L'ex viola Pierini: "Non è più il mio calcio. Meglio servire al bar"
Dopo una carriera da difensore tra Serie A e Spagna, Pierini ha trovato soddisfazione nel mondo della ristorazione
Dopo una carriera da difensore tra Serie A, B e il campionato spagnolo, Alessandro Pierini ha trovato successo nel mondo imprenditoriale. Dalle cliniche dentistiche in Spagna a un locale di successo nella sua Viareggio, il suo percorso post-calcio è ricco di soddisfazioni.
Dopo aver chiuso la carriera da giocatore nel 2009 al Córdoba, Pierini ha intrapreso il percorso da allenatore, ottenendo il patentino in Spagna.
Tornato in Italia, ha guidato il Camaiore e il Viareggio nei Dilettanti, oltre a esperienze come vice a Trapani e alla guida della Primavera dello Spezia. Tuttavia, la gestione del locale a Viareggio lo ha portato a lasciare definitivamente la panchina: "Amo il calcio, ma ho fatto la scelta giusta" ha raccontato in un'intervista a La Nazione.
Dall’affrontare gli avversari da arcigno difensore centrale a soddisfare le esigenze dei clienti. "Il settore l’ho frequentato sin da ragazzino perché facevo il cameriere stagionale. Poi mia madre è diventata titolare del Fanatiko, un locale popolarissimo a Viareggio, dove si mangia, si balla e si lasciano a casa i pensieri.
C’è da lavorare tanto ma mi diverto nel rapporto interpersonale. Sono titolare di una srl unipersonale, i ritmi sono molto serrati ma sono contento perché vedo che la gente da noi si trova bene e questo mi gratifica».
Il calcio quindi è solo un ricordo lontano ?
«Questo no, perché lo seguo ma non è più il mio, il nostro calcio degli anni Novanta e primi Duemila. È diventato un business, non c’è più quella passione vera che avevamo noi e i tifosi. Comunque lo seguo perché mio figlio Nicholas gioca in B a Sassuolo dopo aver vestito le maglie di Spezia, Cosenza, Ascoli, Modena, Cesena e Venezia.
Spero arrivi presto la Serie A. Se lo meritano per quello che stanno facendo".
Cosa ha insegnato Alessandro Pierini a suo figlio? "Che nel calcio e nella vita in generale c’è bisogno di sacrificio. Io sono andato via ragazzino da casa per vivere e giocare a Udine e ho faticato giorno per giorno costruendomi un futuro da giocatore ma guardando in prospettiva.
A Nicholas ho sempre detto che la carriera di calciatore è breve e bisogna pensare anche al dopo come ho fatto io. Lui ha 26 anni ed è giusto che si concentri su quella che è la sua grande passione e il suo lavoro. Ma saprà guardare anche al futuro».
Sotto questo profilo c’è un collega che ha rappresentato un modello per lei? "Sicuramente Nestor Sensini: grande calciatore, grande uomo. Un esempio".
Proprio con l’Argentina la sua unica presenza in azzurro ma la carriera con l’Italia poteva essere più lunga.
"Dopo la vittoria in Coppa Italia nel 2001 con la Fiorentina ero nel giro della Nazionale, Trapattoni che era stato il mio tecnico mi stimava. Dovevo andare in Premier al West Ham ma tutto saltò all’ultimo momento. Restai a Firenze e mi feci male alla schiena.
Per questo saltai il Mondiale di Corea e Giappone. Poi la Fiorentina fallì e i grandi progetti svanirono".
Di cosa ha fatto tesoro nella sua nuova vita professionale rispetto a quanto imparato nel calcio ? "L’umiltà innanzitutto.
Poi essere sempre critico con me stesso e alzare l’asticella degli obiettivi da centrare. Per fare sempre meglio non ci si deve accontentare mai. Prima lo facevo in campo cercando di fermare attaccanti di grandissimo valore, ora è il mio obiettivo per dare sempre qualcosa di più al cliente.
La parola d’ordine è: mai adagiarsi".
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