Il centrocampista viola: “Nessuno all’inizio pensava ci saremmo trovate a lottare per non retrocedere. Dobbiamo gestire l’aspetto mentale”
Veronica Boquete, centrocampista spagnola arrivata alla Fiorentina Femminile a gennaio, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di LFootball. Questo un estratto delle sue dichiarazioni: “Nessuno pensava a inizio stagione che ci saremmo trovate in questa situazione. Un po’ per via della storia della Fiorentina, del fatto che è sempre stata nella parte alta della classifica, ma anche per la squadra che abbiamo, con giocatrici di talento. Anche le altre squadre hanno qualità e stanno facendo bene e tutto questo rende difficile il nostro percorso. Poi c’è da dire anche che affrontiamo squadre che sono abituate più di noi a lottare per la salvezza. Come ho detto alle mie compagne, giocare per non retrocedere è brutto perché soffri molto di più, c’è una maggiore tensione. All’inizio della mia carriera mi è capitato di dover lottare per non retrocedere ed è stata un’esperienza che mi ha fatto crescere tantissimo ma in ogni caso è una tensione che non può essere paragonabile a quella di giocare una finale importante”.
Cosa non sta funzionando nella squadra?
“È una questione più psicologica ed emozionale, perché sin dall’inizio delle gare la mente ti porta a pensare in negativo e questo è capitato spesso, soprattutto in alcune partite. Capita di dover subire prima di reagire e a volte ci mettiamo troppo a cambiare la nostra mentalità e giocare bene. Dobbiamo cercare di non regalare un tempo alle avversarie. Non aver paura negli ultimi minuti. Gestire l’aspetto mentale non è facile, nel calcio come in altri sport. È una stagione difficile per tutte, ma dobbiamo cercare di fare tutto il possibile in queste ultime due partite, che per noi sono come delle finali”.
Nella squadra viola chi o cosa ti ha maggiormente impressionato?
“In generale la società, perché tiene molto alla sezione femminile, abbiamo tutto quello di cui abbiamo bisogno, un ambiente dove c’è tanta professionalità che invece manca in altre squadre. Anche per questo fa male vedere la Fiorentina così in basso in classifica e non merita l’attuale posizione. Per me è una grande soddisfazione lavorare con Patrizia (Panico, ndr) ed essere allenata da lei, finalmente una donna in panchina. Questa stagione è molto dura anche per lei, ma l’impegno non manca giorno dopo giorno. Per me è un’allenatrice molto brava. Poi ci sono giocatrici giovani di qualità e bisogna trovare il modo di farle esplodere e mostrare il loro talento in tutte le partite”.
A te piace molto servire assist e nella Fiorentina hai la fortuna di giocare insieme a due grandi bomber come Giacinti e Sabatino, senza nulla togliere a Lundin. Cosa pensi di loro?
“Con Vale (Giacinti, ndr) è facile giocare perché è una delle poche attaccanti che vede e attacca lo spazio. Mi trovo veramente bene con lei, non ci sono molte giocatrici che fanno i movimenti che fa lei e che a volte ti fanno vincere le partite. Per me, per le mie caratteristiche, giocare insieme a queste calciatrici, che vedono il calcio come lo vedo io, è un piacere. Per Dani (Sabatino, ndr) invece ho tanta ammirazione, vedere una giocatrice, della sua età, con così tanta voglia di giocare e di migliorare ancora giorno dopo giorno è un piacere. Questo fa sì che lei possa rendere ancora meglio. Sono caratteristiche che non è facile trovare in altre giocatrici con la sua esperienza. Per me è davvero un piacere giocare con lei”.
Daniela Sabatino è anche un esempio per le calciatrici più giovani.
“Assolutamente, senza dubbio. Spero che le più giovani prendano esempio da lei, perché spesso si concentrano su altre cose che magari non sono importanti, mentre un modello di riferimento come Daniela o come altre giocatrici è una grande fortuna. Non so se loro se ne rendano conto”.
Prima di venire a giocare in Italia che idea avevi della Serie A? Dopo questo anno e mezzo è cambiato il tuo pensiero? Se sì in cosa?
“La mia idea era di un campionato minore rispetto ad altri più importanti in Europa, come Inghilterra, Francia o Germania. Sapevo che in Italia il movimento stava crescendo, con un percorso simile a quello che è avvenuto in Spagna, ma con qualche anno indietro. Sapevo di non arrivare in una lega top ma che c’era una crescita come testimoniano gli ultimi anni. Questo è lo stesso pensiero che ho ancora adesso, perché mancano ancora tante cose per avere un campionato professionistico, ci sono ancora delle carenze nonostante i risultati ottenuti. In Inghilterra giocano in stadi moderni con erba naturale, mentre se guardiamo qui in Italia, gli impianti non sono di primissimo livello”.
