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Astori: falso certificato, a processo tre medici. Avrebbero modificato la data dello strain

Processo Davide Astori: falso certificato, vanno a processo tre medici. Avrebbero modificato la data dell’esame strain

Si sofferma sugli sviluppi di un filone del processo per la scomparsa del capitano della Fiorentina Davide Astori La Nazione.

Intorno al 10 aprile del 2019, alla medicina sportiva di Careggi che aveva firmato l’ultima idoneità agonistica del difensore di San Pellegrino Terme, spuntò il certificato di un approfondimento cardiaco: lo strain, un esame mirato ad indagare la deformazione del cuore, non fondamentale per i protocolli sportivi ma sicuramente utile per valutare la salute del “motore“ di uno sportivo.

Il referto indicava la data del 10 luglio del 2017, stesso giorno dell’ultima visita medico-sportiva del campione viola, ma la stampata del documento, avvenuta appunto in quei giorni dell’aprile del 2019, tradì chi aveva estrapolato, per la prima volta, la cartella dal computer.

A giudizio, come stabilito dal gup ieri mattina, va ancora Giorgio Galanti, l’ex direttore di medicina sportiva che per la morte di Astori è già stato condannato in primo grado a un anno. Per la procura, Galanti sarebbe «ideatore e istigatore» della stampata di quell’esame, materialmente effettuata, sempre secondo le risultanze delle indagini, dalla dottoressa Loira Toncelli, 62enne fiorentina, ex braccio destro di Galanti, che nell’aprile del 2019 era già andato in pensione. Sono accusati di falso in atto pubblico.

Il successore di Galanti, il dottor Pietro Amedeo Modesti, secondo le indagini del pm Antonino Nastasi, si sarebbe accorto del referto e lo avrebbe distrutto. Soppressione di atti veri, l’accusa per lui. Il processo comincerà il 16 dicembre prossimo.

Secondo il giudice, il medico sportivo che aveva dato l’ok all’attività agonistica del calciatore, «liquidò come normale, fisiologica e di non rilevanza clinica» la presenza di extrasistolia ventricolare durante due prove da sforzo effettuate, a distanza di un anno l’una dall’altra, dal giocatore, ritenendo Galanti colpevole di aver «omesso ogni percorso diagnostico». Percorso che avrebbe dovuto prevedere, come prima risposta a quei segnali, l’applicazione di un holter per individuare la cardiomiopatia aritmogena di cui soffriva, senza che lui lo sapesse, il cuore del calciatore e che ne causò la morte improvvisa, a soli 31 anni.

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