Snobismo vs passione. Quelle sfide impossibili che rendono grande Firenze

Una sfida tra due mondi opposti, due stili completamente diversi. La Fiorentina va a caccia dell’impresa a Torino

Juventus-Fiorentina per i cuori viola non è mai una semplice partita di calcio ma il confine fra due mondi opposti, il luogo dove si confrontano e si scontrano due modi diversi di vivere la passione sportiva. E ciò non è dovuto solo alle cicatrici del passato, lo scudetto negato di Cagliari, la finale beffa della coppa Uefa ad Avelino. No, va nel senso di appartenenza. Da una parte l’idea che senza vittoria non possa esserci passione. L’idea che Empoli e La Spezia in serie A siano fastidi e dunque meglio la Superlega a inviti. L’idea poi, molto snob, che se non ti riconosco campione posso pure sbertucciarti anche se stai per entrare a far parte della famiglia (una volta Tuttosport titolò «Purtroppo Poulsen» il giorno stesso dell’acquisto del mediano danese). Così scrive Stefano Cecchi su La Nazione.

CUORI VIOLA. Chi ha il cuore viola pensa l’esatto contrario. Non a caso nel tempo ha palpitato per le calcagnate togli fiato di Pascucci e Delli Carri, per il colpo della foca di Marco Nappi e le corse arrembanti di Amenta e Roberto Bosco, pensando che niente a centrocampo potesse dividere la coppia Longo e Nicodemo, facendo festa per l’arrivo estivo del solo Zagano e cantando poi in coro canzoni tipo «C’è chi lo chiama Mario / c’è chi lo chiama Faccenda / Per noi è una leggenda».

IMPRESA. Anche stavolta l’impresa è al limite dell’impossibile: ribaltare lo 0-1 casalingo nella tana della squadra più pagata e più ricca d’Italia. Ma, fosse stato solo per il pronostico, Brunelleschi si sarebbe mai avventurato nel cantiere della Cupola? Oppure Amerigo Vespucci l’avrebbe mai affrontano l’ignoto dell’oceano per definire le Americhe? Sono le sfide impossibili quelle che hanno fatto grande Firenze e la Fiorentina.