La Fiorentina si prepara alla doppia sfida di Coppa Italia contro la Juventus dell’ex Vlahovic: un appuntamento che potrebbe avvicinare i viola all’Europa
Siamo nel momento decisivo del campionato, quando le partite indirizzano una stagione per quelle squadre che come noi provano ad agganciare l’ultimo treno per l’Europa.
In campionato siamo una squadra inaffidabile, costante solo nell’alternare vittorie a sconfitte, ma che negli ultimi due/tre mesi ha attraversato esperienze formative importanti. Da una partita garibaldina, come l’andata col Sassuolo, a un periodo sterile e incolore, con Verona, Toro, Cagliari e Lazio, e in mezzo la goleada al Genoa, fino al risorgere del sole contro Spezia e Atalanta, e poi la sconfitta che brucia sabato scorso.
È stato il periodo in cui la vicenda Vlahovic ha fatto sentire il suo peso, prima con l’incertezza riguardo la sua permanenza, poi con quella dovuta alla sua sostituzione.
La squadra ne è uscita rafforzata nello spirito e nella convinzione, mentre l’inevitabile e necessario periodo di inserimento di due nuovi giocatori su tre pesa, e continuerà a pesare ancora per un po’.
Quello che ormai non sorprende più è la nostra fragilità difensiva, dovuta a fattori molteplici: l’approccio di una squadra tutta a trazione anteriore, che spesso porge l’altra guancia all’avversario; la necessità di una crescita nella fase difensiva come collettivo e nei singoli, alcuni dei quali continuano a manifestare lacune di vario tipo. Per queste ragioni i due schiaffoni presi a Sassuolo ridimensionano, almeno per il momento, la grande prova di maturità mostrata contro l’Atalanta in campionato.
Una certa sterilità offensiva preoccupa invece solo in funzione di quella difensiva: se fossimo una squadra votata all’attacco che segna regolarmente due-tre gol a partita, gli svarioni difensivi avrebbero il loro contraltare.
E invece, fra rigori sbagliati e scarsa freddezza sotto porta, finiamo per pagare a caro prezzo i gol malamente subiti, o ci mettiamo nelle condizioni di faticare oltre misura nel conseguimento del risultato per non aver chiuso prima la partita.
In Coppa Italia, data la natura della competizione, è stata tutt’altra musica. È bastato far combaciare la serata buona con la partita secca per eliminare squadre forti, come il Napoli e l’Atalanta, e conquistare la semifinale.
Ed eccoci qua.
L’avversario lo conosciamo bene. Gioca un calcio inguardabile, come un peso massimo lento e un po’ flaccido, che passa i round a imbrigliare con le braccia e la testa gli assalti dell’avversario, disturbandone le combinazioni e mandandolo fuori misura. E poi, come un lampo improvviso, piazza il gancio decisivo, magari un po’ sporco nell’impatto, ma che manda a tappeto il concorrente, mettendo fine ad un incontro tutt’altro che spettacolare. In questo modo, non perdono da 13 partite consecutive.
Stavolta abbiamo l’occasione per buttare giù il bestione imbolsito. Giochiamo in casa, con il 12esimo uomo, siamo carichi e concentrati, l’avversario non riserva sorprese.
Potremmo anche dire che se non battiamo una Juventus che ha 9 assenti, e quindi una formazione praticamente obbligata, non la batteremo mai più, se come è probabile almeno la metà di questi saranno recuperati per la partita di ritorno e per l’ultima di campionato.
Sarà però necessario avere quell’attenzione e quella cattiveria sportiva tale da impedire che questo pugile improponibile riesca a trovare uno spiraglio per il suo gancio, l’unica sua speranza, che si chiama Dusan.
Milenkovic è stato spesso cattivo con tanti attaccanti avversari… Sarebbe imperdonabile se riservasse un trattamento di favore al suo “fratello minore”. Per tutti gli altri, sarebbe opportuno tirassero fuori l’orgoglio di voler dimostrare all’ex compagno che tutto sommato, anche se cambia il 9, gli altri rimangono la stessa squadra forte, decisa, ambiziosa.
È l’ora di vincere, e in modo netto e rotondo, per evitare di fare la vittima predestinata a Torino fra un mese e mezzo.
di Pierre Bayle
Di
Redazione LaViola.it