutto, chi arriva a vestire la maglia della Fiorentina non lo faccia per soli interessi personali. L’era delle bandiere nel calcio non esisterà più, ok, ma una via di mezzo sarebbe quantomeno auspicabile. Forse per arrivare a quel percorso di cui sopra, cioè di far percepire a chi arriva che la Fiorentina sia un punto di approdo e non di passaggio, servirà ancora del tempo. La speranza resta, anche dopo la ‘picconata’ Vlahovic, sperando che i vari Cabral, Ikonè e gli altri, una volta diventati calciatori ancor più affermati di quello che già non sono, non puntino i piedi per andare altrove dopo aver illuso e fatto sperare che si potesse tornare ad affezionarsi anche alle persone oltre che, solamente, alla maglia.

Di
Gianluca Bigiotti