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Indecifrabile. La Fiorentina è ancora priva di ogni qualsiasi identità calcistica. Dopo essere partita con l’idea e l’ambizione di fare un ‘gioco’ propositivo, offensivo e qualitativo, Pioli si è reso conto di non avere un centrocampo che potesse supportare troppi attaccanti, né per metterli in moto né per fare filtro e proteggere la difesa.
ALL’ATTACCO, NO IN DIFESA. Dal tridente fantasia Gud-Dzeko-Kean, provato per larga parte dell’estate, Pioli ha poi tolto Dzeko per mettere Piccoli in coppia con Kean e alternando Gud e Fazzini a supporto, per poi toglierne uno in favore di Ndour, salvo poi accorgersi che ‘in questo momento non possiamo giocare con troppi attaccanti’. Anche perché, pur mettendo dentro vari giocatori offensivi, la Fiorentina non ha mai prodotto valanghe di occasioni, anzi. Col passare delle partite, poi, Pioli ha provato ad invertire il canovaccio tattico, andando sulla difensiva. Ma, come ormai evidente, questa Fiorentina non sembra averne né per contenere né per giocare d’attacco.
IBRIDO. Piacesse o meno la filosofia di calcio di Palladino, quella Fiorentina era stata ‘mentalizzata’ per giocare di rimessa. Tanto che, con quell’idea di gioco, ha battuto tutte le big, ma quando ha dovuto evolversi, cioè dovendo imporre il proprio calcio, non è mai riuscita a farlo. In questo avvio di stagione, invece, è avvenuto l’esatto contrario. Il problema principale dell’oggi resta il centrocampo, che non sta creando né facendo schermo. Che Pioli schieri giocatori muscolari (o presunti tali) come Sohm, Mandragora e Ndour per contenere, o che schieri giocatori più tecnici (o presunti tali) come Nicolussi Caviglia, Fagioli e un altro a scelta, la mediana della Fiorentina è sempre ‘inadatta’ a fare quello che le viene richiesto. E in questo ibrido con cui è stata plasmata questa Fiorentina, ribadendo un evidente scadimento di prestazioni di tutti i big eccezion fatta per De Gea, a suon di scoppole è venuta meno ogni tipo di fiducia in qualsivoglia proposta di cambiamento.
ALI. Basti pensare alle enormi difficoltà dei difensori di riuscire a proporre qualcosa col pallone tra i piedi, agli imbarazzanti errori dei due esterni che non riescono più ad esprimersi ai livelli dell’anno scorso. Ecco, Dodo e Gosens sono forse l’emblema di questo terribile momento che sta passando la Fiorentina. Quando l’anno scorso venivano chiamati ad agire di rimessa, cioè avendo tanto campo davanti in cui correre, con calciatori come Cataldi e Adli che in mezzo erano dotati di intelligenza calcistica, tattica e tecnica, Dodo e Gosens volavano. Oggi, che vengono chiamati in causa dai difensori per impostare il gioco, non ne azzeccano una. Va da sé che, errore dopo errore, la fiducia nei propri mezzi finisca sotto i piedi e diventi tutto maledettamente difficile. Anche un gol da un metro e mezzo (Dodo col Bologna e Gosens con la Roma).
VIE. Se poi, ogni volta che la Fiorentina va avanti non riesce a tenere un vantaggio, finendo sempre per essere rimontata e/o ribaltata, e se al primo gol subito si scioglie, come a San Siro, allora diventa tutto un copione già scritto. Brutto, orribile, straziante. In sostanza non si vede una Fiorentina che possa giocare in modo offensivo né difensivo. E quindi, che fare? E’ anche difficile riuscire a capire quale sia stato il peccato originale, la causa di tutti i mali. E allo stesso tempo è impossibile prendere delle decisioni differenti da quelle dell’esonero dell’allenatore o dell’attesa nella speranza che scocchi qualcosa. In bilico non c’è solo l’oggi, ma anche il domani di questa Fiorentina. Ed è ciò che spaventa maggiormente. Ora arriva il match della paura, col Lecce, squadra modesta ma con un’identità chiara, con una mentalità di chi sa per cosa dovrà lottare. Al contrario di questa Fiorentina che ha provato a giocare d’attacco, poi di rimessa e quindi in difesa, senza riuscire a far bene in nessun modo. Domenica la squadra viola dovrà fare la partita e giocare per vincere, non proprio una qualità evidenziata sin qui.
 
												
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																					 
																							 
																							 
																							 
									 
																	 
									 
																	 
									 
																	 
									 
																	 
														 
														 
														
Di
Gianluca Bigiotti