Prima di venire a giocare in Italia che idea avevi della Serie A? Dopo questo anno e mezzo è cambiato il tuo pensiero? Se sì in cosa?
“La mia idea era di un campionato minore rispetto ad altri più importanti in Europa, come Inghilterra, Francia o Germania. Sapevo che in Italia il movimento stava crescendo, con un percorso simile a quello che è avvenuto in Spagna, ma con qualche anno indietro. Sapevo di non arrivare in una lega top ma che c’era una crescita come testimoniano gli ultimi anni. Questo è lo stesso pensiero che ho ancora adesso, perché mancano ancora tante cose per avere un campionato professionistico, ci sono ancora delle carenze nonostante i risultati ottenuti. In Inghilterra giocano in stadi moderni con erba naturale, mentre se guardiamo qui in Italia, gli impianti non sono di primissimo livello”.
Il prossimo anno entrerà in vigore il professionismo nel calcio femminile. Al momento si conosce poco, ma pensi sarà una svolta per il calcio italiano oppure serve altro? Cosa manca per fare il grande salto?
“Mi piacerebbe saperne di più su questo professionismo, in cosa consiste. Se si tratta solo di stipendi, tasse, contributi e guadagnare più soldi, allora non basta. Per rendere davvero professionistica la competizione ed esserci tutte le condizioni affinché le giocatrici possano essere professioniste, non basta parlare solo di salari. Mi piacerebbe conoscere le condizioni minime che le società dovranno applicare. Un discorso che va a toccare anche la situazione dei campi dove si gioca, gli impianti di allenamento, sono aspetti molto importanti, come anche la vendita dei diritti audiovisivi. Al momento non si sa nulla”.
Non bisogna commettere l’errore di pensare che il professionismo possa risolvere tutti i problemi che affliggono il calcio femminile.
“Cambiare lo status di noi giocatrici non cambia la situazione attuale. In Spagna il prossimo anno la massima serie sarà professionistica, ma ci sono voluti cinque o sei anni di battaglie. Servono impianti e infrastrutture e oggi sono poche le squadre in Italia che possono permettersi questi standard. Giocare nella Fiorentina, nel Milan o nella Juventus non è la stessa cosa che giocare in altri club. Società più piccole di calcio femminile, che devono pagare per avere un campo dove allenarsi, pagare per un impianto dove giocare le partite, soffriranno terribilmente. Questi club pagano le calciatrici 200 o 300 euro al mese. Non sei professionista così. Non lo sei nemmeno se non metti a disposizione della squadra un medico, un fisioterapista, un preparatore oppure se effettui trasferte lunghe in pullman partendo il giorno stesso della gara. Sono questi aspetti che devono cambiare, queste sono le priorità, dopo verrà il resto. Se poi cambia solo il nome sopra ma tutto quello che c’è sotto resta uguale allora per l’Italia la strada sarà ancora lunga”.
Alla luce di quello che hai appena detto ti faccio una domanda particolare dandoti tre opzioni di scelta ma puoi sceglierne solo una di queste. Nel calcio femminile vorresti: più investimenti da parte dei club, un pubblico maggiore negli stadi o una visibilità maggiore su tv e stampa?
“Scelgo maggiori investimenti da parte delle società, perché può portare a migliori condizioni per le calciatrici, per gli staff, ci sarà un vantaggio anche nelle competizioni, con partite più belle e questo farà sì che la gente venga ad assistere alle gare, i giornali iniziano a parlarne e così si innesta un circolo virtuoso con anche gli sponsor che si avvicinano al calcio femminile e ne beneficia tutto il movimento”.
Prima parlando della Serie A hai detto che in Europa non è ai livelli dei primi tre o quattro campionati. Secondo te questo pensiero è molto radicato tra le calciatrici straniere? Hanno delle perplessità nel venire a giocare in Italia?
“Sì, fino ad adesso sì, questo però è un pensiero che sta cambiando, perché ogni anno sono tante le giocatrici di qualità straniere che scelgono la Serie A. Però è vero che le calciatrici di primo livello preferiscono altri campionati, perché ci sono società che investono molto di più. In Italia negli ultimi anni il punto di riferimento è la Juventus perché di anno in anno è capace di attrarre calciatrici sempre più forti e adesso dispone anche di un allenatore con grande esperienza. Questo testimonia che quando ci sono investimenti e idee chiare, allora la gente supera le perplessità e decide di venire a giocare o allenare qui. Vedremo cosa accadrà nei prossimi anni”.
Di
Redazione LaViola.it