La prima parte dell’intervista al difensore argentino del Betis Siviglia
Ogni tanto si confonde ancora nel dire noi o loro. Quattro stagioni con la maglia viola, tre con la fascia da capitano al braccio dopo la tragedia di Astori, non si cancellano. Domani, per la prima volta, German Pezzella giocherà da avversario col suo Betis contro la Fiorentina al Benito Villamarin, l’ultimo test prima di fare sul serio per la squadra di Italiano. Per avvicinarci al match, LaViola.it ha contattato in esclusiva il difensore argentino dal ritiro blanquiverde di Marbella:
Quanta emozione c’è nell’affrontare la Fiorentina?
“È un’amichevole, ma ritrovare tanti ex compagni e amici è molto speciale. Io lo sapevo già dalla scorsa stagione che avremmo potuto giocare questa amichevole, così gliel’ho detto ai miei ex compagni e anche alle persone che lavorano alla Fiorentina. Ci siamo messi subito in contatto per dire che li aspettavo e perché mi rende felice ritrovare delle persone con cui ho legato tanto”.
Un anno fa ha lasciato Firenze per tornare a Siviglia: che bilancio fa della sua stagione?
“Quando uno prende una decisione considera tante cose. Col tempo poi può dire se è stata giusta o no, ma diciamo che è andata bene. È stata molto positiva, sia per me che per la squadra. Ho giocato parecchio, abbiamo vinto la Copa del Rey che non si vinceva da tanto tempo qui: sono cose belle per un calciatore. La continuità della squadra ha permesso di fare un grande torneo. In Europa League ci siamo alternati un po’, ma siamo stati eliminati all’ultimo minuto dall’Eintracht che poi ha vinto il trofeo”.
Ha avuto tempo per seguire anche i suoi ex compagni?
“Sempre. Ho visto tutte le partite. Sono rimasto molto legato a tanta gente e alla città che mi ha dato tanto. Penso che hanno fatto una grande stagione, non era semplice. Sono rimasto contento che siano riusciti a dare un’identità alla squadra, che era da tempo che mancava”.
Cosa ha provato vedendo i festeggiamenti per il ritorno in Europa con la maglia dedicata ad Astori?
“E’ stato emozionante quel momento, dopo anni di sofferenza e soprattutto per come è andata, perché hanno battuto la Juventus all’ultima partita: avevano una doppia motivazione. Hanno vinto quella partita alla grande perché sono stati padroni del gioco. Vederli festeggiare è stato molto bello”.
E senza Vlahovic che a gennaio è andato alla Juventus…
“Io ho conosciuto un bravo ragazzo, ma non mi permetto di commentare la decisione di altri. So che la situazione non era semplice per nessuno. Sia la Fiorentina che lui hanno creduto che quella fosse la miglior soluzione perché si stava creando un ambiente un po’ pesante”.
Le sarebbe piaciuto giocare nella Fiorentina di Italiano?
“Quando sono andato via sapevo che la Fiorentina avrebbe disputato una grande stagione. Ho parlato con Italiano e i compagni, ma la mia decisione era dovuta a un altro punto di vista che rimane per me. Non mi piace commentare situazioni che ad oggi non farebbero bene. Il motivo di quella decisione rimane per me, tutti abbiamo le nostre ragioni. Quando ero alla Fiorentina ho sempre provato a fare di tutto per lottare per obiettivi importanti, perché io sono fatto così ed è quello che mi piace. Gli anni in cui sono stato io, sono successe tantissime cose e alla fine la situazione era quella…”.
Il momento più bello vissuto a Firenze?
“E’ difficile dirlo, perché paradossalmente è stato il peggior momento della mia carriera. Quando sono arrivato non era così: dal momento che abbiamo perso Davide si è vista una città unita, che ci teneva in piedi per continuare. Sono cose che non si dimenticano. Non mi piace dire che è stato il miglior momento perché alla fine è stato quello peggiore. Quel periodo rimarrà per sempre dentro di me: ci ha fatto crescere e ci ha cambiato, a tutti quelli che eravamo lì, perché certe volte si perde un po’ il senso di tutto”.
Lo scorso anno Biraghi ha fatto riferimento alle tante critiche ricevute dai giocatori che erano passati a Firenze negli ultimi anni. Vale anche per lei?
“Nel calcio, le critiche e le pressioni ci sono in una piazza in cui gli obiettivi sono importanti, dove la gente e la squadra non si accontentano. L’importante è saperle prendere e quanta importanza dai. Le critiche servono per crescere e capire dove stai sbagliando. Poi ora ci sono i social, dove spesso si ricevono commenti a caso. Uno deve essere bravo a scindere le due cose. La Fiorentina è una squadra importante, e la gente è abituata a vederla giocare bene e a lottare per grandi obiettivi, quando non succede questo è normale essere criticati”.
Biraghi ha ereditato la fascia: come lo vede da capitano?
“Molto bene. Cerca sempre di trasmettere con il suo spirito dentro al campo e cerca sempre di difendere i compagni. Se loro lo rispettano vuol dire che dà molto anche alla squadra. Non mi permetto di parlare di come è andata lo scorso anno perché non ero nello spogliatoio, ma ne posso parlare dall’esterno e perché lo conosco essendo stato suo compagno”.
Su Martinez Quarta c’erano tante aspettative: come si spiegano queste sue difficoltà in Italia?
“El Chino è un grande giocatore. A tutti gli argentini serve tempo quando cambiano campionato. Quando è arrivato a Firenze, la situazione era difficile per tutti: lui era nuovo e non era il posto giusto per lavorare con tranquillità e crescere. Ma secondo me la scorsa stagione è cresciuto giocando tante partite, poi però c’è da considerare anche la concorrenza perché Igor ha fatto un bel passo in avanti e Nikola è rimasto il solito di sempre. Si sono anche alternati tanto perché l’allenatore vedeva che tutti e tre erano su buoni livelli. Io parlo spesso con Lucas e gli dico sempre di stare tranquillo e lavorare tanto, perché prima o poi l’opportunità arriva. Deve essere consapevole di ciò che fa bene e poi farsi un’autocritica per migliorare dove invece sbaglia e riprovarci fino a che il muro che ha davanti non casca. Io non conosco altri modi”.
Di
Mattia Zupo