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Covid, il diktat della Lega di Serie A: avanti senza fermarsi. Ma decidono le ASL

Serie A

La Figc sta cercando una mediazione con le Asl, con l’aiuto del Governo. Tante le gare in bilico, tra cui quella della Fiorentina

Inutile palleggiare tra i tamponi o stropicciare i regolamenti nella speranza che da un momento all’altro esca fuori la pillola magica. Il protocollo federale è il faro che fin qui ha dettato le regole del gioco, ma il destino del campionato è nelle mani delle Asl. È così dall’inizio dell’emergenza. Scrive il Corriere dello Sport-Stadio.

Con una differenza recente che comunque va evidenziata. Fino alla passata stagione le aziende sanitarie locali “bloccavano” le squadre anche in presenza di due soli calciatori positivi (come accadde al Napoli prima della gara con la Juve). Ora arrivano al provvedimento più drastico se c’è un numero importante di contagiati. I cosiddetti “contatti stretti” vaccinati, infatti, non sono più obbligati alla quarantena.

ASL

La Figc tenta da mesi un dialogo con il sistema sanitario, che tramite le sue ramificazioni territoriali ha il “potere” di impedire gli spostamenti. Se la Asl dice “stop”, com’è accaduto in questa stagione anche alla Salernitana, non ci sono test molecolari, protocolli o vaccini che tengano. Gravina ha trovato una sponda nel Ministero della Salute, che tenterà di mediare. Ma un accordo generale tra calcio e Asl è quanto meno ambizioso. Nel momento in cui la questione diventa “di sicurezza”, il pallone passa in secondo piano. Da questo punto di vista nemmeno il green pass rafforzato, che dal 10 gennaio sarà obbligatorio anche per entrare negli spogliatoi, può scongiurare il rischio di un rinvio.

AVANTI

E quindi, che fine fa la Serie A circondata dal virus? La Lega guidata da Dal Pino non ha dubbi e tira dritta per la propria strada. Si gioca a prescindere da contagi e da capienze ridotte (ora gli stadi sono al 50%). In via Rosellini hanno già declinato sia la richiesta formale di posticipo della finale di Supercoppa Inter-Juve del 12 gennaio, sia le pressioni di alcuni club che chiedevano il rinvio dei primi due turni del 2022.

Il calendario è troppo fitto per pensare di trovare altri spazi. Anche ieri è filtrata netta la posizione: calendario invariato. La posizione delle istituzioni è quindi di prudente attesa, ma il mondo del calcio difficilmente si farà del male da solo con un provvedimento auto-escludente. A marzo 2020 fu il governo Conte, con il decreto che trasformò l’Italia in zona rossa, a fermare la giostra. E la ripartenza post lockdown ha certificato la necessità di andare avanti “nonostante tutto” per sopravvivere alla crisi galoppante e salvare un pezzo fondamentale di Pil del Paese.

DEFAULT

La Figc ha spesso sottolineato che l’industria del pallone è sull’orlo del default, con un buco da quasi 1,5 miliardi causato dalla pandemia e dai successivi provvedimenti. Fermarsi di nuovo sarebbe l’inizio della fine per molti. O, nella migliore delle ipotesi, un netto passo indietro dopo le misure introdotte dall’Esecutivo nella legge di Bilancio. Come l’introduzione dell’apprendistato, la possibilità per le Federazioni di reinvestire gli avanzi di gestione e la sospensione dei versamenti per i club fino ad aprile 2022 con rateizzazione degli oneri fiscali e contributivi.

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