L’argentino ha un rapporto stretto con Batigol che gli ha più volte parlato di Firenze e della Fiorentina. E così il Vichingo dal dischetto è stato glaciale
Vincenzo Italiano l’aveva chiamata, prima della gara d’andata contro il Plzen, la “macumba” del gol. La Fiorentina che produce produce produce e in proporzione non riesce mai a gioire. Scrive La Gazzetta dello Sport.
Poi quella sera dell’andata contro il Bruges si erano fatti vivi in due, due attaccanti da gol, ovvero Belotti e Nzola, veri fuochi d’artificio per devastare quella maledizione ma soprattutto per arrivare alla gara di ieri sera con un vantaggio in tasca e tre pallottole andate a segno nella bolgia del “Jan Breydel”, lo stadio in cui ogni settore sembra una curva di supporter, fibrillazione totale, bolgia assoluta.
Ecco, quando ieri sera prima Nico, poi Beltran, poi Kouame colpiscono Mignolet, i cartelloni pubblicitari e la traversa, quella citazione del tecnico della Fiorentina sembrava tornata in auge. Poi, la fiammata, la ginocchiata, il rigore. «Quanto pesava quel rigore – dice Lucas Beltran -? In quei casi meno si pensa e meglio è: non ti devi rendere conto delle responsabilità, non devi andare troppo veloci col pensiero ma serve restare tranquilli. Pesava molto il pallone, ho sentito il rumore del cuore ma ho cercato di isolarmi: alla fine è andata dentro, bene e perfetto così. Cosa ci siamo detti con Nico? Mi ha chiesto se mi sentivo sicuro di battere io, gli ho risposto che sarei stato forte e certo e contento di tirare, così è stato».
Beltran parla spesso con Batigol: il passato insegna. Sempre. «Io e lui siamo anche usciti a cena, mi ha dato qualche consiglio, di calcio e di vita: per me, e perché l’ha vestita lui, è un orgoglio indossare questa maglia, questo numero. Lui ha fatto la storia. Io cercherò di essere il suo degno successore. Sto benissimo a Firenze. E l’obiettivo è rendere la Fiorentina sempre più grande».
Di
Redazione LaViola.it