I ricordi di Federico Carraro: "I consigli di Mutu e l'esordio al Franchi. Quante emozioni in quei mesi!"
Oggi centrocampista del Gubbio in Serie C, diversi anni fa promessa del settore giovanile della Fiorentina
Federico Carraro si racconta. E lo fa con una lunga intervista concessa a La Giovane Italia. L'ex talento della Fiorentina Primavera oggi gioca in Serie C al Gubbio ma ripercorre le tappe della sua carriera, passando naturalmente anche dall'esperienza in viola."Ho fatto 4-5 anni al Padova e poi, a 13-14 anni, diverse squadre iniziarono a interessarsi a me.
Con la mia famiglia e il mio agente decidemmo di accettare la proposta della Fiorentina". Era la Fiorentina di Corvino. Che salto fu per te? "Un grande passo. A 14 anni non ti rendi ancora conto di tutto, ma vivere da solo in convitto, lontano dalla famiglia, ti forma tantissimo.
Giocare per una società di Serie A, con un settore giovanile organizzato, è stata un’esperienza che mi ha fatto crescere molto, come giocatore e come persona". Hai avuto difficoltà ad ambientarti? "In realtà no. Mi sono trovato subito bene con il gruppo, la società e i tutor.
I miei genitori venivano ogni weekend a trovarmi, quindi non ho sofferto troppo la lontananza". Nel 2009 con gli Allievi Nazionali vinci lo Scudetto contro l’Inter, con 29 gol in 26 partite. "Quella è stata una stagione davvero speciale: ci siamo divertiti tanto ed eravamo un gruppo straordinario, noi del ’92.
Vincere uno Scudetto è stata un’emozione indescrivibile e, in più, riuscire a segnare 29 gol, compreso quello in finale contro l’Inter, ha reso quell’annata semplicemente indimenticabile". Poi la Primavera della Fiorentina, con finali e titoli importanti.
"Sì, la Primavera di quegli anni era davvero una vetrina importante. Vincemmo la Coppa Italia contro la Roma, con 15000 spettatori al Franchi e 25000 all’Olimpico. Erano anni bellissimi: c’era grande attenzione verso il nostro gruppo".
C’è una figura a cui ti senti particolarmente grato in quegli anni? "Ce ne sarebbero tanti, ma dico Renato Buso. Mi ha allenato per quattro anni e mi ha insegnato molto. Con lui ho condiviso un percorso importante". Buso di te disse che eri “espansivo ed estroverso, sempre al centro dell’attenzione”.
Ti ritrovi in quella descrizione? "Sì, ai tempi ero così. Mi piaceva essere protagonista e cercavo attenzioni. Oggi ho una testa completamente diversa". Nel 2010 arriva l’esordio con la Prima Squadra: Coppa Italia e poi Serie A con Prandelli.
Che emozioni hai provato? "Quell’anno è stato il penultimo alla Fiorentina. Da gennaio ero praticamente sempre con la Prima Squadra, anche se in Primavera giocavo poco. Quando ho saputo che sarei andato in panchina per la Coppa Italia, l’emozione è stata enorme.
Avevo 17 anni all’esordio al Franchi: l’ansia c’era, ma allo stesso tempo ero un po’ spavaldo, quindi non l’ho sentita come forse l’avrebbe sentita un altro ragazzo. Quei cinque mesi con la Prima Squadra sono stati davvero formativi: ho giocato due partite di Coppa Italia contro Chievo e Lazio, poi ho fatto il mio esordio in Serie A con il Bari.
Inoltre, la Fiorentina era in Champions League, quindi sono andato in panchina a Liverpool e a Monaco contro il Bayern. Per un ragazzo di 17 anni sono stati mesi davvero intensi. All’epoca in panchina c’erano 18 giocatori e solo tre cambi, quindi trovare spazio non era affatto semplice".
In quello spogliatoio c’erano giocatori importanti. Chi ti ha aiutato di più? "Tutti, davvero. C’erano molti italiani in squadra in quel periodo e tutti mi hanno dato una mano: Montolivo, Natali, Dainelli… ragazzi che mi davano sempre un consiglio.
Tra quelli del mio ruolo, però, c’era Adrian Mutu, che mi stava sempre vicino e credeva in me. Era un ragazzo d’oro: si dice anche altro di lui, ma con me è sempre stato gentile e disponibile. Inoltre, avendo lo stesso ruolo, cercava di darmi consigli preziosi per crescere".
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