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E’ l’uomo copertina dell’Italia di Gattuso. Della pazza Italia di Gattuso. Con tecnica, ferocia, determinazione. Due gol di Moise Kean contro Israele proprio mentre agli azzurri stava scappando via il terzo Mondiale di fila. Strada ancora lunga per rincorrere la Norvegia, confermare intanto il 2° posto, giocarsi eventualmente i playoff. Ma se dopo le gare di settembre la Nazionale è ancora in corsa deve tanto al centravanti viola.
CONVIVENZA. Giudicato da tutti il migliore in campo ieri sera, aveva sbloccato pochi giorni prima l’intricata partita contro l’Estonia. Un gol stappa-risultato prima della goleada successiva. Kean nella sua carriera ha vissuto tante fasi, si è rilanciato giocando da punta unica, ma ha saputo ancora una volta adattarsi per convivere con Retegui. Subito buona intesa tra i due, a volte perfino ottima. Altro che dualismo, grazie alla capacità di sacrificarsi, coprire gli spazi, muoversi con intelligenza sul campo, l’attaccante viola è riuscito insieme all’ex Atalanta ad essere la chiave di volta per il nuovo corso di Gattuso. Un po’ quello che sta cercando anche Pioli con la Fiorentina: mettere due punte vere là davanti. Piccoli con Kean, oppure Dzeko con uno dei due. Il calcio va anche in questa direzione.
ORA CON PIOLI. E allora i tre gol in pochi giorni in azzurro sono davvero linfa vitale, benzina pura per un attaccante pronto a esplodere anche in viola. Fresco di rinnovo importante, dopo le prime uscite stagionali che lo avevano visto troppo imbrigliato tra i difensori avversari. L’autogol procurato e l’assist alla prima con il Polissya, ma anche il rosso ingenuo, poi altre due gare poco brillanti con Cagliari e Torino. Qualcuno, decisamente troppo avventato, aveva iniziato a storcere il naso. I giorni in Nazionale hanno chiarito una volta di più la mentalità e la dimensione del nuovo Kean. Un centravanti internazionale, che la Fiorentina può godersi ancora con la numero 20 sulle spalle. Ora starà a Pioli, da domani, far integrare lo strapotere di Moise con la qualità e la forza di Piccoli, e poi ancora con la tecnica e gli inserimenti di Gudmundsson, con la maestria di Dzeko nei posizionamenti offensivi. È la grande sfida per stare davvero in alto.
IL CORAGGIO DELLA FIORENTINA. Che l’Italia abbia fatto bene a Kean è fuor di dubbio. Così come la prospettiva del Mondiale abbia giocato un ruolo non secondario per il rifiuto di andare in Arabia. Ma c’è di più. Perché ribaltando il concetto è l’Italia calcistica che deve ringraziare la Fiorentina. L’estate scorsa la società viola ha preso un ragazzo da zero gol in stagione, talento predestinato ma troppo spesso bistrattato, e gli ha consegnato fiducia incondizionata. Pagandolo 18 milioni (13+5) ad un anno dalla scadenza del contratto. Titolare fisso, punto. Senza alternative, senza contromisure. Una stima cieca che ha responsabilizzato Moise, lo ha messo finalmente al centro del villaggio, libero di esprimersi. Sbagliare, rialzarsi, soprattutto segnare. “La Fiorentina è riuscita a tirare fuori il meglio di me, mi ha offerto un grandissimo aiuto. Sentivo di essere precipitato in un buco nero, il club mi ha dato un’enorme fiducia e personalmente ci tenevo a non deludere una squadra e una piazza che mi hanno accolto in un modo così positivo, a ripagare delle persone che mi hanno dato una possibilità così importante”, ha detto qualche giorno fa.
IL CENTRAVANTI DELLA NAZIONALE. Parole che raccontano ancora di più il ruolo della Fiorentina, che ha riconsegnato al calcio italiano un attaccante ora tornato ad altissimi livelli. Da anni la Nazionale ha avuto un grosso problema con gli attaccanti. Perfino nell’Europeo vinto con Mancini, ma anche negli anni in cui Immobile e Belotti segnavano nei club e faticavano in azzurro. E poi le stagioni con pochissima scelta in attacco. “Il calcio italiano è povero di talenti”, si dice spesso. E in parte è vero. Ma quando c’è una società, una piazza, un allenatore in grado di rilanciare così un talento che si era perso va sottolineato. Da una parte è stato naturalizzato Retegui a suo tempo per arginare la mancanza di punte, dall’altra c’è ora un attaccante che vive da sempre un rapporto speciale con la maglia azzurra: “Per me scendere in campo con la maglia azzurra è una cosa unica, un sogno che avevo da piccolo e che si realizza ogni volta. Nella mia testa ci sono sempre le immagini e le emozioni che ho vissuto nel 2006: avevo sei anni, mi ritrovavo nella piazzetta del mio quartiere insieme a tutti gli amici, avevo il ghiacciolo in bocca e guardavo le partite dei Mondiali. Ero lì, speravo che l’Italia vincesse e adesso ci sono io a giocare con la Nazionale. Ecco, questa è una sensazione indescrivibile“. Moise ieri sera ha toccato cifra tonda, quota 10 gol con la Nazionale. Di questi, ben 6 li ha fatti da quando veste la maglia viola. Dieci gol in 23 partite, in 1090 minuti giocati. La media di un gol ogni 109 minuti giocati con l’Italia lo pone vicino a mostri sacri come Piola (un gol ogni 103 minuti in azzurro) e Riva (una rete ogni 106 minuti). Sì, l’Italia deve davvero ringraziare Kean e la Fiorentina. Se c’è ancora qualche speranza Mondiale, è giusto aggrapparsi alla grinta di Moise.
 
												
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																							 
																							 
																							 
									 
									 
																	 
									 
																	 
									 
																	 
														 
														 
														
Di
Marco Pecorini