Fiorentina, la squadra che non c'è. Tattica, mercato e gioco: quanti errori
La reazione di orgoglio che ha portato al pareggio non ha risolto i problemi di Pioli, che continua a cercare la chiave per decollare
Oltre l'irrazionalità di una rimonta fatta con i nervi di chi stava per toccare il baratro, con l'ultimo posto in classifica come spettro reale, oltre la forza della disperazione di una squadra contestata da tutto l'ambiente e scivolata, senza il Var, sotto di tre gol, la partita con il Bologna ha dato la riprova di alcuni evidenti limiti tecnici da parte della Fiorentina.
Sotto il punto di vista mentale, Stefano Pioli spera che il pareggio per 2-2 e la quasi vittoria nel finale possano aver portato i suoi ragazzi alla tanto attesa svolta. I limiti dal punto di vista tattico, però, non possono essere tralasciati.
Lo scrive l'edizione odierna de La Repubblica.
LACUNE. Certo, statistiche alla mano, contro i rossoblù la Fiorentina ha giocato una delle sue migliori partite per numero di occasioni create e numero di potenziali occasioni fatte.
Ma non basta. Alcune lacune restano e dopo otto giornate, più di tre mesi di lavoro e soltanto quattro punti in classifica, certe disattenzioni fanno paura.
DIFESA. In difesa l'assetto a tre è stato ritenuto fin dal primo momento una delle certezze, sia nella scelta dell'allenatore - che comunque ha sempre ottenuto i propri migliori risultati a quattro, scudetto in primis -, sia nell'allestimento della rosa.
Però, per quanto il tecnico avesse chiesto un rinforzo capace di partecipare anche alla costruzione, sono rimasti gli stessi protagonisti dell'anno scorso, quando la Fiorentina difendeva bassa e ripartiva. Le prove estive di una squadra alta e di un baricentro spostato verso la metà campo sono naufragate presto: la squadra difende sempre bassa ma in maniera disattenta.
Un mix letale che rende i viola, con i 12 gol incassati in otto giornate la terza peggior difesa: solo Torino e Lecce hanno fatto peggio.
CENTROCAMPO. A centrocampo, i due esterni Dodo e Gosens venivano considerati punti di forza, in grado di offrire gol e assist, e considerati "sprecati" come terzini a quattro.
Nella realtà dei fatti i due in campionato hanno segnato solo un gol - Gosens -, con due reti in Conference entrambe nel preliminare con il Polissya. Soprattutto, sono sembrati meno devastanti rispetto al passato in attacco, con lacune anche in fase difensiva.
Al centro con il Rapid Vienna la prestazione di Nicolussi Caviglia e Fagioli aveva aperto scenari interessanti sull'utilizzo del doppio play. Scenari che hanno subito un passo indietro di fronte a una mediana di qualità ben diversa rispetto a quella degli austriaci, capace di aggredire alto e di non lasciar giocare i viola come quella del Bologna, costringendo quella gigliata a poco fraseggio e soltanto palla lunga come spartito.
Anche in mezzo le variazioni sul tema sono state molte, da un assetto a due a Fagioli regista, tesi poi abdicata secondo Pioli per una non particolare inclinazione al ruolo da parte dello stesso Nicolò, senza dimenticare che il maggior investimento, Sohm, per 16 milioni in questo momento arriva dopo Sabiri, reintegrato in estate.
ATTACCO.
In attacco si è passati dall'ipotesi tridente accarezzata per tutta l'estate, con Gudmundsson dietro Kean e Dzeko, a un assetto più guardingo, un 3-5-1-1 con uno tra Gudmundsson e Fazzini dietro Kean con Dzeko e Piccoli pronti a subentrare, andando a intasare gli spazi nel finale.
O, in alternativa, la doppia punta si è vista solo in Europa, con avversari più modesti e leggeri. Una confusione tattica frutto sì degli errori di Pioli ma anche delle scelte di mercato: vendendo tutti gli esterni e battezzando un solo modulo possibile, il 3-5-2, adesso la Fiorentina ha soltanto un sistema definito.
Oppure, sperare, come domenica, nell'orgoglio e nella forza della disperazione.
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